I
Qualcosa di familiare
Qualcosa di familiare
«Di che parli?» chiese Sapphire, allertata.
«Non so per quanto ancora avremo copertura, dovete venire qui a Sinnoh» Platinum, dall’altra parte, sembrava ansimare. «Sta nevicando!» esclamò.
«Che cosa?» fece lei, non potendo credere alle proprie orecchie.
«Sta nevicando, sta nevicando ovunque, c’è una bufera in tutta la regione!»
Sapphire cercò di convincersi di essere sveglia. Era il due luglio, l’inizio dell’estate, quella mattina aveva indossato un top leggero e degli shorts, poiché la temperatura si aggirava attorno ai trentacinque gradi a Hoenn. Pochi istanti prima il cielo si era rannuvolato di colpo, il caldo era scomparso e il clima era all’improvviso diventato autunnale. Poi la chiamata di Platinum, secondo la quale a Sinnoh stava addirittura nevicando.
«Dici sul serio? Sai cosa sta succedendo?» chiese la Dexholder.
«No, è cominciato tutto all’improvviso, non può essere casuale, ho bisogno di voi» ripeté l’altra.
«Va bene...» Sapphire metabolizzò gli avvenimenti. «Saremo a Sinnoh prima possibile» e riagganciò.
«Che succede?» chiese Ruby, lì accanto.
«A Sinnoh c’è una bufera di neve» spiegò Sapphire.
Il ragazzo sembrò cercare di credere a quell’affermazione.
«Devo passare a casa, dobbiamo fare i bagagli, ci servono dei vestiti pesanti» stabilì Sapphire.
Gold, Green e Blue erano in ospedale. Non sapevano neanche loro cosa stessero aspettando: avevano ricevuto da Kalut la proposta di unirsi alla Resistenza, un gruppo segreto di persone il cui obbiettivo era quello di rovesciare la Faces e sradicarla. Tutti e tre erano disposti ad accettare, più per vendicare Silver, Crystal e Emerald, che per altro. Si erano ormai abituati ad affrontare nemici pericolosi, lo facevano da una vita e probabilmente lo avrebbero fatto fino alla morte. Eppure, quella volta sembrava tutto diverso. Un loro amico era morto davanti ai loro occhi, e non solo. Ciò che era accaduto attorno a loro li aveva completamente destabilizzati. Stavano immobilizzati in quella sala d’attesa, forse sperando che Silver si svegliasse dal coma tramite un miracolo o che Crystal scendesse dal suo letto su tutte e due le gambe.
Poi c’era Yellow, ricomparsa nelle ultime ore dopo esser andata via misteriosamente assieme a Red. La ragazza era stata aggiornata su tutto: Faces, Vivalet, Kalut. Non aveva mostrato grande stupore, sembrava quasi che fosse già a conoscenza di tutto.
Un numero immenso di persone erano entrate in quell’ospedale, sotto il controllo e la guida degli infermieri per ringraziare di persona coloro che avevano salvato un loro parente o che ci avevano anche solo provato. Avevano imparato a riconoscerli in anticipo: quelli che avevano perso qualcuno li fissavano con i loro occhi vuoti e scavati, la matura gratitudine nel loro sguardo era involontariamente nascosta dalla rassegnazione. I più scenografici, avevano persino portato fiori e doni di ogni genere per i due Dexholder che erano rimasti coinvolti nell’incidente. Fuori dalle stanze dei due, erano stati accatastati nastri e composizioni floreali colorate.
Ad un certo punto, Green sentì suonare il Cellulare. Era una chiamata da parte di Sapphire. Rispose immediatamente.
«Sì?»
«Sono io, papà».
Il professor Birch aprì la porta repentinamente. Abbracciò subito sua figlia, avevano parlato al telefono dopo gli avvenimenti di Porto Alghepoli, ma rivederla di persona dopo averla lasciata a rischiare la vita, era tutta un’altra cosa.
«Sono felice che tu stia bene» le disse. Poi, l’espressione dell’uomo mutò di colpo, quando questi vide chi aveva accompagnato Sapphire a casa. «Ruby» mormorò vacuamente, senza sapere come reagire.
«Salve, professore...» rispose lui al saluto.
«Ragazzo, è da una vita che non ci vediamo» fece l’uomo con debole stupore.
I due ragazzi furono accolti in casa, Sapphire notò l’imbarazzo che si era creato tra suo padre e Ruby e cercò di rompere il silenzio. Il Dexholder era evidentemente a disagio, rimase in piedi tra il salotto e la cucina, rigido, con le mani in tasca.
«Le temperature sono scese improvvisamente, eh?» fece Birch a sua figlia.
«A Sinnoh nevica».
L’uomo rimase interdetto.
«E anche forte, stiamo per andare là, sta succedendo qualcosa e probabilmente sta succedendo a Sinnoh» spiegò la figlia.
«Ok, prendi quello che ti serve, allora» la esortò.
Sapphire corse su per le scale, verso la propria camera. Cercò di ignorare l’espressione contrita di suo padre, che cercava di nascondere coraggiosamente la paura di perdere sua figlia, la quale aveva corso pericoli mortali per tutta la settimana precedente. Rimasero solo il professore e Ruby, in un imbarazzante silenzio. I due cercavano di decifrarsi a vicenda.
A Birch era stata frettolosamente spiegata dalla figlia la situazione di Ruby con la Faces, il ricatto e l’insieme di eventi che lo avevano spinto a intraprendere quel cammino. Tuttavia, la comprensione di Sapphire non era stata sufficiente a fargli cambiare idea: Ruby era cambiato, quel ragazzo era diventato un Dexholder ed era entrato nella sua vita come una giovane promessa. Lo aveva accolto a casa sua in veste di amico di sua figlia per poi vederlo diventare sempre più importante per lei. Sulle ultime, aveva più volte avuto paura di lasciar loro casa libera, come qualsiasi padre che vede crescere la propria bambina in un batter d’occhio. Era diventata grande in fretta, troppo in fretta. Poi, un giorno, tutto iniziò a mutare rapidamente. Notava che i due cominciarono ad uscire sempre meno, Ruby non si vedeva più nei paraggi e Sapphire iniziava a restare chiusa da sola in camera sua sempre più tempo. Non era mai stato un padre invadente: lo stesso numero di sguardi che era stato sufficiente per fargli individuare l’inizio di una relazione era poi bastato per individuarne la fine. Poco tempo dopo, quel ragazzo era divenuto Campione di Hoenn e la sua faccia aveva iniziato a comparire su ogni rivista e canale televisivo. Contemporaneamente, la sua Sapphire aveva deciso di andare a conquistare le medaglie di ogni regione e divenne evidente che, più tempo riusciva a stare lontana da Hoenn, meglio stava. Il sentimento di paternità lo aveva portato a detestare il ragazzo che aveva spezzato il cuore di sua figlia e che era sparito ignorando tutti i suoi vecchi amici, mentre il gruppo dei Dexholder di Hoenn, Johto e Kanto aveva iniziato a stringere un legame sempre più forte.
«Com’è la vita da Campione della Lega?» chiese il professore, evitando argomenti legati agli ultimi giorni, poiché avrebbero toccato anche Sapphire.
Ruby sembrò stupito ma sollevato dalla domanda «Oh, è strano, anche dopo un anno e mezzo...» rispose.
«Un anno e mezzo, già... è un lungo periodo» mormorò Birch, non potendo evitare un velo di cattiveria.
«Non ci si abitua mai» ribatté Ruby, senza entusiasmo.
A quel punto nessuno dei due sapeva se stessero parlando della sua carica di Campione o del tempo che Sapphire aveva passato lontana da lui.
«Lino, invece, come se la passa?» chiese il professore.
«Lui, beh... sta bene, è felice di essere diventato il successore di papà, ma è triste per il fatto che se ne sia andato» Ruby esitò per un istante prima di pronunciare quelle parole.
«Manca molto anche a te?» lo sguardo di Birch si era fatto più comprensivo. L’argomento dei genitori di Ruby lo aveva toccato sul vivo, essendo più vicino alla propria sensibilità. D’altronde, anche Sapphire aveva perso sua madre moltissimi anni prima, tale tratto comune gli permetteva di mostrare un po’ più di pietà nei confronti del ragazzo.
Ruby sorrise amaramente. «Di nuovo, non ci si abitua mai» per una volta ricambiò il suo sguardo, dopo aver fissato le piastrelle dal primo momento in cui era entrato in quella casa.
«Senti» cominciò Birch dopo una breve pausa «so che gli ultimi due anni sono stati... particolari» utilizzò un eufemismo «ma io ti ho conosciuto molto bene e so che non sei una cattiva persona».
«Grazie» fece Ruby.
«Tuttavia ormai sei un adulto e hai delle responsabilità» proseguì «sii sempre onesto con gli altri, prendi sul serio la tua carica. E soprattutto, non azzardarti a far soffrire Sapphire, non una seconda volta» gli intimò in tono quasi minaccioso.
Sapphire era appena uscita dalla sua camera con in spalla la valigia pronta, era arrivata giusto in tempo per sentire la parte finale della conversazione. Ferma sul primo gradino, ascoltava senza essere vista e osservava suo padre, seduto e con le mani unite davanti al volto, nei suoi occhi leggeva la determinazione e il conflitto, poco distante c’era Ruby, a braccia conserte e testa china, immobile in mezzo alla stanza.
«Proteggila a qualsiasi costo» concluse il professor Birch.
La ragazza si rese conto della situazione assurda, in televisione e nella vita delle persone normali, i genitori si raccomandano a proposito di velleità come l’orario di rientro e le effusioni di affetto troppo spinte. Lei aveva appena sentito suo padre chiedere a Ruby di prendersi le sue responsabilità in quanto uomo più potente della regione e di difendere sua figlia davanti a qualsiasi pericolo mortale.
Ruby annuiva sommessamente.
«Pa’, dove sono i doposcì?» chiese a voce alta dal piano di sopra, soltanto per spezzare quella tensione che si era creata tra i due interlocutori.
«Nella cabina armadio, ricordi?» rispose Birch.
«Sì, adesso sì. Grazie».
Ruby sembrò apprezzare quella pausa concessa. Riuscì a rilassarsi per qualche istante. Poi Sapphire tornò al pianterreno. Aveva indossato un maglione bordeaux e dei pantaloni neri, calzava un paio di Dr. Martens e portava in una mano una grossa valigia e nell’altra un cappotto lungo.
«Ho preso tutto, andiamo» fece.
Ruby entrò in modalità gentleman e le tolse di mano la valigia, perché potesse portarla lui.
«Io aspetto fuori» disse, immaginando che Birch volesse rimanere solo con la figlia per salutarla. E così uscì fuori, senza avvertire lo sbalzo di temperatura tra l’esterno e l’interno, a causa degli effetti delle gemme sul suo corpo.
Sapphire rimase sulla porta di casa, il professore la abbracciò e lei lo strinse ricambiando il suo affetto.
«So che sarebbe impossibile convincerti a restare» disse lui, cupamente.
«Ce la faremo, papà» cercò di rassicurarlo lei.
«Sei stata forte, piccola. Ora dovrai esserlo ancora di più» non voleva lasciarla, aveva come l’idea che se l’avesse fatta sfuggire dalle sue braccia, sua figlia se ne sarebbe andata per sempre.
Ruby fu raggiunto da Sapphire sul vialetto di casa. Birch salutava entrambi dall’uscio, comunicava con lo sguardo col ragazzo dagli occhi di brace, intimandogli di tenere a mente le sue parole. Il professore li vide prendere il volo su Latios e Latias, avviandosi fianco a fianco verso l’ospedale, dove si sarebbero riuniti con i loro amici.
«Pensi che gli altri verranno con noi?» chiese il ragazzo.
«Non lo so, suppongo che prima vorranno tornare anche loro a prendere dei bagagli un po’ più pesanti» rispose Sapphire.
Il suono del vento sferzante e dell’aria che stavano cavalcando ad alta velocità li obbligava a gridare forte per sentirsi a vicenda. Ruby si rese conto di starsi voltando a guardarla troppe volte: il freddo aveva colorato il suo volto di un debole rossore nell’area del naso e degli zigomi, cosa che trovava tenerissima. Il bellissimo panorama che si stagliava sotto di loro sembrava slacciato dal mondo reale. Sicuramente, tutta Hoenn, già scossa per gli avvenimenti di quella notte, stava entrando nel panico per l’improvviso cambiamento delle temperature; eppure, dal loro punto di vista, la loro regione appariva calma, incorruttibile e immobile nel tempo.
«Prima mi ha contattato Lino, ci aspetterà a Iridopoli» annunciò Ruby ad un certo punto.
«Mi fa piacere, non ci scambio due parole da un bel po’» lei e quel ragazzo non avevano mai avuto lo stesso rapporto di amicizia che univa Lino con Ruby. Oltretutto, dopo la sua elezione a Capopalestra di Petalipoli, avevano perso sempre più i contatti.
Dopo poco tempo, sorvolati Albanova, Ciclamipoli e il Monte Pira, cominciarono a scorgere in lontananza la cittadina di Porto Alghepoli, con la sua forma a terrazze e le sue spiagge panoramiche. Nella zona dove sorgeva il palazzo della Faces, aleggiava ancora una debole cappa di polveri. Le macerie di cemento e lamiere erano visibili da molto lontano, le squadre stavano già agendo con i mezzi per liberare quell’area e ripulirla dai resti divelti della torre demolita.
Pochi minuti dopo, atterrarono di fronte all’ospedale. Ritrovarono gli altri nella stessa sala in cui li avevano lasciati. L’aria della squadra era tetra e cupa, ognuno affrontava l’inquietudine a modo suo: Yellow se ne stava in disparte, Gold camminava senza pace tra i corridoi, evitando persino di lanciare occhiate alle infermiere, Blue e Green parlottavano tra loro, sembravano discutere di faccende private.
Il gruppo si riunì, Ruby e Sapphire chiesero di eventuali novità a proposito di Silver e Crystal, ma non ebbe responsi.
«Secondo voi che cosa sta accadendo?» domandò Blue, spostando il discorso sul clima.
«Potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con Rayquaza?» tentò Green.
«Ne dubito, è successo troppo in ritardo e, inoltre, perché la morte di Rayquaza dovrebbe giustificare un raffreddamento generale dell’aria?» rispose Ruby.
«Siamo soltanto sicuri che il centro focale di questi avvenimenti sia Sinnoh, ho visto il tg ed è lì che le condizioni sembrano più estreme: lì è diventato di colpo inverno, a Kanto e Johto, che sono le regioni più vicine, la temperatura è scesa di oltre venti gradi e qui, lo abbiamo visto, di poco meno» specificò il Capopalestra di Smeraldopoli «inoltre...» lasciò la parola a Gold.
«Sono stato contattato di nuovo da Aurora, che ci chiede di raggiungere lei e altri membri della Resistenza a Evopoli» asserì Gold «andiamo immediatamente».
«Io e Ruby prenderemo il suo aereo privato a Iridopoli, potete venire anche voi» propose Sapphire.
«Io ho bisogno di fare i bagagli, intendo tornare prima a Kanto» rispose Blue.
«E io vado con lei» si aggiunse Green.
«Comprerò quello di cui ho bisogno prima di partire, vengo con voi, non voglio perdere tempo» sostenne invece Gold. Il ragazzo non si era mai fatto scrupoli a proposito delle spese per il guardaroba.
«Yellow?» chiese Sapphire.
Tutto il gruppo si voltò verso la biondina. L’indecisione le si leggeva negli occhi.
«Credo che, per ora, io resterò con Crystal e Silver» affermò, insicura.
Il resto del gruppo comprese lentamente: mentre i suoi amici rischiavano la vita lei era scomparsa assieme a Red senza far parola con nessuno. Si sentiva in colpa per non essere stata al loro fianco.
«Abbiamo bisogno di un piano d’azione» propose Blue, cambiando argomento.
«Dopo Evopoli, voglio trovare Platinum» ribatté Sapphire, che era ormai divenuta l’anello di congiunzione tra i suoi amici e la Dexholder di Sinnoh.
«E’ tutto bellissimo, ma possiamo iniziare ad andare» ripeté Gold, impaziente.
Tutti erano d’accordo.
«Prima, però, vorrei provare a parlare con Crystal» annunciò Sapphire.
Dopo aver chiesto il permesso ai medici, ottenne il lasciapassare per visitare di nuovo la stanza della sua amica. Entrò sola, incontrando lo sguardo scavato della ragazza di Johto da dietro il vassoio del pranzo, che non era stato nemmeno toccato, ovviamente. La Catcher era ancora attaccata alla flebo, probabilmente di antidolorifici, con la mano destra stringeva il lenzuolo nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la sua gamba. Non emetteva alcun suono, non sembrava nemmeno in grado di respirare.
«Ehi...» mormorò Sapphire, non avvicinandosi troppo a lei, come per evitare di provocarla.
Crystal non rispose, si limitò ad incrociare il suo sguardo.
«Noi stiamo partendo per Sinnoh, sta succedendo qualcosa...» tentò di rompere il ghiaccio, anche se quelle erano informazioni ovvie, l’amica aveva sicuramente seguito gli avvenimenti tramite la televisione che aveva in camera. «Ci dispiace per tutto, Crys» le veniva quasi da piangere.
L’amica taceva ancora, stringendo sempre più quel nodo che Sapphire avvertiva attorno allo stomaco.
«Mi dispiace per averti fatto stare male...» tentò ancora.
A quel punto, Crystal si mosse. Alzò la schiena, sollevandosi appena e allungò le mani verso la sua borsa che giaceva su una sedia nei pressi del letto.
«Attenta, non sforzarti troppo» era intervenuta Sapphire.
Ma quella non aveva dato segni di debolezza: aprì la borsa, cercò attentamente all’interno e ne estrasse il proprio Pokédex. Lo osservò per un breve istante, poi lo poggiò sul comodino, il più lontano possibile da se stessa.
«A me non serve più» sussurrò con voce spenta.
Sapphire rimase basita. Non seppe più come muoversi né cosa fare.
Il gruppo la vide uscire da quella stanza poco dopo. Aveva in mano qualcosa che riconobbero subito: era il Pokédex di Crystal. La ragazza spiegò brevemente gli avvenimenti. Il messaggio era chiaro: la ragazza aveva mollato.
Nel primo pomeriggio, i due lembi del gruppo si erano già separati: Blue e Green si erano avviati verso Ciclamipoli per prendere l’aereo che li avrebbe condotti a Kanto, Gold, Ruby e Sapphire erano invece in volo verso Iridopoli. Gold aveva comprato una giacca pesante e una sciarpa in un negozio di Porto Alghepoli per affrontare il lungo volo in altitudine senza uscirne con una polmonite. Quando avvistarono in lontananza l’arcobaleno creato dalla grande cascata stagliata di fronte all’entrata della Via Vittoria, si prepararono all’atterraggio. Scesero sulle mattonelle del viale, di fronte alla sede della Lega. Di fronte a loro si ergeva il sontuoso palazzo rosso e arancione costruito vari anni prima dai suoi fondatori. Lì davanti, in un cappotto bianco col bavero alto e con dei grossi scarponi ai piedi, c’era Lino.
Il Capopalestra di Petalipoli andò incontro a Ruby, abbracciandolo fraternamente con un braccio solo. In seguito salutò con maggiore educazione Gold e soprattutto Sapphire.
«Siete stati provvidenziali» li elogiò. «Mi dispiace per Silver e Crystal... ho saputo» disse cupamente.
Gold non ribatteva, Sapphire lo scrutava con occhi indagatori. Aveva conosciuto Lino quando era ancora un ragazzino pieno di insicurezze e paure, quello che aveva davanti in quel momento era un Allenatore più maturo e disilluso. Sembrava che le sue mille incertezze fossero state rimpiazzate dalle deprimenti conclusioni a cui giunge chi diventa adulto troppo presto. Non aveva mai notato come la sua personalità era mutata: la morte del suo mentore, Norman, il piano della Faces che aveva coinvolto Ruby e infine gli avvenimenti di Vivalet dovevano averlo trasformato dal profondo. Non aveva mai visto i suoi occhi così spenti e il suo sorriso così forzato.
«Come stai?» gli chiese quasi involontariamente, lasciando che uno dei suoi pensieri sfuggisse al suo controllo, fluendo all’esterno.
Lui sembrò stupito positivamente dalla domanda e attese qualche istante prima di rispondere: «Ho avuto giorni migliori» rassegnato e sincero, senza alcuna formula emolliente.
«Dobbiamo capire cosa sta succedendo ora a Sinnoh» spiegò Ruby.
«Doveste avere bisogno di aiuto...» suggerì.
«Grazie ma... ti preferisco qui a Hoenn. Tienila al sicuro, ok?» Ruby sembrava avere forte fiducia nel suo amico. Dopotutto, era anche quel ragazzo parte del retaggio che suo padre aveva lasciato dopo la morte.
«Stanne certo» non c’era entusiasmo in quella sua risposta.
«Comunque, cosa dovevi dirmi di importante?» cercò di sintetizzare Ruby.
Lino annuì, ripensando a ciò che contava davvero, in quel momento «Ho ricevuto un messaggio da lei» fece un’allusione che Ruby doveva evidentemente cogliore.
«E?» chiese Ruby.
«Ha trovato quello che cercava» gli porse un foglio piegato più volte su se stesso che Ruby infilò prontamente in tasca, senza neanche leggerlo.
Il loro linguaggio criptico disturbò non poco Gold e Sapphire, che però non potevano pretendere spiegazioni, essendo loro gli ospiti.
«Va bene, dille che potrà ricominciare a contattare direttamente me, adesso» Ruby sembrava soddisfatto. «Non preoccuparti, ti terrò comunque aggiornato» lo rassicurò.
«Ok, allora ci vediamo la prossima volta» Lino volle congedarsi.
I due si salutarono una seconda volta, il ragazzo dai capelli verdi si spostò per lasciarli passare.
«Ciao, Sapphire» le disse, vedendola allontanarsi, con grande stupore della ragazza.
Lino rimase così indietro, mentre loro entravano nel palazzo della Lega. Ruby li guidò all’interno degli appartamenti, i quali erano vuoti, dato che i Superquattro si trovavano nelle loro residenze private e non dormivano nelle sistemazioni fornite sul luogo di lavoro. I tre raggiunsero in fine la residenza di Ruby, che pure aveva una villa personale a Verdeazzupoli, ma aveva sostenuto di poter attingere a tutto il necessario per partire alla volta Sinnoh dall’appartamento a Iridopoli. Si cambiò in fretta, indossando vestiti pesanti che servivano solo per entrare nel mood della situazione, considerando che il suo corpo non percepiva più le temperature. Sapphire e Gold erano appena fuori dalla porta, quando lui tolse la maglia. Con una smorfia di disgusto, posarono gli occhi sulle linee scavate nel suo corpo. Le gemme avevano impresso dei complicati disegni rossi e blu sull’epidermide del giovane, creando complicati tatuaggi bicromatici aventi origine dal suo petto ed estesi fino alle spalle e all’addome. Sulla schiena, inoltre, Ruby mostrava delle evidenti ferite cicatrizzate sulla schiena, sulle braccia e sui fianchi, alcune rimediate dopo uno spiacevole incontro con una Sapphire incazzata e altre causate dal violento testa a testa avuto con Zero. Queste erano state cauterizzate all’istante, come se il suo corpo si fosse rigenerato: era un altro degli effetti delle sfere, purtroppo i segni erano rimasti, e più che evidenti.
«Non lo fai più il modello di intimo, con quelle» commentò Gold.
Sia Sapphire che Ruby rimasero stupiti dal suo intervento. Era sarcasmo, per quanto scialbo, ma aveva spezzato la freddezza con cui gli altri Dexholder avevano trattato il ragazzo da quando avevano ricominciato a parlare.
Ruby finì di vestirsi e si accinse a preparare la valigia «rovinano la mia immagine, in effetti» rispose, l’esteta.
Due minuti dopo uscirono di lì, alla fine Ruby aveva preparato un secondo bagaglio pure per Gold, prestandogli qualche panno che avrebbe potuto tornare utile a Sinnoh. Giunsero sulla pista di atterraggio retrostante alla Lega. Gli addetti alla sua gestione erano relativamente pochi, ma avevano richiesto l’allerta di Ruby almeno qualche ora prima dell’orario di partenza. Sia Gold che Sapphire rimasero lievemente stupiti di fronte all’immagine del jet privato del Campione, che peraltro era stato risistemato poco prima del torneo di Vivalet. Aveva una aerodinamica linea sottile, una cromatura nera con particolari rossi e la scritta in stile minimale Lega Pokémon di Hoenn sulla fiancata. Salirono sulle scalette ed entrarono, rimanendo basiti alla vista di quei raffinatissimi ambienti: sedili in pelle e moquette, ripiani in legno e persino qualche particolare in marmo. In una zona più ombreggiata e colorata della sezione centrale, c’era persino quello che sembrava un palo da pole dance.
Gold rise osservando lo spettacolo che era quel velivolo «si aspettava che ci facessi divertire durante il viaggio, con quello» commentò sottovoce a Sapphire.
Questa arrossì per pudore e gli diede una gomitata, sorridendo però alla battuta.
Ruby fece salire a bordo i due, che si sistemarono immediatamente sulle poltroncine nere a vicino ai secchi col ghiaccio «mettetevi comodi» suggerì «abbiamo parecchia strada da fare prima di arrivare a Sinnoh».
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