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32. Come gli spettri
32. Come gli spettri
- Kanto, Aranciopoli -
Aveva smesso di piovere da qualche ora ma nella piazza antistante il porto aleggiava ancora quell’odore di pioggia.
Silver aspettava in piedi davanti al Club Allenatori Pokémon, in silenzio. Era stretto nel suo cappotto di pelle e guardava la pozzanghera che s’era creata al centro della grande piazza.
Gli piacevano le giornate di pioggia, lo rilassavano. Specialmente in quei contesti, dove il rumore del mare, a pochi metri da lui, lo cullava quando, ritmicamente, le onde battevano contro le banchine del porto.
Aspettava Blue. La vide da lontano, che arrivava.
Indossava un trench beige, assai elegante. I capelli castani richiamavano quel colore ma facevano netto contrasto con gli occhi, blu come il mare nei giorni di sole. Quasi risaltavano, quegli zaffiri, in giornate grigie come quella.
Il vento soffiava su di loro, il freddo li aggrediva.
Silver le andò incontro.
“Hey” fece lei, sorridendo e stringendolo in un abbraccio.
“Blue, ciao” rispose quello, un tempo più basso di lei. Ora la staccava di una decina di centimetri.
Si diedero un bacio sulla guancia e si strinsero nuovamente.
“Entriamo in un bar. Qui fa freddo e temo che tra un po’ ricominci a piovere” disse il fulvo, prendendola per mano.
Pochi passi e misero piede nel Lowerside, un elegante locale a ridosso della portineria di Aranciopoli. Lei spinse per scegliere un tavolo vicino alla finestra, per osservare il mare e il cielo.
Quando si sedettero, lui ordinò un tè per entrambi, con un cucchiaino di miele.
Lei sorrise, notando come lui ricordasse i suoi gusti.
Lo guardò per qualche secondo, mentre il suo sguardo, come sempre, sfuggiva al confronto. Il sonno aveva modellato il suo viso facendolo assomigliare a quello d’uno spettro dai capelli rossi e le labbra carnose, ma pallide.
“Gold?” chiese Blue, quasi d’improvviso.
“Dovrà essere operato un altro paio di volte ma il dottore dice che camminerà senza troppi problemi. Crystal è parecchio più rilassata, ora”.
“Mi ha sorpresa non vederla qui con te” ribatté la Dexholder, con fare provocatorio. “Passate un sacco di tempo assieme…”.
Silver pensò di fare spallucce ma si limitò a muovere lo sguardo altrove.
“Tu invece?” rimbeccò lui. “In quale guaio ti sei cacciata, adesso?”.
Lei sorrise. “Nessun guaio. Ho solamente bisogno di aprire un po’ la finestra… lasciar passare aria, sai…”.
Silver inarcò le sopracciglia e sospirò. “No. Non so…” fece, assumendo una strana smorfia.
Blue lo guardò e roteò gli occhi.
“So cosa stai pensando, Sil, non c’è bisogno neppure che tu me lo dica. Ma non sono più felice”.
Lo vide abbassare la testa e fare segno di no con la testa.
“Tu non sei mai stata felice…”.
Quella lo fissò per qualche secondo. Era contrariata.
“Non pensavo dovessi venire qui per sentirmi giudicare. Credevo che mio fratello volesse rincuorarmi”.
Fu allora che Silver la guardò negli occhi, scontrando l’argento di quelle iridi nel mare incerto dello sguardo di Blue.
Tossì leggermente e strinse il colletto del cappotto accanto alle orecchie. “Non ti sto giudicando. A me non cambia molto la vita se tu decidi di stare con una persona piuttosto che un’altra… Non fraintendermi. Vorrei solo che tu trovassi una dimensione adatta, in cui poterti finalmente rilassare. Non ami Green?”.
Lei rimase immobile per qualche secondo, quindi fece cenno di no. “È un periodo un po’ così, Sil... Avrei bisogno di sorridere ma… Green non c’è mai. Lavora sempre e le cose sono diventate quasi un’abitudine. Odio questa meccanicità che c’è tra di noi”.
“E di che avresti bisogno?” domandò.
“Passione!” esplose lei. “Emozioni! Quegli sguardi che mi spogliavano, all’inizio, prima che il sesso diventasse parte integrante delle sue giornate stressanti. Vorrei che mi guardasse come Red guarda Yellow”.
Silver sorrise. “Io non credo che Red guardi Yellow con quell’intento… Non lo vedo capace”.
“Yellow…” sospirò lei, facendo no con la testa. “Non ispira sesso neppure lontanamente”.
“Credo che sia più una questione sentimentale, che fisica” replicò l’altro.
Blue convenne, annuendo.
“È molto dolce, come ragazza, lei. So che stanno bene assieme” continuò Silver.
Arrivò un giovane cameriere, con la divisa nera e la scritta “lowerSIDE” scritta in tessuto color oro. Poggiò la teiera e qualche coppia di biscotti al burro sul tavolo, quindi si allontanò.
“Sai… Se non ci fosse Yellow non avrei problemi a gettare tutto ciò che ho all’aria. Del resto ho sempre scommesso nella mia vita. Non vedo perché non farlo adesso?”.
“Perché non sei razionale” rispose quello. “Sei portata a pensare che Green non sia il meglio per te in questo momento perché lo vedi improntato al lavoro, distratto da tutto ciò che sta succedendo col Cristallo del Caos e le cose accessorie che ne derivano, ma sai benissimo che ti porterebbe la luna incastonata in un anello, se potesse. Non deve essere penalizzato solo per un tuo momento no”.
“Ho visto Red e ho cambiato il modo di vedere Green. Ho ricordato i suoi occhi quella notte, con la pioggia e il suo corpo nudo e… il fatto è che mi sono accorta che ne voglio ancora. Voglio ancora che mi stringa. Voglio che mi desideri e che dopo mi tratti come tratta Yellow”.
Silver in cuor suo sapeva che tutto quello fosse sbagliato: voleva un gran bene a Silver e non aveva alcuna intenzione di vederlo soffrire ma non poteva permettere al Dexholder di scavalcare l’affetto che provava per Blue.
“Ti direi di fare ciò che ti rende felice ma non sei più una ragazzina. Non puoi più passare la patata bollente agli altri… Giocarsi il tutto per tutto, come hai detto d’aver sempre fatto, funziona se lo fai una volta. Hai passato diverso tempo a dannarti per i tuoi gesti sconsiderati. Perché dimenticare tutto? Perché rovinarti la vita nuovamente?”.
“Perché me la rovinerei lo stesso” rispose lei. “Stando accanto a un uomo che non mi dà più stimoli mi farà sentire morta prim’ancora di morire. E io voglio sentirmi viva”.
“Non è colpa di Green se tu hai scelto lui. Due volte, per giunta”.
Quelle parole le fecero spalancare gli occhi.
Lo sentì continuare.
“Sapevi che fosse una persona seria e piena di responsabilità, come anche che avrebbe messo il bene degli altri al di sopra del proprio. Non penso che ti abbia mai detto di no, a qualcosa. Né ti ha mai impedito di farla”.
Blue abbassò gli occhi.
“E sai come si chiama, questo?”.
“Amore” rispose lei, ma Silver fece cenno di no.
“Rispetto” ribatté. “Che è molto più importante dell’amore. Lui ti rispetta… e crede che accanto a lui ci sia una ragazza diversa. Perché non ne hai parlato con lui, di questi problemi?”.
Lei non rispose.
“Te lo dico io, perché: non gli hai dato scelta né possibilità di cambiare atteggiamento. La questione è che tu non vuoi più stare con lui, punto e basta, e non per demeriti suoi. Stavolta la colpa è tua”.
“Io voglio stare con Red…” osservò lei, con una flemma inusuale.
“Sei tu a non esser più la stessa, non Green”.
Passò un secondo, il fulvo prese un biscotto e lo morse lentamente, gustandone il sapore.
La guardò negli occhi, che annuiva lentamente.
“Hai ragione”.
“Ma Red non merita di perdere la persona che ama. E lui ama Yellow”.
“Le parole di Yellow, qualche settimana fa, sono sembra assolutamente chiare: lui mi desidera ancora”.
Silver fece cenno di no, bevendo poi un sorso di tè.
“Potrebbero anche essere soltanto impressioni di una ragazza gelosa e paranoica. Del resto gli hai portato via il fidanzato già una volta, e non vuole che accada.
Lei sbuffò e portò la tazza bollente alle labbra.
“Che devo fare?” domandò poi.
“Calmati. Isolati, alla fine di tutta questa faccenda, e decidi cos’è meglio per te. Se hai bisogno di Green, torna da lui. Se non lo vuoi, lascia il tuo fidanzato e mettiti l’animo in pace: Red ha un’altra; dimenticalo. Prima succederà e prima tornerai a sorridere”.
Blue annuì. Una volta finita quella faccenda avrebbe deciso il da farsi.
- Sinnoh, Evopoli, Casa di Gardenia –
“Sei bella” osservò Allegra, guardando la donna chiudersi in un vestito particolarmente sexy, verde e aperto sulla schiena. Aveva intenzione di abbinarci delle ballerine ma non le avrebbe indossate fino a quando non sarebbe stata costretta.
Il pavimento era caldo, a casa sua, e la bella Capopalestra di Evopoli generalmente camminava scalza. La figlia di Zack era seduta sul letto accanto al piccolo Bulbasaur, nato da poche settimane, che la bambina aveva nominato come suo compagno di giochi. Guardava la donna prepararsi con gli occhi spalancati e sorrise quando quella, sorridente a sua volta, si sedette accanto a lei.
“Grazie, piccolina. Ma tu sei molto più bella di me”.
“Solo la mia mamma è più bella di te” ribatté l’altra. “Ma la mia mamma è molto bella… la donna più bella del mondo”.
La Capopalestra abbassò gli occhi e si guardò allo specchio. Pensò alla vita che quella bambina avrebbe dovuto vivere nell’immediato futuro e si sentì totalmente spiazzata. S’immedesimò per un attimo in Zack e comprese cosa significasse per lui il silenzio dietro il quale si era nascosto.
Il buio nel quale s’era immerso, la fame che stava provando.
Era vedovo, genitore di una bambina orfana di madre.
“Mi fai la treccia?” domandò poi Allegra, avvicinandosi a lei. Gardenia spalancò gli occhi per via della richiesta inaspettata.
“Certo… certo, vieni qui…”.
La bambina si mosse, sedendosi sulle ginocchia di quella. Riuscì a strapparle un sorriso.
Zack entrò in camera una decina di minuti dopo, stanco dell’esilio autoimpostosi nella camera degli ospiti, e rimase atterrito per un momento: Gardenia pettinava i lunghi capelli di Allegra mentre la bambina canticchiava una canzone.
La donna si voltò per un attimo, guardandolo che indossava la solita faccia da spettro. Non riuscì a incontrare il suo sguardo, tornando a prendere lunghe ciocche corvine tra le mani.
Continuando a pettinarla e poi cominciando a intrecciarle i capelli.
Solo qualche secondo dopo la più piccola si accorse del padre. Gli sorrise.
“In questa vacanza piove sempre. Non siamo ancora usciti di casa” fece.
Zack annuì, sedendosi accanto a Gardenia.
“Ti stai facendo fare le trecce?” domandò poi, baciandole una guancia.
“La treccia, papà. Una sola. E dopo voglio farla anche io a lei”.
Quella sorrise e annuì. “Certo” disse.
Zack si voltò e guardò negli occhi la donna.
“Grazie”.
“Di niente”.
Lui abbassò lo sguardo su sua figlia, giusto per una manciata di secondi, prima di tornare da lei.
“Stai benissimo”.
“Marisio dovrebbe essere qui tra poco. Vorrei farmi trovare in maniera impeccabile”.
Gardenia lo vide sorridere debolmente, distogliere lo sguardo e sospirare.
“Sei impeccabile... tranquilla”.
Quando il campanello suonò Gardenia spalancò gli occhi. Si alzò dal letto, guardando allo specchio la piccola treccina che le si poggiava sul collo e calzò rapidamente le ballerine accanto allo specchio, quindi corse rapida in salotto, seguita da Allegra e dal piccolo Bulbasaur.
Accese tutte le luci, non facendo caso ai tasti che premeva, con la voglia di vedere il suo uomo. Corse verso la porta e la spalancò, trovando un Marisio intirizzito.
Aveva come sempre il volto serio, con gli occhi scuri a fissare la sua donna. Le mani erano occupate: la destra manteneva l’ombrello, ancora aperto, mentre la sinistra reggeva un mazzo di fiori gialli e arancioni.
“Amore!” esclamò la donna, saltandogli al collo, noncurante dell’acqua che cadeva su di loro.
Lo baciò passionalmente, davanti gli occhi di Allegra, che vide poi quell’altissimo uomo entrare nella casa dove lei e il suo papà dormivano già da un paio di giorni.
Lo vide smontare la grossa lunga giacca a vento, nera, e appenderla. Levò poi le scarpe e sorridendo diede i fiori a Gardenia.
“Grazie!” esclamò, sorridente, tirandolo a sé per la camicia e baciandolo ancora.
“Sta piovendo da molto?” domandò quello, guardando la sua donna. Lei annuì, con una mezza smorfia di disappunto sul volto, quindi si voltò.
Allegra e Bulbasaur attendevano entrambi guardinghi accanto al divano. La bambina incrociò lo sguardo dell’uomo, che sorrise educatamente.
“Tu sei il fidanzato di Gardenia?” chiese, ingenuamente, mentre il Pokémon correva a nascondersi dietro il divano, impaurito.
Marisio sorrise ancora e annuì.
“E tu devi essere Allegra”.
Lei allungò la mano verso di lui, annuendo.
“Allegra Recket. Molto piacere”.
Marisio ingoiò un ulteriore sorriso e strinse le piccole dita di quella, educatamente.
“Io sono Marisio”.
“Mi ricorderò di questo momento per sempre” aggiunse Gardenia, ridendo divertita. Si avvicinò ancora a lui, odorando il profumo che tanto amava, e lo tirò per mano verso la zona cucina.
“Hai mangiato?”.
Marisio annuì. “Sì. Sto bene. Dov’è… Zack?”.
Gardenia annuì, divenendo seria immediatamente. “Nella camera degli ospiti, credo. È uscito di rado, in questi giorni…”.
“Voglio andare a parlargli”.
- Kanto, Aranciopoli, Ospedale Civile -
“Camminerai. Questo mi basta” ripeté Marina, sorridendo dolcemente al suo uomo. Quello era steso nel letto, col lavaggio ancora inserito nel braccio e lo sguardo stanco. “Hai sonno?”.
Quello non rispose, attraversando con lo sguardo la Ranger dagli occhi color nocciola e rimanendo a fissarla senza dire nulla.
Ed era strano.
Gold aveva sempre qualcosa d’inopportuno da dire. A maggior ragione dopo aver passato settimane intere a dormire.
“Che c’è?” domandò la castana, stringendogli la mano.
“Il dottore parlava… parlava di un anno” sospirò lui. “Sarà veramente noioso non poter camminare per un anno”.
Marina sospirò e gli carezzò i capelli.
“Ci sarò sempre io, accanto a te”.
Sorrise amaramente, lui. “Ho una donna parecchio famelica, a letto… Sono sicuro che sarà un anno parecchio frustrante, per lei…”.
Marina rise leggermente, spintonandolo sulla spalla sinistra. “Sempre se funziona…”.
“Funziona, funziona. È stata la prima cosa che ho controllato”.
Quella prima inarcò le sopracciglia e poi sorrise, quasi sconfitta dalla verve dell’uomo.
“Qui?”.
“Avevo le mani fredde e, generalmente, quello è uno dei posti più caldi che possiedo”.
“Sei il solito zuccone, Gold…” sospirò la donna, con una smorfia di disappunto in volto. Ma gli occhi erano addolciti da quelli di lui, che la fissavano incantati.
La porta della camera si aprì subito dopo. Crystal e Silver erano lì, assieme a Sandra, Red e Yellow.
“Ragazzi!” esclamò quello, sorridente. “Non credo di avervi mai visto in questa formazione”.
Yellow sorrise dolcemente e gli si avvicinò per prima, stringendogli le mani e baciandolo dolcemente sulla guancia.
“Che bello vederti sveglio” fece poi, allargando il sorriso. Gold sorrise leggermente, col volto stanco e sfatto, vedendo gli occhi paglierini della donna celarsi dietro le palpebre per qualche secondo.
“Ve l’avevo detto… È strano” ribatté Crys, sospettosa.
“È soltanto stanco” rispose Red, avvicinandosi a Yellow e pizzicando una guancia al degente. “Appena Crys ci ha detto che hai riaperto gli occhi ci siamo preparati e siamo venuti qui” aggiunse.
Lui annuì e sorrise. “E avete fatto bene. Mi mancavate tutti. E Green e Blue dove sono?”.
Crystal guardò Silver, alle spalle dei ragazzi, che abbassò il volto.
“Dovrei sapere qualcosa?” chiese Gold.
“Sai…” riprese Yellow. “Non siamo più molto in contatto con loro…”.
Gold aggrottò la fronte. “Non stavate lavorando assieme al caso del Cristallo del Caos?”.
“Sì, ma degli avvenimenti particolari ci hanno costretti a fermare le ricerche”.
“Cosa?”.
Tutti guardarono Red, che abbassò lo sguardo per un secondo.
“Gli… gli stessi uomini che hanno organizzato la rapina qui ad Aranciopoli… Beh…”.
Yellow sospirò e Sandra si fece avanti.
Gold non capiva. Guardava Marina, che gli faceva cenno di ascoltare le parole dei suoi compagni con lo sguardo dispiaciuto.
Fu proprio la Capopalestra che terminò la frase.
“Hanno organizzato un grosso furto alle Rovine d’Alfa… e hanno trafugato i mosaici antichi”.
“Nel fare questo hanno perso la vita alcuni Capipalestra…” sospirò Red.
Yellow abbassò il volto, dispiaciuta.
“Chi… chi è morto?” domandò quello dagli occhi d’oro, guardando la sua donna.
Marina sospirò e prese per mano il ragazzo.
“Raffaello, Furio, Corrado e… e Chiara”.
Gold spalancò gli occhi, incredulo.
“Sono morti?!”.
La donna annuì. “Inoltre Jasmine e Valerio hanno abbandonato le Palestre. Soltanto Angelo e Sandra sono rimasti sulle loro poltrone…”.
“Senza contare il posto vacante di Mogania… da anni, ormai… Nessuno vuole accostarsi a quella Palestra. Le cose che ha fatto Alfredo sono terribili e i papabili nominati non vogliono essere associati a lui” ribatté Crystal.
Gold guardò Silver distogliere lo sguardo.
“Hanno rubato i mosaici” aggiunse Red. “E l’hanno fatto con un’altra copia, stavolta di Jasmine”.
“Tutto questo mentre io dormivo?!”.
Yellow annuì. “È stato cruento. Sangue ovunque e… ancora quello Xavier Solomon…”.
Si guardò attorno, Gold, spaesato. “Mi serve qualche minuto, ragazzi, non sto capendo un cazzo”.
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