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Andy Black - TSR - 34 - Castigo pt. 4




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34. Castigo pt. 4

- Sinnoh, Nevepoli, Snowflake -

Stavano fermi, in un attimo in cui il tempo s’era fermato.
I nemici erano rimasti stupiti, sgomenti dalla situazione, e i buoni erano increduli d’esser riusciti nell’obiettivo di frapporsi tra la difesa dello Snowflake e l’attacco degli uomini in bianco.
“Linee di difesa Psichiche ne abbiamo?!” aveva poi urlato Camilla, al centro della formazione.
“Mancano Fannie, Omar e Marzia” osservò Lady Berlitz, afferrando la sfera di Empoleon tra le mani.
“Arriveranno. Ne sono sicura” ribatté la Campionessa.
In cuor suo però aveva paura. Il suo volto si nascondeva dietro quella maschera di falsa speranza ma non era lontana lo spettro della consapevolezza, a poggiare la mano congelata sulla spalla coperta dal mantello.
Pregava Arceus e qualunque altro dio che chiunque venisse a darle manforte.
Pregava che il mondo s’interessasse di Sinnoh, quel mattino. Che si svegliasse impaurito per via di quella minaccia.
Se non avesse avuto la più che totale sicurezza che Arceus fosse realmente esistito, davanti a quella schiera armata, sarebbe diventata atea.
“Le difese!” la risvegliò Gardenia. “Tutto ciò che possa bloccare gli avversari!”.
Il silenzio scese lento. Bianca stava aiutando i soldati feriti a sgombrare il campo, mentre i pochi rimasti ancora in vita e operativi attendevano in silenzio gli ordini di Camilla.
“Ho un’idea” fece poi Marisio, raccogliendo l’attenzione di tutti quanti.
Quell’attimo di sbigottimento degli avversari fu immediatamente assorbito dalle urla barbare della fanteria più prossima all’ingresso dello Snowflake, che aveva cominciato ad attaccare. In particolare furono dei Pokémon di tipo Fuoco a lanciare attacchi a distanza.
“Bianca!” esclamò quindi Pedro, mandando in campo Probopass e lasciando che subisse quel forte colpo al posto loro. Ferruccio fece avanzare Bastiodon, che pose il capo a mo’ di scudo, per provare a difendere i buoni alle sue spalle.
La Capopalestra di Nevepoli vide la situazione e annuì.
“Froslass! Usa Schermoluce!”.
Un alone rosa ricoprì le scale davanti a loro, a testimonianza che la barriera psichica fosse stata attivata davanti a loro.
“Serve manforte!” urlò Camilla, vedendo poi Ferruccio prendere la sfera di Bronzong.
“Anche tu, Bronzong! Schermoluce!” ordinò il Capopalestra di Canalipoli, stringendo i denti. “Chi altri?!” domandò quindi.
“Ci serve Marzia!” urlò Gardenia. “Medicham!”.
“Luciano!” urlò la Campionessa nel suo PokéKron. “Dove cazzo siete?! Abbiamo un maledetto bisogno di te, in questo momento!”.
“Dobbiamo creare anche un impedimento fisico” osservò Marisio. “Probopass e Bastiodon finiranno per morire, in questo modo”. E dopo queste parole mandò in campo il suo Metagross. “Usa Schermoluce anche tu, e cerchiamo d’indurire questa barriera”.
Camilla si voltò verso Gardenia e le afferrò il braccio. La rossa spalancò i grossi occhi color nocciola, schiudendo leggermente le labbra.
“Cosa c’è?”.
“Torterra. Radici!”.
La Capopalestra di Evopoli annuì. “Fate un passo indietro!”.
Intanto il fuoco sulla barriera di luce s’infrangeva come acqua sul parabrezza. Bianca era visibilmente scossa.
“Ce la faremo” le sussurrò Pedro, ritirando nella sfera Probopass. Ferruccio fece altrettanto e vide il Pokémon di Gardenia tornare in campo.
“Cosa vuoi fare?” le chiese, con la voce baritonale. Per un attimo gli occhi della donna si poggiarono sulle gote barbute dell’uomo, spostandosi poi sul suo sguardo.
“Mi serve una base! Qualcosa di solido su cui costruire!”.
“Mettetevi a sua disposizione!” urlava Marisio, alzando poi l’ultimo soldato da terra.
“Mi serve Rampardos, Pedro! E Bianca! Abomasnow!”.
Le due Pokéball raggiunsero le mani della donna e il primo Pokémon a essere utilizzato fu proprio quello dello specialista di tipo Roccia.
Forzantica! Ma non lasciar partire l’attacco!”. Dal terreno si alzarono grossi lastroni di pietra.
“Cosa?!” urlò Ferruccio, preoccupato. “Siamo su di una montagna! Rischiamo di morire, se levi pietra da lì!”. Il padre cercò conferma nel figlio, ancor più esperto di lui in quelle cose.
“Sa quello che fa!” replicò Marisio, vedendo la prima barriera d’energia scoppiare come una bolla di sapone.
“Froslass!” urlò Bianca, correndo verso di lei. Vedeva il sangue scendere lentamente dalle narici del Pokémon. La ritirò nella sfera e sospirò. “Ha sostenuto quel peso per diverso tempo” la giustificò ancora Pedro.
Ferruccio sbuffò e prese due sfere dal cinturone. In campo scesero Magnezone e Forretress.
“Inspessiamo questa barriera! Magnezone, Aggiungi il tuo Schermoluce! E Forretress, diamo aiuto con Riflesso!”.
Altri due veli d’energia si sommarono a quelli già presenti.
“Dovremmo avere più tempo” concluse quello di Arenipoli.
Camilla sospirò. Non potevano far uscire così tanti Pokémon in uno spazio così ristretto, ma si vide costretta rischiare, tirando in campo Togekiss, facendogli usare a sua volta l’attacco Schermoluce.
“Abomasnow!” riprese Gardenia, pronta. “Usa Geloraggio tra le rocce e chiudiamo gli spazi!”.
“Alziamo questo muro!” rimbeccò Camilla, col cuore che batteva a mille. Buttò i capelli biondi alle spalle e attese che a Torterra venisse ordinato d’utilizzare Verdebufera sul muro congelato.
Foglie e rami furono congelati di nuovo, con un secondo Geloraggio, per dare maggior sostegno.
“Mi servono ancora Probopass e Bastiodon!” fece poi.
“Non c’è spazio!” replicò Pedro.
“E a me serve! Lasciate i Pokémon qui e entrate dentro!”.
“Cosa?!” urlò Ferruccio, accanto a suo figlio. “Siamo la prima linea!”.
“Andate!” riprese Marisio. “Resteremo io e Camilla qui con lei. Voi fate in modo di mettervi in contatto coi Superquattro e le delegazioni delle altre Leghe!”.
Camilla annuì, sorridendo. “Vuoi rubarmi il lavoro?”.
“Bastiodon! Devi piazzare quante più placche d’acciaio tu riesca a produrre sulla barriera!” ordinò quindi al Pokémon del Capopalestra di Arenipoli.
“Che stai facendo?” le chiese Camilla. Fu Marisio a rispondere.
“Sta a vedere” sorrise.
Piccole piastrine metalliche aderirono perfettamente alla barriera ghiacciata.
“Probopass!” concluse infine Gardenia. “Concentra la forza magnetica sulle placche e fa in modo che rimangano ferme!”.
Il grosso Pokémon Bussola rimase immobile, prima che attorno a sé una forte aura d’energia esaudisse i desideri di Gardenia.
Quella sorrise soddisfatta, lasciò rientrare Torterra e Bastiodon nella sfera e guardò i due Allenatori che aveva davanti.
Comprese che fossero molto più esperti di lei e capì di non essere una delle prime scelte. Fu un po’ avvilente ma poi pensò che, da questa parte della barriera, assieme ai suoi colleghi ci fosse lei. Ed era stata proprio la sua mente ad architettare quel muro impenetrabile.
“Come passeranno i Superquattro e gli atri tre?” domandò Marisio.
Camilla si voltò rapida, per rispondere. “Attaccheranno dal tetto”.

All’interno dell’edificio i corpi dei soldati uccisi erano stati gettati all’interno della prima stanza sulla sinistra, ovvero la guardiola. Il corridoio principale era libero dai cadaveri ma le tracce di sangue che macchiavano i pavimenti di marmo ricordavano ai pochi superstiti e ai Capipalestra arrivati in loro soccorso che quello fosse un luogo di morte.
Tutti si guardarono alle spalle, vedendo il lungo corridoio terminare all’ascensore principale.
Lo Snowflake era diviso in quattro dipartimenti: loro si trovavano nel principale, dove le sale di rappresentanza si alternavano a grosse zone adibite a uso museo, in cui antichi reperti del passato erano esposti in teche di cristallo.
Il secondo dipartimento si trovava al piano superiore, e vedeva ubicati tutti i grandi uffici dirigenziali della struttura, oltre che delle società che avevano l’autorizzazione e le possibilità economiche di potersi permettere l’affitto di quelle stanze.
Il penultimo dipartimento era assai più piccolo degli altri due ma forse era uno dei più importanti: le risorse economiche e aurifere della regione erano chiuse in un complesso sistema di casseforti, resistenti anche alle esplosioni di una granata.
Infine vi era l’ultimo dipartimento, denominato Zona d’ombra.
Accedere all’ultima parte dello Snowflake era possibile soltanto tramite l’accesso diretto all’ultima delle casseforti, sostanzialmente vuota tranne che per una grossa botola, con accesso limitato a pochi eletti.
Solo Camilla poteva accedere lì dentro, in quanto il sistema d’ingresso al quarto dipartimento era protetto da uno scanner di riconoscimento oculare.
Ed erano proprio gli occhi della Campionessa a essere scannerizzati, ogni volta che la grossa botola si apriva.
Altri tre cancelli elettrici, che dovevano essere aperti da un pulsante in guardiania, stavano davanti all’ultima vera e propria cassaforte, di più di un metro di spessore.
Lì dentro vi erano tutti i macchinari che avevano permesso a Plutinio e Cyrus di distruggere quasi l’universo, oltre che al Cristallo della Luce.
Bianca aveva studiato; sapeva che sarebbe stata una lunga mattinata.
Alzò la manica per rivelare il PokéKron, componendo rapidamente il numero di Luciano.
Squillava.

Squillava.
Squillava ancora.

“Andiamo! Rispondi!” urlò quella.
“Siamo arrivati a Nevepoli, Bianca, siamo in volo” rispose quello, col vento che disturbava la sua comunicazione.
“Non ho capito nulla, Luciano!”.
“Siamo a Nevepoli”.
La flemma di quell’uomo era totalmente fuori luogo, in un momento come quello.
“Tra quanto arriverete?!”.
Ferruccio sentiva le esplosioni all’esterno. “Speriamo presto” sbuffò, col cuore che batteva prepotente.
“...”.
“Luciano!” urlò ancora, Bianca.
Poi all’esterno si sentirono altre esplosioni, ripetute, assieme a delle urla.
“Siamo qui” rispose quello.
“Sono arrivati!” gridò Bianca, in direzione di Camilla. “I Superquattro sono sul tetto!”.

“Sono un fottìo” esordì Vulcano, stretto nel parka bianco. I capelli rossi, ricci e vaporosi, risaltavano prepotenti sullo sfondo nero del cielo in tormenta.
Terrie s’affacciò accanto a lui, stretta nella sua pelliccia di finto Linoone, sbuffando. “Effettivamente sono tanti…”.
“Dovresti lavorare sul tuo linguaggio, mio caro…” fu invece ripreso da Luciano, che s’inserì tra i due e guardò le molteplici teste che dovevano cadere. “Dovremmo metterci al lavoro”.
“Strategia?” chiese Aaron, alle loro spalle. Lo specialista di tipo Psico si voltò lentamente, come era solito fare, con quella flemma che lo contraddistingueva.
“Dovremmo tenerli lontani dal muro. Ci penseranno Omar, Marzia e Fannie a affrontare a distanza la minaccia”.
“Tre contro tremila?” domandò Vulcano, scettico. Luciano girò lo sguardo verso di lui, affondando il collo nel soprabito nero.
Era caldo.
I lunghi capelli violacei coprivano parte delle doppie lenti che aveva sul piccolo naso puntuto. Gli occhi, piccole insenature color lilla, si poggiarono dapprima sull’esile figura dell’ultimo tra i Superquattro in ordine d’età, per poi carezzare la persona di Terrie.
Luciano fissò la propria attenzione sulla neve che rimaneva incastrata tra i suoi capelli.
“Aumentiamo gli scudi, innanzitutto. A questo possono pensarci i miei Pokémon. Tutti. Terrie e Vulcano penseranno all’attacco a distanza e tu, Aaron…” fece, spostando infine la propria attenzione sul giovane. “… Tu farai in modo che l’arrivo del Drifblim di Fannie non abbia alcuna conseguenza per gli Allenatori che trasporta”.
“In pratica sei una contraerea ronzante” rafforzò il concetto Vulcano.

“Abbiamo difficoltà a sfondare. Sono riusciti a frapporsi tra noi e l’ingresso”.
La voce di Linda suonava indistinta in quel vociare confuso e spesso le sue parole si perdevano nel vago, alle orecchie di Lionell. L’uomo rimaneva immobile, stretto nel suo lungo cappotto di pelle. Manteneva la calma, analizzava la situazione e quasi si complimentava con la Lega di Sinnoh per l’incredibile organizzazione e il rapido rovescio di fronte.
Erano passati dall’attacco delle retrovie alla difesa principale.
“Notevole…” sospirò, guardando dritto. “Dove sono i generali Rocket?”.
Malva rispose per prima, stringendo il braccio dell’uomo.
“Milas si trova esattamente davanti alla porta d’accesso allo Snowflake. Archer e Maxus sono a destra e a sinistra del corpo mercenario” fece, mostrando uno schema su di un tablet che controllava in continuazione.
“Come dicevo… crolleranno. Basta avere pazienza”.

“Sì Bianca. Ricevuto” disse Luciano, prendendo tre sfere per ogni mano. Liberò i suoi Pokémon e concluse la comunicazione al PokéKron. Si voltò poi rapido verso Aaron. “Stanno per arrivare” disse. “Siamo nelle tue mani”.
Quest’ultimo annuì, lisciando il ciuffo di quel verde sgargiante che mai era riuscito a tener giù. Prese la sfera di Vespiquen e vi saltò agilmente sulla schiena.
“Andiamo” sussurrò al suo Pokémon, col volto basso e nascosto dalle ali, che poco dopo cominciarono a muoversi freneticamente.
Il Vespiquen di Aaron era enorme, alto e massiccio. Il Superquattro si era curato di allenarla nel migliore dei modi.
Il freddo tagliò il suo volto quando, incauto, si sporse per controllare dove Fannie fosse.
E poi lo vide: era un punto lontano indistinto nella tempesta.
“Stanno arrivando.

“Stanno arrivando dei rinforzi!” esclamò Linda. Si voltò e alzò il capo verso ovest, cercando di non perdere d’occhio la situazione all’ingresso.
“Maxus!” esclamò, prendendo la ricetrasmittente. “Dovete intercettare il Drifblim che sta raggiungendo lo Snowflake! Dovete abbatterlo!”.

“Ricevuto” rispose il generale Rocket, divenuto generale Omega.
La neve continuava a cadere, s’accumulava sulle spalle sue e di quei soldati.
Generalmente non amava l’inverno, Maxus. Era quel tipo di persona che rimaneva volentieri al coperto durante un giorno uggioso, e che non sopportava la pioggia in nessuna delle sue sfumature.
Ma quel giorno era costretto a stare alle intemperie.
Avrebbe preferito trovarsi a Olivinopoli, in quel momento, steso al sole estivo.
Ma che avrebbe potuto mai farci? Lo pagavano per quello.
Raccolse una delegazione di cento uomini e cominciò a marciare ordinati verso il Drifblim incriminato.
“Il nostro piano è semplice… La metà di voi cerchi di attaccare quelli in aria. L’altra metà deve combattere contro di me” fece quello dalla barbetta viola, sorridendo.

Aaron guardava dritto, sfidando la neve e il freddo.
Aveva una missione da compiere e nulla lo avrebbe fermato. Non era la prima volta che partecipava a missioni così difficili ma non riusciva a concepire lo sforzo che impiegava quella gente nel voler distruggere la vita delle persone a tutti i costi.
Intravedeva nella tempesta l’alone violaceo di Drifblim, strattonato dalle raffiche di vento.
“Non è difficile… forza…” diceva, stretto tra i denti.
La radio gridò, con quelle fastidiose interferenze che precedevano la voce di Luciano.
“Un gruppo si è staccato dal corpo centrale, Aaron. Stanno venendo ad abbattervi”.
Il Superquattro in volo si girò rapido, appurando quanto dettogli dal collega.
“Dobbiamo sbrigarci” sussurrò al suo Pokémon, prima che una grossa colonna di fuoco bloccasse la traversata di quel cielo così grigio.
Il ragazzo si strinse nel bomber, impaurito per un attimo.
Abbassò lo sguardo: alcuni di loro erano già lì.
Comandoscudo. Se cadiamo da qui sopra siamo morti”.
Dall’alveare che portava al di sotto del corpo, la regina lasciò fuoriuscire una gran quantità di Combee.
Aaron ricordò che, quand’era più giovane, rimase estremamente sorpreso dalla cosa. Del resto a Johto, di dov’era originario, Vespiquen non era semplice da trovare.
Si stava allontanando dal punto focale: qualcuno lo stava attaccando.
I Combee si posero a formare una barriera vivente davanti alle fiamme; molti di loro ricaddero bruciati nella neve.
“Dobbiamo fare qualcosa. Comandourto!” fece, vedendo la barriera attaccare verso il basso. Si sporse, vedendo tre grossi Houndoom pronti ad attaccare.
“Siamo proprio noi l’obiettivo” sussurrò poi, tra i denti stretti. L’attacco dei Combee si concentrò sugli avversari, che non sembrarono accusare molto l’offensiva.
“Dannazione! Terrie! Mi servi qui!” urlò, nella radio.
Le interferenze anticiparono la risposta della donna. “Arrivo…”.

Luciano guardò Vulcano, dubbioso. Quello trasformò i pensieri dell’uomo dai capelli violacei in realtà, bloccando la più grande della compagnia e afferrandola per la spalla.
“Dove diamine credi di andare, da sola?” le disse Vulcano. Quella sorrise bonariamente, com’era solita fare. “Ragazzi…”.
“Abbiamo un piano” riprese Luciano. “Dobbiamo attenerci alle direttive di Camilla. I miei Pokémon saranno qui a rinforzare le difese psichiche e voi due dovete gettare fuoco e fango sugli avversari” ripeté il programma il più forte tra i quattro. “Inoltre Aaron, nonostante la giovane età, è un Allenatore di grande caratura. Saprà sicuramente cavarsela”.
Terrie fece immediatamente cenno di no.
“Se ci ha chiamati, se ha chiamato me, è per un motivo”.
I tre persero qualche secondo, prima che Luciano si voltasse verso sud. La folla spingeva per distruggere le barriere e poi la radio suonò ancora.
“Luciano!” urlò qualcuno, seguito dalle interferenze. “Sei arrivato sul tetto?!”.
“Sì, Camilla”.
“Qui sta per cedere tutto! Forza!”.
“Subito” annuì quello, prima che l’attenzione di quelli sull’edificio fosse assorbita da una grossa colonna di fuoco che si alzò in direzione di Aaron, non troppo vicino a loro.
“Fuoco…” sospirò Vulcano, digrignando i denti. “Aaron ha paura del fuoco”.
“Lo so” sospirò Luciano, voltandosi poi verso Terrie. Quella aspettava il via libera per poter proseguire nel tentativo di salvataggio del collega Superquattro.
“Va bene, vai. Ma stai attenta. E tu, Vulcano, coprì la sua discesa!”.
Quello dai capelli ricci e rossi sorrise felice. “Sono il migliore in queste cose!”.
La donna si strinse nella pelliccia e si lanciò con agilità inaspettata dal tetto dello Snowflake, senza timore o sussulto.
Luciano sembrava abituato a quelle scene ma la reazione di Vulcano cambiava di volta in volta.
“Non riuscirò mai a capire come fa” sospirò.
“Esperienza, immagino” ribatté l’altro, cominciando a innalzare pareti di Schermoluce.
Avesse vent’anni in meno… m’innamorerei perdutamente di lei” sorrise l’altro, con la sfera del suo Magmortar tra le mani e gli occhi di chi non sapeva di trovarsi in trincea.

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