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herr - Card - 4 - Drowned by the Gods

herr 


 Chapter IV
Drowned by the Gods



Hilda non poteva definirsi stanca, ma era stata molto provata dalla giornata avuta. Sentiva ancora rimbombare nella sua testa le parole di quell’uomo senza nome, le minacce e quant’altro vi avesse letto fra le righe in quel suo discorso. Anche allora, dall’interno di casa sua, non si sentiva sicura. Sapevano dove abitava, cosa li avrebbe fermati dall’entrarvi e farle una sorpresa? Un portone? Amareggiata, trasse le dovute conclusioni: no.
Si buttò sul divano, alzando lo sguardo al televisore, ma in suo aiuto nessun fantomatico programma sembrava balenare in televisione. Incapace di mantenere il contatto visivo, lasciò scivolare gli occhi dietro l’apparecchio, e si perse nella etera bellezza del golfo di Castelia. La sera ed il freddo erano già calati sulla città, avvinghiando i palazzi e le strade nella loro morsa.
Quasi potesse udire i suoi lamenti, la pubblicità cessò, cedendo il passo ad una prospettiva dello skyline di Castelia, mentre in sottofondo correva un jingle musicale. Come esso finì, la telecamera inquadrò uno studio, al quale da sfondo faceva la precedente ripresa della città. Se inizialmente il primo piano sul giornalista le impediva di riconoscere il volto del misterioso uomo, quando la ripresa si fece più ampia collegò molto facilmente gli eventi precedenti a quel momento alla trasmissione. Hilda riconobbe nell’ospite i lineamenti aspri e rovinati dell’individuo con il quale ebbe la breve chiacchierata in macchina, il nome che scorreva al di sotto del suo viso, Zinzolin.
Sorrideva, un sorriso maligno che piegava le sue labbra ed accentuava le rughe nella zona più bassa del suo viso, gli occhi piccoli e stretti che osservavano l’ambiente circostante con circospezione.
« Buonasera, Zinzolin » esordì il giornalista, sprecandosi in brevi accenni alla figura dell’uomo e presentandolo agli spettatori — così anche ad Hilda — come un importante vertice del Team Plasma. Il discorso prese subito una piega su quell’argomento, andando a toccare un tasto dolente per la giornalista.
« Ovviamente non posso dilungarmi troppo su quelle che sono le direttive della nostra, se possiamo così chiamarla, associazione, ma se lei ha interesse posso rispondere ad eventuali domande che, penso, si sia preparato »
Niente nel suo volto era capace di trasparire emozioni, di tradire un barlume di felicità, rabbia, o qualsiasi altro stato d’animo.
« Cominciamo dalle indiscrezioni sui presunti movimenti del Team Plasma in regione, dunque. Sono certo che lei abbia letto l’articolo, alla portata di tutti oramai, dove viene detto come voi vi siate distinti per azioni illecite ed illegali, come rapimento di Pokémon, vuole dare una spiegazione a riguardo? »
« Speravo mi facesse una domanda del genere » borbottò « e sono felice di portare luce sulla faccenda. Ho letto con molto interesse l’articolo in questione, e l’ho trovato senza dubbio stuzzicante, ma è difficile che riguardi anche solo in parte il Team Plasma »
« Sta dicendo che è falso? »
« È spazzatura »
Un gelo calò in studio, fuoriuscendo dallo schermo e pervadendo Hilda. Un brivido le corse lungo la schiena, mentre immobile osservava il pubblico sconvolgersi per l’affermazione. Non voleva credere a quanto era successo, non poteva farlo. Era tutto così sbagliato, come aveva potuto N darle notizie artificiose? O, in caso fossero state vere, come poteva quell’uomo smentirla così? Tacciarla di bugia? Una tempesta di domande la investì.
« È un’affermazione molto dura, le ricordo che in caso lei abbia ragione, la giornalista in questione è passibile di denuncia »
« Sono sicuro che non sia colpa sua, in molti casi sono le fonti a sbagliare, ma penso che prenderemo in analisi la situazione per capire cosa fare »
Troppo scossa per continuare l’ascolto dell’intervista, si lasciò cadere tra le braccia di Morfeo, mentre in sottofondo le parole di Zinzolin saturavano l’aria.

I suoi passi si incrociavano fra loro con tanta velocità quanta goffaggine. Le sue dita tamburellavano sulla gonna, una delle poche che possedeva nel suo appartamento, ed il suo sguardo era intento ad osservare la situazione dell’ufficio del suo capo, Wiseman. Era vuoto. Emise un profondo sospiro, dirigendosi alla sua scrivania, e fece finta di mettersi al lavoro nella più totale calma. Hilda non si era mai trovata in una situazione del genere prima di quel momento, ma era ben consapevole delle storie che si raccontavano, e l’ultima cosa che lei volesse era quella di diventarne parte.
Come un tuono, la porta del piano emise un boato, annunciando l’entrata dell’editori-in-chief Francis Wiseman il quale, valigetta alla mano e sigaretta inforcata nelle labbra, attraversò a passo spedito il piano per poi chiudersi nel suo ufficio. Pareva infastidito, pensò Hilda. Cercò di evitare le occhiate che lanciava alla redazione, indistintamente, e che la castana riconosceva ogni volta come esclusive sue, ritenendosi salva solo nel momento in cui vide scomparire la sagoma dell’uomo dietro la spessa porta del suo ufficio.
Era salva.
Il tempo che seguì, si occupò di sistemare a computer la bozza ricevuta da N il giorno prima, sperando che anch’essa non si rivelasse incorretta, o fosse smentita come tale. Non si capacitava di come quel ragazzo le avesse potuto passare un articolo falso, sicuro com’era, e arrivò a capire che doveva esserci un disegno maggiore dietro a tutto ciò. Non poteva accadere per caso, non in quella condizione, non nella sua.
Nonostante il conflitto interiore, all’esterno tutto pareva filare liscio, quando il telefono fisso collocato sotto lo schermo del suo computer fisso trillò.
Si fece qualche scrupolo a rispondere, ma dopo una breve esitazione alzò la cornetta e accennò vagamente al suo nome.
« Signorina Baskerville, è richiesta nell’ufficio del signor Wiseman »
Cazzo.
Chiuse la cartella del software di scrittura, oscurò lo schermo e si diresse verso l’ufficio del suo caporedattore immaginandosi un possibile discorso con Francis, che, avrebbe potuto giurarci, sarebbe cominciato con:
« Sei uscita di testa?! » sbottò il bruno, gettandole in faccia una copia del Castelia Herald. Il motivo era chiaro: recava in prima pagina un articolo riguardante lei stessa e quanto aveva scritto giorni prima. A quanto pareva, non era stata l’unica ad aver visto l’intervento di Zinzolin.
« Io—»
« Taci ». Le sue mani tremavano, le dita formicolavano. « Non è ancora certo nulla, potresti essere una ciarlatana come la salvatrice della patria. Ora, questo deve fissare i paletti per quanto riguarda il tuo comportamento. Ti vieto categoricamente di rilasciare interviste o fare interventi »
« Cosa facciamo riguardo l’articolo? »
« Non è tutto » eluse la domanda « Linda ha chiesto di vederti, domani: non pensare sia positivo »
Fece una pausa, aspettandosi una risposta dall’interlocutrice, che non avvenne.
« A che punto sei con il pezzo per venerdì? »
« Buono, buono, veramente, sono ad un ottimo punto »
« Posso vedere la bozza? »
« No! Cioè, intendo, sì, ma è ancora presto, voglio prima controllare meglio le mie — si interruppe, ragionando sul significato delle parole che stava per pronunciare. La sua fonte era quella che l’aveva condotta a quel punto, non sarebbe stato appropriato dunque usarlo in quel contesto — ahem, informazioni, ecco, sì, devo controllare le mie informazioni.
« La scadenza è tra due giorni, Hilda, due giorni e sei fuori »
« Cercherò di rispettarla, allora. Arrivederci, Francis »

Le sue dita scorrevano veloci sui tasti del cellulare, nascosta dallo schermo del suo computer che, nella sua grandezza, riusciva a coprire discretamente il suo operato.
10:04 AM
client — N
Dobbiamo parlare

Esitò per quei pochi secondi cui era abituata, per poi sentire il classico suono di avvertimento.
Dlin dlin.
10:04 AM
N
Non abbiamo nulla da dirci.

Cosa.
Cosa.
Cosa.
10:04 AM
client — N
Queste cazzate le dici a qualcun altro.
Dammi un orario

Altri secondi di vuoto, altro suono.
Dlin dlin.
10:05 AM
N
Incontrami al solito posto, per mezzogiorno.
♦︎ ♦︎ ♦︎

L’odore di libri antichi inebriava la polverosa sala dove la corvina era costretta a muoversi. Una grande libreria circolare ricopriva le pareti, lasciando degli spazi quadrangolari in vetro per far giungere la luce anche in quel luogo, la quale risultava lievemente ovattata dagli alteri drappeggi damascati che ricoprivano ogni la vetratura di quell’ambiente. Opache nuvole di polvere aleggiavano nell’etere, cosa che non poco recava fastidio alla giovane, ma tanto era grande il suo amore per i libri che era abituata a sopportare quegli inconvenienti.
La ragazza era molto abile nel barcamenarsi fra le pile di libri, accatastate molto disordinatamente in ogni dove, e ciò rendeva il suo percorso in quella stanza un vero e proprio labirinto. Capitava che, di tanto in tanto, facesse cadere per un calo di attenzione dei libri, ma con la solita velocità cui era abituata si operava per sistemare il danno causato e tornare ai suoi lavori, che consistevano più che altro nel mantenere un’ordine ai libri ed alla sala in sé. Che poi ci riuscisse o meno, quello dipendeva dalla sua voglia, ma la sua passione per quello che faceva era piuttosto forte rispetto alla pigrizia che la coglieva in molti momenti della giornata.
Era tutta intenta a sistemare una serie di tomi rilegati su uno scaffale quando un rumore, proveniente dalla porta, la fece sobbalzare. Una forza spropositata aveva quasi scardinato la porta della stanza, rimbombando con il suo boato lungo tutte le pareti della libreria.
« Shantaul, abbiamo bisogno di te, ancora »
« Scusa Marshal, ma non penso che mi interessi quello che Grimsley ha da dire » cinguettò lei, atteggiandosi con aria di superiorità nei confronti dell’uomo appena entrato. Fece per raccogliere una pila di libri che Marshal batté sul muro, richiamando l’attenzione della corvina.
« Non ti sto offrendo una scelta, sei obbligata a seguirmi. Il consiglio dell’Elite è in corso »
« Non ne sono interessata, e no, mi dispiace contraddirti ma no, non sono obbligata a parteciparvi essendo una riunione non programmata. Ma prego, continuate pure senza di me! »
« Sai bene che non possiamo fare nulla senza di te, Shantual »
« Mi dispiace così tanto! D’altronde non capita tutti i giorni di deporre il Campione in carica senza motivo e sistemarne una completamente incompetente perché a voi va bene così » lo rimbeccò lei, continuando a dare le spalle all’uomo « buona giornata, Marshal! »
L’uomo, in risposta, borbottò qualche parole confusa che alle orecchie della corvina suonava molto come un’imprecazione nei suoi confronti, ma non ci diede molto peso e continuò a sistemare i libri con l’entusiasmo di sempre.
Non passò molto tempo che irruppe nella sala un altro volto noto alla corvina, sfoggiando il leggendario sorriso che lo contraddistingueva. La giovane non sapeva mai se leggerlo come uno scherno o come un segno benevolo, tutto riusciva a capire che quelle labbra, dispiegate in una posizione tanto criptica quanto meschina. Grimsley non l’era mai stato simpatico, a dir la verità, ma in qualche modo aveva un certo fascino al quale non sapeva resistere, ed era forse solo il senso costante di maliziosità che pervadeva quell’individuo a fermarla da fare il primo passo.
Si era presentato in abito gessato, un blu piuttosto scuro, abbinato ad una cravatta bordeaux che recava i simboli della Lega su di essa, gli occhi, azzurri come il ghiaccio, a fissare la castana.
« Qual buon vento, Grimsley! »
« Perché ti ostini ad essere così testarda? Sei solo una stupida, lo sei sempre stata »
La corvina si voltò ad osservare il suo interlocutore, per nulla toccata da quelle parole. Le dava fastidio, quello sì, il tono con il quale il ragazzo le si era rivolto, ma capì che i sentimenti più neri erano stati a muoverlo, come d’altronde la faccenda stessa.
« Non so cosa tu voglia da me, ma non la avrai »
« Allora non hai capito! » rise, una risata isterica, i suoi occhi ed il suo viso corrucciati in un’espressione che rasentava la follia. Pazzo, ecco ciò che era, ecco ciò che si palesava alla giovane donna in quel momento, il Mr Hyde che Grimsley aveva liberato.
Egli si avventò su Shauntal, costringendola alla parete di libri, le pose un braccio a cingere il collo e si avvicinò al suo orecchio. Poteva sentire i battiti della donna accelerare, il respiro corto e mozzo, le pupille pietrificate.
« Cosa—»
« Ricorda, Shauntal Livingstone, questo gioco è più grande di te e non conviene ad entrambi di passare dalla parte che perde. Ora tu mi seguirai fuori da quella porta e farai quello che ti dico, inteso? »
Shauntal accennò ad un’asserzione con il capo, che fece terminare quell’incubo.

♦︎ ♦︎ ♦︎

La giornata era luminosa, più di altre, ed una leggera brezza muoveva le dolci ciocche castane della ragazza. Si passò una mano fra i capelli, diede una nuova occhiata all’orologio, ed accavallò le gambe scrutando l’orizzonte alla ricerca di quella malefica chioma verde, che pareva non voler palesarsi alla ragazza. La situazione aveva dell’assurdo, lo riconobbe, ed esigeva delle spiegazioni che avessero un senso da N. Non aveva intenzione di accettare un rifiuto, non a quel punto.
« Oh, alla buon’ora! »
La figura snella ed agile del ragazzo fece capolino da dietro l’incrocio, accompagnata dal classico sorriso stampato in faccia, seppur la giovane trovò qualcosa di diverso in esso. Le volte precedenti pareva più naturale lo sguardo, mentre in quel momento, al contrario, avrebbe detto che fosse forzato. Non notò da parte sua l’intenzione di esser pungente come le volte precedenti, senza capirne il motivo.
« Buongiorno Hilda »
« Ti spiegherei la situazione se non fossi sicura che tu sia al corrente della situazione, per cui comincio subito col chiederti come mai l’articolo che tu mi hai passato è stato smentito in diretta nazionale ieri sera »
Il ragazzo esitò sul rispondere, eludendo lo sguardo indagatorio di Hilda.
« Mi sono semplicemente limitato ad offrirti l’articolo, penso che questo rientrasse nel nostro accordo » fece, molto diplomatico e sbrigativo, mantenendo lo sguardo chino sul tavolino in ferro battuto.
« Non erano questi i patti »
N congiunse le mani, riflettendo sulla risposta. Trovò nel suo cuore il coraggio di incrociare gli occhi della ragazza, ma ne fu subito pentito. Si vergognava, in qualche modo, di quanto fatto, e darlo a vedere ad Hilda avrebbe solo peggiorato le cose.
« Quali erano, i patti? »
La sua risposta era ancora più assurda della faccenda.
« Mi hai ingannato »
« L’ho fatto? Ti ho dato quello che volevi, Hilda. Non hai mai voluto il tuo lavoro, quello che volevi era un senso alla vita spenta che conducevi, ed eccomi qua. Questi erano i patti »
N alzò nuovamente lo sguardo, concentrando i suoi due occhi su quelli della castana, la quale esitò su cosa dire in risposta. Le su labbra presero a tremare, rompendo il contatto visivo con quello del ragazzo. Aveva ottenuto il suo scopo, sconfitta, era quello che veramente voleva?
« Non—»
Deglutì, singhiozzando. Si sentiva tradita dal ragazzo, certamente, ma non poteva dire di conoscerlo così bene da esserne dispiaciuta. Perché lo era, dunque? Perché il tradimento di N le pesava così tanto?
« Pensavo fossi diverso » disse alla fine « pensavo… pensavo di potermi fidare di te »
« Hilda… »
« Non importa, sono stata stupida io » si alzò, facendo per andarsene, ma N le prese il braccio.
« Mi dispiace che sia andata così, Hilda, veramente »
« Di' a Zinzolin che non farò quanto mi ha chiesto » concluse, divincolandosi dalla morsa del ragazzo con uno strattone « addio, N »
Non lo guardò, come disse quelle parole.

4:49 PM
Bianca
Ciao Hilda! Speravo tanto tu potessi passare da me oggi, per parlare :)

« Lei sarebbe? »
Lo sguardo del concierge non sapeva se dirsi confuso o irritato. Era passata una buona mezz’ora da quando aveva messo piede nell’hotel, ma a causa delle rigide direttive dell’albergo non aveva ancora potuto raggiungere l’amica. In quel momento era impegnata a cercare di entrare in contatto con l’amica, che finalmente aveva risposto alle sue chiamate. Dopotutto l’aveva chiamata lei, ragionò Hilda.
« … sì, sì, c’è qua questa signorina Hilda Baskerville che vorrebbe entrare, cosa le dico? »
Si mise ad ascoltare con attenzione l’interlocutrice, e con grande vergogna abbassò la cornetta. La sua espressione parlava da sola, non sarebbero bastate tutte le scuse del mondo per sistemare l’inconveniente, ma per sua fortuna la castana non aveva tempo per ascoltarne di eventuali. Si diresse verso la stanza dell’amica, al decimo piano, trovandola con un’espressione stranita.
« Hilda! Come mai sei qui? »
Ricordava di aver ricevuto un suo messaggio, non era impazzita.
« Mi hai mandato un messaggio » accennò lei, facendo per cercare il cellulare nella borsa « ricordo bene… »
« Devi esserti sbagliata, ho giusto perso il mio telefono! »
« Cosa? »
Bianca la fissò come se stesse parlando con un alieno. « L’ho perso, non lo trovo da questa mattina, quando dici che ti è arrivato il messaggio? »
Ma certo. Zinzolin.
« Devo essermi sbagliata » concluse, e sperò che la sua amica non desse troppo peso alla situazione « entriamo, meglio? »
Quel pomeriggio ebbe occasione più e più volte di ripensare a quanto accaduto, un episodio che non aveva impiegato molto per collegare con Zinzolin. Era nel suo stile, nello stile di N, chissà se quei due individui erano collegati? Certamente si dovevano conoscere, ma quale fosse il loro gioco era un argomento oscuro per lei. Ripensò alla giornata precedente, al discorso al limite dell’assurdo del saggio, e l’idea le sembrava ancora più assurda se messa a confronto con la realtà: Bianca era davanti a lei, intenta a versare del vino rosso in un calice di cristallo, come avrebbe potuto farle del male?
Scacciò quei pensieri dalla mente, costringendosi a godersi la giornata, ma il destino aveva in serbo piani diversi.
Prima che la discussione potesse entrare nel vivo, il telefono fisso della camera trillò avvisando che era stato lasciato un pacco per Hilda all’accettazione. Entrambe le ragazze erano stupite, Bianca poiché non riusciva a capirne il motivo, l’amica poiché, purtroppo, pensava di saperlo.
Chiesero che venisse portato su, così non appena arrivò la ragazza si diresse alla porta, trovandovi dall’altra parte una scatola in legno di modeste dimensioni riempita di quella che pareva erba secca. Sulla sua cima, un appariscente fiocco verde: divertente, pensò, mi prendono in giro. La prese con ambedue le mani, questa era la sua grandezza, e notò come ciuffi di paglia spuntassero dalle fessure. Doveva esser delicato, constatò.
Lo aprì sul momento, trovandovi un sacchetto di nylon ricolmo di una sostanza bianca, somigliante alla farina. Droga? No, Zinzolin non le avrebbe mai mandato un regalo del genere, o almeno non senza un motivo. Scavò nella paglia, sperando di trovare un’indicazione, e la sua mano ritornò stringendo un biglietto di carta ripiegato più volte su sé stesso.

Cara Hilda,
So che ti trovi in una situazione difficile, così
ho pensato di mandarti un piccolo regalo.
Spero che tu apprezzerei al gesto, ho pensato
potesse farti piacere, 

Zinzolin

post scriptum: il foglietto è impregnato di una
sostanza allucinogena che agisce al tatto, entro 
una decina di minuti si paleseranno i sintomi.

Al leggere quelle parole ricacciò subito il foglietto dalla presa con un’espressione di disgusto, strofinandosi i polpastrelli. Erano umidi, il pezzo di carta era veramente pregno di una qualche sostanza, ma avrebbe creduto alle parole di Zinzolin?
Richiuse velocemente la scatola, e si diresse verso l’amica, che la accolse incuriosita.
« Cos’era? »
Hilda fece la vaga. « Ah, nulla di che »
« C’era almeno un nome? »
« No, penso sia stato scherzo »
« Mi lamenterò con la direzione, allora »
La castana la fermò subito « No, no, non serve, tranquilla ». Non voleva che la faccenda si allargasse ad altre persone. « Fai pure come se non fosse successo nulla »
« Ok… » ribatté perplessa « va tutto bene, Hilda? »
Si sforzò di sorrise, celando dietro una facciata felice e tranquilla il mare di problemi dentro il quale faticava a stare a galla. Zinzolin, N, l’articolo di giornale, ogni cosa successa da lì a poco pareva non esser mai accaduta dietro quel viso così sereno di Hilda. Come recitava bene.
« Sì, sì, tutto bene. Perché non mi passi quel bicchiere divino? Avrei veramente bisogno di bere un po’ »
« Certamente! »
Afferrò il bicchiere con la mano tremolante, ma non vi diede peso. Lo avvicinò alla bocca e bevette il primo sorso, mentre le parole di Bianca confluivano nella sua mente come un fiume in piena.
« Come ti dicevo ieri, ho questo progetto assieme alla professoressa Aralia, e domani, se tutto andrà bene, otterremo i finanziamenti! »
« Sono… » deglutì un altro sorso, asserendo con il capo in modo meccanico e freddo « sono molto contenta per te, Bianca »
Il vino era particolarmente forte, e come scivolava lungo il collo bruciava un po’.
« Grazie! E tu, come va col lavoro? Non abbiamo avuto occasione di parlare l’altro giorno, mi dispiace molto »
« Non preoccuparti, sto ben—»
Allentò la presa della mano, lasciando cadere il calice sul pavimento. A contatto con il parquet, il vetro si frantumò in migliaia di frammenti, suscitando lo scalpore di Bianca, ed il liquido rossastro si riversò con altrettanta velocità. Hilda si sentì svuotare, mancare, la vista venne meno per una frazione di secondo e si aggrappò al piano cucina per non cadere. La visione era sfocata, come un vetro appannato che le si era posto davanti agli occhi.
« Hilda! »
L’amica corse in suo aiuto, ma Hilda riuscì a mettersi in piedi da sola. La vista era tornata, e pareva aver ripreso possesso del suo corpo.
« Cosa… cosa è successo? »
« Sto bene, sto bene, tranquilla »
« Non stai bene, vuoi che chiami un dottore? »
« Sto bene! » ringhiò Hilda, scacciando l’amica con un repentino gesto delle braccia « sto bene, sto bene, è tutto ok »
« Non mi sembra tutto ok, Hilda… »
La castana afferrò la sua borsa e la mise in spalla.
« Devo andare, è tardi »
« Hild—»
« Buonanotte, Bianca, ci vediamo »
Corse trafilata fuori dalla porta, calciando via la scatola dalla sua strada. Non poteva sopportare che Zinzolin l’avesse messa in quelle condizioni, non riusciva a concepire nemmeno come fosse capace di rivelarsi così stronzo. Cosa voleva da lei? Qual era il suo scopo? Non riusciva a capirlo, ma era palese che non fosse nulla di buono.
La sua vista, mano a mano che il tempo passava, peggiorava visibilmente. Era sfocata e ogni oggetto del suo sguardo sdoppiava, rendendole difficile anche il solo camminare per la strada. Si scontrò più volte con dei passanti, senza riuscire a rispondere alle persone in faccia. Non le vedeva, non distingueva i volti, ormai le luci e la droga soffocavano la sua capacità di vedere.
A fermarla fu lo squillo del suo cellulare, la suoneria era inconfondibile. Dolci note di jazz pervasero l’aria, arrestò per un attimo il suo intercedere ed afferrò il telefono, frugando alla cieca nella sua borsa.
« Pronto » fece, sull’orlo di un pianto. La voce era spezzata e singhiozzante.
« Hilda, che piacere »
Riconobbe la voce, roca e consumata: Zinzolin.
« Cosa vuoi, Zinzolin »
« Nulla di quanto non ti abbia già chiesto »
« Perché non mi lasci stare, eh? » sbottò, urlando in direzione dell’apparecchio telefonico. Molti passanti si voltarono a guardarla, ma non li notò. « Perché non mi lasci in pace? »
« Oh, Hilda, speravo fossi più comprensiva »
« Ti prego… » singhiozzò « ti prego… lasciami… »
Si accovacciò, mentre rivoli di lacrime le bagnavano le guancie.
« Lasciami… in pace… »
« Hai più potere di quanto pensi, Hilda. Alzati, e torna indietro, hai un lavoro da compiere »
« Come pensi possa farlo?! Eh?! Sono fottutamente senza nessun cazzo di posto dove andare! Non vedo nulla! »
« Calmati, Hilda, trovere—
« Ascoltami, vecchio bastardo: non farò più nulla di quello che mi chiederai, nulla più »
« Mi aspettavo una risposta del genere » rise, mantenendo la più totale calma « è passato solo un quarto d’ora da quando sei entrata in contatto con la sostanza, hai all’incirca un altro quarto d’ora di autonomia. Torna indietro, sistema la faccenda, e tutto ciò non sarà che un incubo dal quale ti sveglierai domani »
Riattaccò.
Hilda non sapeva come sentirsi, una tempesta interiore di emozioni albergava il suo animo. Arrabbiata, stanca, incapace, non riusciva a formulare alcun pensiero positivo, le parole dell’uomo rimbombavano nella sua testa e le offuscavano la capacità di ragionare. Cosa doveva fare? Non ne era sicura, non credeva di esser in grado di sostenere una situazione del genere. Come avrebbe potuto, d’altronde.
Si rialzò e si incamminò lentamente verso l’hotel. Se si concentrava, poteva mettere a fuoco determinati oggetti che le si ponevano davanti, così decise di recarsi in un supermercato nei pressi dell’albergo e di comprare una bottiglia di vino. Non diede bada a spese, le interessava che sembrasse autorevole.
Uscì poco dopo, dirigendosi verso l meta principale. Il concierge era cambiato, questo le avrebbe facilitato le cose. Con nonchalance percorse la hall, dopodiché fu la volta delle scale e in poco tempo, seppur con fatica, era riuscita trovare la camera di Bianca. Il pacchetto era lì, dove l’aveva lasciato, nessuno pareva averlo toccato.
Si trascinò verso la porta, raccolse la polvere e aprì il sacchetto in nylon, ma dove metterlo? In suo aiuto venne un vassoio atto al servizio in camera che qualcuno pareva aver abbandonato in quel piano: stappò la bottiglia di vino, verso parte del liquido in un calice e mise parte della polvere nel bicchiere, versandone il resto nella bottiglia.
Non ebbe neanche la concezione di ciò che stava facendo, i gesti scorrevano confusi come i pensieri nella sua mente, non era affatto lucida e faticava a controllare i movimenti del suo corpo. Le sue mani tremavano come si accingeva a spingere il carrello verso la porta di Bianca ed a battere le nocche sulla porta, nella speranza che la sua attenzione venne richiamata; prima ancora che l’amica potesse andare ad aprire, Hilda era già corsa giù, uscendo dall’albergo.
Aveva percorso pochi passi fuori dal palazzo che la sua gamba destra cedette, e si accasciò per terra, aggrappandosi ad un lampione. I sintomi si facevano sentire, proprio come Zinzolin aveva predetto.
Portò la mano alla borsa, e cercò fra i contatti il numero dell’unica persona che si sentiva di chiamare in quel momento.
« Pronto… Natalie… » la voce spezzata, le lacrime che le rigavano il volto « ho tanto… tanto bisogno di aiuto… »
Calava così la notte su Castelia, il freddo si apprestava a pervadere le strade ed il buio a gettare nello sconforto e nella paura i palazzi della città. Finiva così, parallelamente, la sera per Hilda, nella completa assenza delle facoltà cognitive, travolta dagli eventi e da una situazione della quale pensava di poter far da padrona. Ma ne sarebbe stata capace?



But now she sleeps with one eye open
That's the price she paid

herr

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