Once more, with
feeling
Nonostante tutto Gold poteva definirsi estremamente conscio
delle cose attorno a lui, spesso ciò gli rovinava le esperienze che viveva. Era
estremamente conscio di sembrare fin troppo tamarro e menefreghista, era
cosciente di sembrare scostante e privo di interessi. Così come era cosciente
dell’invadente curiosità della giovane cassiera del konbini sotto casa ogni
volta che le buttava un pacco di preservativi sulla vecchia cassa senza banda
scorrevole. Era cosciente dei pensieri cattivi dietro agli occhi di Red ogni
qualvolta qualcuno lo indisponeva ma era costretto a mantenere la facciata del
ragazzo dolce e gentile, del calmo disgusto di Green ogni volta che doveva
spiegare qualcosa e credeva che nessuno lo avrebbe capito, che fossero tutti
stupidi; della finta simpatia di Blue, ogni volta gli sorrideva e scherzava e
chiacchierava con lui: vedeva nei suoi occhi come catalogava ogni suo
movimento, per criticarlo non appena avesse distolto lo sguardo. E onestamente
era cosciente anche dell’invidia che sicuramente provava; sì, per lui
era palese quella strana invidia mista a gelosia. C’erano lati di Silver che
Blue non avrebbe mai potuto conoscere perché il loro rapporto non lo
permetteva, Blue era invidiosa.
Questa sua coscienza iperattiva era la causa della sua
perenne noia e frustrazione, ogni volta che faceva qualcosa la vedeva piatta,
vedeva lo squallore, e la sua coscienza scalciava e si dissociava.
Poche cose la eludevano.
Poche cose la eludevano.
Una sera tanti anni fa Silver lo aveva baciato per la prima
volta, e mentre non lo spingeva via ed annusava il suo profumo dolciastro nella
sua mente ripercorreva tutti gli avvenimenti che avevano portato a
quell’evento, come avesse potuto farsi scappare gli hint che Silver aveva
sicuramente lasciato per lui da raccogliere; una di quelle poche volte in cui
si era sentito stupito. Quando ancora sarebbe durato? Nella realtà i baci non
avvenivano in uno stato di sovrappensiero in cui le persone pensano quanto
abbiano voluto baciare il proprio partner, Silver avrebbe potuto ritrarsi in
qualunque istante e Gold non avrebbe avuto la memoria dettagliata che bisognava
per analizzare l’evento. In una frazione di secondo Silver era ricaduto all’indietro,
seduto sui fondelli con le gambe incrociate esattamente come lo era stato prima
di baciarlo, non c’era una traccia di rossore sulle sue guance, nei suoi occhi
la sua curiosità era indecifrabile. Gold non riusciva a leggerlo. Finalmente
qualcosa che lo intrattenesse.
Agli inizi si trattava semplicemente di infilarsi a vicenda
le mani nei boxer prima di andare a dormire, quando divenne routine Gold
accettò questo cambiamento e la noia tornò a tormentarlo. Aveva questa vivida
memoria, in cui Silver aveva per la prima volta dato voce a questo suo tratto,
prima ancora che lui stesso potesse riconoscerne l’esistenza. Sul letto della
sua camera, con sua madre di sotto che lavava rumorosamente i piatti, Silver
gli era addosso, vuole del sesso gli aveva detto il cervello, quindi
ovviamente glielo aveva negato, voltando la testa quando il rosso aveva provato
a baciarlo; Silver gli aveva sbuffato una nuvoletta di profumo dolciastro sul
volto, senza ritrarsi dal suo spazio personale e con la sua solita voce calma aveva
constatato: ogni volta che ti chiedo apertamente qualcosa me la neghi,
quando invece voglio stare in pace mi insegui. Aveva allora pervenuto che
la testa di Silver non fosse vuota come pensava, e mentre il suo pugno chiuso
si muoveva nello spazio ristretto che la banda dei suoi boxer permetteva tanto
per dargli torto, e Silver ormai ansimava sulla sua spalla e ritmicamente ma
delicatamente si irrigidiva e rilassava, proprio allora, Gold aveva capito che
anche questo Silver, che ormai conosceva, questo Silver la cui provenienza era
certa e a cui piacevano i mecha e farsi toccare pure quando sua madre era a
portata d’orecchio, avrebbe continuato ad interessarlo ancora per molto. Questo
ragazzo, che non era né socievole né intelligente nel senso convenzionale del
termine, aveva riacceso il fuoco della curiosità nella sua testa scostante.
Silver dormiva sul divano, la faccia schiacciata sul
bracciolo e un braccio che pendeva così come lo aveva lasciato poco prima di
addormentarsi, a prendere le M&M’s cadute sul pavimento dal pacchetto
riverso; le venature sulla sua mano sembravano poter esplodere da un momento
all’altro. Gold teneva in mano il suo cellulare, alle sue spalle MTV ancora
flashava proiezioni di South Park sulla sua schiena, mentre lo fissava dormire.
Non si sarebbe arrabbiato se lo avesse beccato a leggergli i messaggi, eppure
il suo cuore batteva con quel sentore di marcio, come chi sta facendo qualcosa
di tremendamente sbagliato. Non è che non si fidava di Silver, non si fidava di
se stesso. Già una volta non era stato in grado di vedere il malcontento del
rosso, ciò non sarebbe dovuto riaccadere. La password era sempre la stessa, la
conosceva; lo sfondo era sempre lo stesso, il suo team di Pokémon come blocco
schermo, una foto di Gold che mordeva una medaglia di cioccolata come se fosse
d’oro come sfondo, ogni volta che la vedeva si sentiva sciogliere un po’
dentro. Aprì Whatsapp, che era l’app che più usava e iniziò a scorrere le chat.
In cima c’era quella con Blue, niente di importante, quella con lui, un bel po’
di chat con amici e colleghi, e in fondo ancora una chat con titolo “Brian S.”.
In istinto l’aprì, la prima cosa che notò fu la piccola scritta che lo avvisava
di aver bloccato l’utente al posto della nuvoletta per scrivere, lesse velocemente
gli ultimi messaggi.
“L’altra sera non pensavi fosse uno sbaglio” aveva
detto Brian.
“L’unico sbaglio è stare dietro a Gold. Ti ho sempre trattato meglio, ti piace farti trattare male?!” aveva continuato.
“L’unico sbaglio è stare dietro a Gold. Ti ho sempre trattato meglio, ti piace farti trattare male?!” aveva continuato.
“Mi dispiace di averti illuso” aveva semplicemente
risposto Silver, Brian lo aveva mandato a quel paese e Silver lo aveva
bloccato. Ouch. Scrollò un po’ verso l’alto, le conversazioni erano distaccate
ma amichevoli, delle volte brevi, talvolta abbastanza lunghe; Silver gli
mandava foto di Feraligatr che dormiva sulle sue gambe, lui ricambiava con una
foto di un Persian sdraiato sulla schiena. Le dinamiche erano così noiose che
iniziò a scrollare verso l’alto più velocemente, scrollò per un paio di minuti
finché una nuvoletta lo avvisava del cambio di data, saltando fino all’inizio
della primavera dell’anno scorso.
Silver non scriveva mai a lungo, e non era mai niente di
serio, eppure lo sfogo che aveva lasciato si dilungava abbastanza da
costringerlo a scrollare:
“Non voglio dire che non te ne frega un cazzo, ma sei abbastanza immaturo da non voler neanche un confronto. Con Gold non ci parlo da mesi! Da prima che ti incontrassi! E non ho voglia di rifarlo, continui a dirmi che ti faccio incazzare ma non hai neanche una ragione concreta da sbattermi in faccia. Non lo capisci che ti amo sul serio? Ti sei forzato nella mia vita di tua spontanea volontà, hai iniziato ad insultarmi per una persona di cui non ti ho mai neanche parlato finché non hai iniziato a pressarmi, e adesso mi lasci un post-it in cui mi mandi a fanculo e tutte le tue cose sono sparite da casa” Brian non gl’aveva dato risposta. “Bree, parliamo, ti prego” aveva continuato dopo qualche minuto. Dopo un paio d’ore: “sei veramente ingiusto” e alla fine: “vaffanculo, sei un codardo”. C’erano voluti un paio di giorni, poi era arrivata la risposta di Brian:
“Non capisci neanche cosa hai fatto di male, è inutile parlarne. Te l’ho spiegato decine di volte. Mi hai fatto soffrire un mese intero, sbattendotene altamente e ora hai anche la superbia di venirmi a dire che sono io a far stare male te. Fottiti”.
“Non voglio dire che non te ne frega un cazzo, ma sei abbastanza immaturo da non voler neanche un confronto. Con Gold non ci parlo da mesi! Da prima che ti incontrassi! E non ho voglia di rifarlo, continui a dirmi che ti faccio incazzare ma non hai neanche una ragione concreta da sbattermi in faccia. Non lo capisci che ti amo sul serio? Ti sei forzato nella mia vita di tua spontanea volontà, hai iniziato ad insultarmi per una persona di cui non ti ho mai neanche parlato finché non hai iniziato a pressarmi, e adesso mi lasci un post-it in cui mi mandi a fanculo e tutte le tue cose sono sparite da casa” Brian non gl’aveva dato risposta. “Bree, parliamo, ti prego” aveva continuato dopo qualche minuto. Dopo un paio d’ore: “sei veramente ingiusto” e alla fine: “vaffanculo, sei un codardo”. C’erano voluti un paio di giorni, poi era arrivata la risposta di Brian:
“Non capisci neanche cosa hai fatto di male, è inutile parlarne. Te l’ho spiegato decine di volte. Mi hai fatto soffrire un mese intero, sbattendotene altamente e ora hai anche la superbia di venirmi a dire che sono io a far stare male te. Fottiti”.
Lentamente gli occhi dorati di Gold si spostarono dallo
schermo al volto dormiente di Silver, tranquillo, inconsapevole, saltuariamente
illuminato dalla tv. Iniziava a cambiare idea, probabilmente si sarebbe
arrabbiato sapendo che aveva letto quelle conversazioni, eppure non riusciva a
fermarsi. C’era curiosità nei suoi intenti, ma soprattutto gelosia; Silver era
stato disperato per un altro ragazzo, gli aveva chiesto comunicazione, era
stato distrutto dal suo abbandono; c’era rimpianto: ogni volta che Silver aveva
detto “ti amo” a Brian, sarebbe potuto essere un “ti amo” per lui, se solo
l’avesse voluto. Il fatto che il cuore di Silver per un breve periodo di tempo
fosse appartenuto a qualcuno che non era lui lo feriva immensamente. Di colpo,
con foga iniziò a scrollare sopra finché la sua mano non si stancò, una
nuvoletta spariva dietro l’altra in quella stria infinita di conversazioni;
chiuse l’app e alla fine bloccò il telefono, lo lasciò cadere distrattamente
sul piccolo tavolino. Per svegliare Silver gli bastò toccargli la schiena dura,
immediatamente i suoi occhi si aprirono e lui si girò pigramente sulla pancia,
guardandolo con gli occhi socchiusi.
“Che c’è, Gold” Gold non si spiegava tutta quella sofferenza, lentamente si sdraiò su di lui, accoccolò il volto nell’incavo della sua spalla, e le sue mani automaticamente si intrecciarono coi capelli sulla sua nuca.
“Che c’è, Gold” Gold non si spiegava tutta quella sofferenza, lentamente si sdraiò su di lui, accoccolò il volto nell’incavo della sua spalla, e le sue mani automaticamente si intrecciarono coi capelli sulla sua nuca.
“Che c’è, Gold, mmh?” Sollevò la testa e restò stregato dalle
sue ciglia rosse, Silver era insonnolito e mancava del suo solito sfottò
asciutto che usava normalmente per sdrammatizzare quando lo vedeva giù, invece
gli accarezzava il volto guardandolo con gli occhi socchiusi e Gold quasi lo
implorò di smetterla e prenderlo in giro piuttosto. Quel tipo di effusioni tra
di loro erano estremamente rare per un motivo che non riusciva a spiegarsi,
Gold amava immensamente Silver, non capiva perché gli venisse così difficile
dimostrarlo; era quasi impossibile per lui mettersi in gioco a tal riguardo, ma
doveva, voleva, superare quel blocco. Ne aveva un bisogno immenso. A
stento condivideva i suoi sentimenti con lui, per questo sollevare lo sguardo e
fissarlo nei suoi occhi argenti fu più che difficile. Silver a stento teneva su
le palpebre, era esausto, lo stesso gli accarezzava gli zigomi con riverenza.
Era confortante, ma terrificante.
“Io,” tacque, non sapeva neanche cosa chiedergli, lo stesso
aveva bisogno di sapere; “Silver, tu come stai?” il ragazzo lo guardò confuso,
rise nervosamente.
“Che intendi? Sto bene? Gold, che succede?” per un attimo fu
ferito da quella paura, la riconobbe all’istante. Silver aveva paura che Gold
potesse farlo in qualche modo soffrire, benché fosse irrazionale. Gli
dispiaceva così tanto, lui non avrebbe mai voluto fargli del male.
“Pensavo a quello là, del mese scorso” non ce la faceva a
pronunciare il suo nome, lo odiava da impazzire. Silver smise di accarezzarlo,
si irrigidì, lo guardò colpevole. Il mese scorso lo aveva tradito.
“Mi dispiace, Gold”
“No, no” fece, passandogli una mano sul petto per tranquillizzarlo, “non quello. Pensavo, al fatto che ci stavi insieme, con quello. Com’era, starci?” Silver lo guardò in silenzio.
“Sono geloso, Sil. Che c’hai fatto quella sera?” Silver rise nuovamente, imbarazzato.
“Ma sei serio?” fece, guardandolo preoccupato.
“Sono settimane che non ci dormo, ci penso sempre. Quando stavi con lui ti mancavo? Quando ci scopavi avresti preferito me?”
“Gold, sei ingiusto” fece con la voce paziente “ti dirò questo. E’ passato molto tempo dall’ultima volta in cui non ti ho amato”
“Quanto?”
“Non lo so. Se ci ripenso non riesco a ricordare un momento in cui mi sono accorto d’amarti. L’ho sempre fatto, dopo che ho smetto d’odiarti” Gold non poté che sorridere.
“M’odiavi davvero?”
“Odiavo tutti. Poi sei arrivato tu e mi hai incolpato d’averti rubato un Pokémon, mi hai scottato le mani e volevi riprenderti Totodile; hai iniziato a seguirmi, ti immischiavi nei miei affari. Odiare è un eufemismo” Gold rise.
“Ero davvero così insopportabile?”
“Sei sempre insopportabile” Gold suo malgrado sorrise, lo baciò pigramente; era una sorta di abitudine, tendeva sull’ossessione. Se Silver era vicino, e nessuno dei due era occupato si ritrovavano a limonare. Nella sua testa si immaginava una di quelle terapiste di coppia in stile reality show che gli sbottava di parlare piuttosto di lasciare allo sbando gli ormoni. Era difficile staccarsi da lui, la terapista nella sua testa mica lo sapeva com’era bravo Silver a baciare, o che gusto assuefacente avesse la sua bocca, o quanto fosse confortante la sua lingua che si strofinava lentamente contro la sua. Si staccò ugualmente. Silver tentò di seguirlo dalla sua posizione e lentamente si scambiarono una moltitudine di ultimi baci.
“No, no” fece, passandogli una mano sul petto per tranquillizzarlo, “non quello. Pensavo, al fatto che ci stavi insieme, con quello. Com’era, starci?” Silver lo guardò in silenzio.
“Sono geloso, Sil. Che c’hai fatto quella sera?” Silver rise nuovamente, imbarazzato.
“Ma sei serio?” fece, guardandolo preoccupato.
“Sono settimane che non ci dormo, ci penso sempre. Quando stavi con lui ti mancavo? Quando ci scopavi avresti preferito me?”
“Gold, sei ingiusto” fece con la voce paziente “ti dirò questo. E’ passato molto tempo dall’ultima volta in cui non ti ho amato”
“Quanto?”
“Non lo so. Se ci ripenso non riesco a ricordare un momento in cui mi sono accorto d’amarti. L’ho sempre fatto, dopo che ho smetto d’odiarti” Gold non poté che sorridere.
“M’odiavi davvero?”
“Odiavo tutti. Poi sei arrivato tu e mi hai incolpato d’averti rubato un Pokémon, mi hai scottato le mani e volevi riprenderti Totodile; hai iniziato a seguirmi, ti immischiavi nei miei affari. Odiare è un eufemismo” Gold rise.
“Ero davvero così insopportabile?”
“Sei sempre insopportabile” Gold suo malgrado sorrise, lo baciò pigramente; era una sorta di abitudine, tendeva sull’ossessione. Se Silver era vicino, e nessuno dei due era occupato si ritrovavano a limonare. Nella sua testa si immaginava una di quelle terapiste di coppia in stile reality show che gli sbottava di parlare piuttosto di lasciare allo sbando gli ormoni. Era difficile staccarsi da lui, la terapista nella sua testa mica lo sapeva com’era bravo Silver a baciare, o che gusto assuefacente avesse la sua bocca, o quanto fosse confortante la sua lingua che si strofinava lentamente contro la sua. Si staccò ugualmente. Silver tentò di seguirlo dalla sua posizione e lentamente si scambiarono una moltitudine di ultimi baci.
Dopodiché si fissarono, Gold continuava a pensarci; spesso
pensava di sapere come sarebbero andate le cose, ma con Silver era diverso. Era
impossibile per lui prevedere le sue mosse, proteggersi dalle sue parole e dai
suoi sbagli e dalla sua affezione. Persino il tradimento lo legava ancora più forte
a lui, gli dava prova di quanto fosse imprevedibile quella persona e allo
stesso tempo lo puniva selvaggiamente per gli errori che aveva commesso.
Quegli sguardi diffidenti, la storia di Brian, il modo in cui
sbottava ogni volta che si alteravano e lasciava cadere la discussione per
evitare il conflitto, l’ansia con cui lo osservava prima di salutarlo quando si
riunivano e si dividevano, attorno agli altri; tutte quelle azioni erano la
metaforica frusta con cui Silver lo puniva, e Gold non aveva mai ammesso uno
sbaglio prima di allora nella sua vita, ma nessun altro sbaglio nella sua vita
era mai stato così grande, e quindi la sua stessa sofferenza era fonte di
godimento, lo rendeva vivo, lo purificava. Era spaventoso, non erano
un’accoppiata sana e Gold non sapeva se avrebbero finito per consumarsi a
vicenda o se avrebbero mantenuto quell’equilibrio; quella stessa incognita era
ciò che lo spingeva a perseverare. Quello, e l’assuefazione terribile che
provava ogni volta che Silver gli dava attenzioni.
Si era riaddormentato e Gold provò la pulsione di pizzicarlo
fino a fargli male, invece gli strinse una spalla, pericolosamente vicino al
collo, e Silver rinvenne dal suo sonno con l’ansia di qualcuno abituato ad
essere attaccato mentre dormiva: Blue dall’esperienza con Maschera di Ghiaccio
aveva ricavato la sindrome da stress post traumatico, ma Silver, benché
ricordasse poco e vagamente quel tempo a causa della sua giovane età, lo stesso
aveva mostrato segni di trauma. Gold conosceva quel meccanismo, e una voce
dentro di lui lo castigava per il suo servirsene, ma a lui non importava molto.
“Smettila” gli fece il rosso, adesso lo guardava infastidito.
“Silver” si avvicinò incredibilmente a lui, lo guardava
fisso, immobile “delle volte mi viene voglia d’ammazzarti. Smettila di dormire,
dammi retta”
“Ma che vuoi?” Silver si stava agitando, odiava il suo tono ed il peso che lo schiacciava e sottometteva. Gold gli afferrò la testa con le mani per evitare che si divincolasse.
“Ma che vuoi?” Silver si stava agitando, odiava il suo tono ed il peso che lo schiacciava e sottometteva. Gold gli afferrò la testa con le mani per evitare che si divincolasse.
“Silver. Non cercare più nessun altro. Ogni volta che non dai
retta a me divento pazzo” la sua voce tremava leggermente, Gold non sapeva se
fosse ansia o rabbia “se penso che sei andato a cercare quello mi viene voglia
di sragionare. Perché t’è venuta sta voglia? Di cercarti qualcuno a caso, uh?
Ci pensi ancora? Sono anni che andiamo avanti, che, ti sei stancato?” Silver
gli afferrò il mento, le sue dita pressavano dolorosamente sulla sua mandibola
e sui denti, ma lui non batté ciglio.
“E’ sempre tutto su di te. Ti piace pensare che sto qui ad
ammazzarmi di seghe tutta la settimana pensandoti finché non ci vediamo, vero?
Ti rode il culo non tanto per il tradimento quanto per un fatto d’orgoglio.
Gold, con che coscienza mi credi diverso? Che ignori le battute dei nostri
amici e fuori di sta casa ti incazzi se ti tocco pure per sbaglio. E vai,
continua a fare il coglione con tutte le stronze che passano, tanto per te è
solo un hobby, no? Gold, come ci si sente a sentirsi così?”
“E’ per questo che l’hai fatto? Per vendicarti?”
“L’ho fatto perché Brian è un tuo cazzo di surrogato, solo che lui non è anaffettivo e tu si” Gold sentì la frustrata che gli strappava la pelle, era doloroso, orgasmico. Lo baciò con rabbia e Silver come al solito non si divincolava e non protestava, e rispondeva quasi timido, o dolce, perché il suo cervello registrava l’atto come coccola nonostante la denotazione violenta, il corpo che lo immobilizzava, la stretta ai lati della testa, la pressione del bacio.
“E’ per questo che l’hai fatto? Per vendicarti?”
“L’ho fatto perché Brian è un tuo cazzo di surrogato, solo che lui non è anaffettivo e tu si” Gold sentì la frustrata che gli strappava la pelle, era doloroso, orgasmico. Lo baciò con rabbia e Silver come al solito non si divincolava e non protestava, e rispondeva quasi timido, o dolce, perché il suo cervello registrava l’atto come coccola nonostante la denotazione violenta, il corpo che lo immobilizzava, la stretta ai lati della testa, la pressione del bacio.
“Non lo sai neanche”, fece, e nella sua voce c’era un tono di
disgustata furia che non riusciva a trattenere. Silver gli diede l’occhiata da
cane che aveva nominato prima, quella che lo implorava di lasciar perdere
quella discussione, la bandiera bianca che alzava solo con lui e lo spingeva
ancora più a fondo in quel terribile circolo vizioso; ma Silver si sbagliava,
quel tono non era rivolto a lui, bensì a se stesso “devi restare sempre con me,
perché so che faccio schifo e non mi prendo cura di te abbastanza, ma sono a
tanto così, tanto così dal perdere la testa. Sono io che mi ammazzo di seghe
pensando a te tutta la settimana, non hai idea, e non so se è lo stesso per te
e mi viene voglia di fare una strage. Lo so che faccio schifo e sono freddo, lo
sono sempre stato e non è una cosa esclusiva a te; ogni mia relazione in passato
è andata a puttane per questo esatto motivo, ed il bello è che ne sono
consapevole! Sto guardando me stesso
dentro una bolla mandare a puttane una cosa dopo l’altra, Silver, non
posso farlo con te! Mi capisci sempre e non dici mai le cose che ti urtano, ma
io lo so! Lo so che sono freddo! Ma nella mia testa so che un giorno ti
stuferai e te ne andrai e allora averti amato sarà stato uno sbaglio! Sette
anni in cui siamo stati culo e camicia totalmente persi! E allora mi sarò reso
vulnerabile per niente. E’ sempre così che va a finire con me! Io davvero ci
metto impegno, ma poi la gente non mi prende sul serio, mai! Silver, se supero
questo blocco e tu scappi che cazzo farò? Dimmelo!” Sotto di lui Silver non
aveva pace, ma Gold non riusciva a lasciarlo. Vide una cosa che da Silver non
aveva visto in tredici anni. Lacrime.
“Tu pensi che io abbia il coraggio di andarmene, ma puntualmente sei tu che te ne vai. Una volta c’ho provato, com’eravamo non avremmo avuto vita lunga e ho provato ad andarmene, ma sai cosa ho pensato, mentre me ne tornavo con la coda tra le gambe quella sera? Pensavo che nulla valeva la pena se non tu, nulla, nella vita. E mi schizzi via dalle mani tipo saponetta, faccio fatica a tenerti stretto ancora di più e c’è questo lato nella mia testa che mi spinge a cadere ai piedi di chiunque mostri un minimo d’interesse nei miei confronti, in quel senso. Ogni giorno penso di essere nato per amarti e ogni giorno mi maledico perché se il mondo fosse stato un altro, se io fossi stato perfetto così com’ero per te allora saremmo stati in pace. Vorrei cambiare forma per piacerti così tanto da non farti respirare l’aria che non respiro io, e tu pensi che sia io ad andarmene? Tutte le persone che ho amato veramente non m’hanno mai soddisfatto; a mio padre interessano solo i soldi, a Blue interessa solo la sua vita, e con te è sempre stato così” Silver nella sua stretta parlava calmo, quelle lacrime che ogni tanto uscivano si accoccolavano nelle coppe delle sue mani, non singhiozzava e la sua voce era moderata e fredda come sempre. “Maledico quella cazzata con Brian, Gold. Stavo solo cercando di preservarmi, e invece ho complicato soltanto le cose. Non stavo pensando chiaramente, non voglio davvero lasciarti. Io voglio solo stare in pace, con te!”
Gold gli liberò il volto e delle lacrime erano ormai rimaste solo ciglia incollate tra loro, le sfiorò con le dita, ed erano fredde.
“Tu pensi che io abbia il coraggio di andarmene, ma puntualmente sei tu che te ne vai. Una volta c’ho provato, com’eravamo non avremmo avuto vita lunga e ho provato ad andarmene, ma sai cosa ho pensato, mentre me ne tornavo con la coda tra le gambe quella sera? Pensavo che nulla valeva la pena se non tu, nulla, nella vita. E mi schizzi via dalle mani tipo saponetta, faccio fatica a tenerti stretto ancora di più e c’è questo lato nella mia testa che mi spinge a cadere ai piedi di chiunque mostri un minimo d’interesse nei miei confronti, in quel senso. Ogni giorno penso di essere nato per amarti e ogni giorno mi maledico perché se il mondo fosse stato un altro, se io fossi stato perfetto così com’ero per te allora saremmo stati in pace. Vorrei cambiare forma per piacerti così tanto da non farti respirare l’aria che non respiro io, e tu pensi che sia io ad andarmene? Tutte le persone che ho amato veramente non m’hanno mai soddisfatto; a mio padre interessano solo i soldi, a Blue interessa solo la sua vita, e con te è sempre stato così” Silver nella sua stretta parlava calmo, quelle lacrime che ogni tanto uscivano si accoccolavano nelle coppe delle sue mani, non singhiozzava e la sua voce era moderata e fredda come sempre. “Maledico quella cazzata con Brian, Gold. Stavo solo cercando di preservarmi, e invece ho complicato soltanto le cose. Non stavo pensando chiaramente, non voglio davvero lasciarti. Io voglio solo stare in pace, con te!”
Gold gli liberò il volto e delle lacrime erano ormai rimaste solo ciglia incollate tra loro, le sfiorò con le dita, ed erano fredde.
“Mi dispiace di essere così cretino”
“Non preoccuparti, di te ho preso il pacchetto completo”, gli diede un bacio, sospirò per rilassare i nervi e si addormentò poco dopo.
“Non preoccuparti, di te ho preso il pacchetto completo”, gli diede un bacio, sospirò per rilassare i nervi e si addormentò poco dopo.
Note:
Amo il fatto che Gold sia un bugiardo
professionale, un pigro e un egoista ma che abbia le capacità per essere un
Gary Stu, se solo lo volesse. Nel manga valorizza Pokémon brutti tipo Sunbo, ha
delle belle strategie ed è capace di organizzare velocemente un piano; non lo
fa spesso perché è pigro. Allo stesso tempo quando la gente gli dà poca fiducia
per il suo essere perennemente scazzato lo ferisce (buhuu, Oak prima di
chiedermi di incontrare Lance a cercato di dare il compito a Silver o Crystal
perché crede che io sia un incapace). Lo associo a Sans di Undertale, per me ha
lo stesso livello di intelligenza e scazzamento. Gold, ripigliati, porca la
miseria.
Comunque Bulletproof Cupid è quasi al termine, i
prossimi capitoli saranno meno plot e più divertimento, evviva! Ci vediamo il
prossimo nove agosto.
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