Johikari222 in: The Orphan and The Lady
"L’amore fraterno è il più durevole; assomiglia a una pietra preziosa che resiste ai più duri metalli e il cui valore si accresce con gli anni".
[Hector Carbonneau]
Emerald aveva sempre odiato dipendere dagli altri, in modo assoluto.
Spesso gli era capitato di rifiutare l'aiuto delle persone, anche nelle piccole
cose, infatti era cresciuto da solo, con le lacrime che in inverno si
congelavano e sparivano, sospinte via dal vento.
Detestava, in particolare, essere affetto da nanismo, era convinto di
non potere fare molte cose che nella normalità di tutti i giorni le persone
fanno. Si sentiva limitato, in un certo senso e, per uno come lui che
desiderava sfidare anche il mondo stesso, non andava bene.
E non voleva chiedere aiuto ai Pokémon, non più. Perché ci aveva
sofferto, quella volta; la sua infanzia dopotutto non era stata affatto
memorabile, anzi avrebbe voluto rimuovere molti episodi, ma non ci riusciva.
Tornavano, risalivano al cervello e poi cadevano con un tonfo nello stomaco,
come un irritazione, o un virus intestinale.
Essenzialmente, Emerald definiva quegli anni i peggiori della sua vita,
tralasciando qualche minuzioso dettaglio.
O forse il dettaglio era enorme. Dipende dai punti di vista.
Nel corso della sua infanzia aveva trovato, per la prima volta, un umano
degno di essere guardato negli occhi. Emerald già durante l'età infantile aveva
una visione distorta del mondo, ed era certo che nessuno sarebbe riuscito a
conquistare la sua fiducia. Ma ci era riuscita lei, una ragazzina dai modi
delicati e gentili. Crystal, che viveva per gli altri, era un esempio da
seguire, per Emerald. Una giovane che aveva poca cura di sé e faceva tanto, per
lui e per gli altri orfanelli.
C'era stima nel loro rapporto.
Era stata una guida, per lui, e aveva vegliato su di lui come una
sorella. C’era sempre stata.
Eppure era un po' relativa la questione: oggettivamente Crystal aveva sempre fatto il possibile per essere la sua famiglia, ma lui non era mai riuscito a comprenderlo fino in fondo.
Eppure era un po' relativa la questione: oggettivamente Crystal aveva sempre fatto il possibile per essere la sua famiglia, ma lui non era mai riuscito a comprenderlo fino in fondo.
Emerald ormai era cresciuto, bazzicando fra Johto e Hoenn senza un fine
preciso. Andava dove voleva e spesso aiutava Crystal nelle sue ricerche, o
passava del tempo con Gold che con gli anni aveva imparato a sopportare,
ironicamente.
Crystal amava definire Gold una sventura per tutte le persone che
avevano il piacere (o il dispiacere) di fare la sua conoscenza. Bisognava
sopportarlo, nelle sue cazzate.
Quella mattina di Dicembre, Emerald si trovava a Johto davanti la casa
di quello dagli occhi d’oro, che teneva una brioche in mano, addentandola
voracemente. Dovevano raggiungere Crys in laboratorio per darle una mano.
O meglio, Emerald voleva farlo e quindi aveva in un qualche modo
convinto Gold a seguirlo. Sarebbero poi passati all'orfanotrofio, dove ad
aspettarli c’era una testa rossa.
Era prevedibile che Silver aiutasse Crystal, c'era intesa, fra i due.
Gold spesso e volentieri si lasciava sfuggire commenti un po' cattivi
riguardo la loro relazione, ma li trovava diabetici. Comprensibile per uno che
non sapeva cosa fossero i rapporti sentimentali.
"Quindi, andiamo sì o sì?" chiese Rald saltellando davanti gli
occhi di Gold, che stava guardando sul cellulare un video di gatti che
parlavano.
"Uff… sì…" rispose, dopo aver cambiato lo sfondo del cellulare
con una foto di Jasmine. Quell’azione era così tipicamente da Gold, pensò l’altro,
che nemmeno si sorprendeva più;
delle volte si ritrovavano a parlare del più e del meno, e non riusciva
a comprendere certi fetish dell'altro.
Il seno prosperoso o le calze nere, erano solo alcuni esempi.
Emerald era sicuro di non essersi mai innamorato, di aver amato, o
semplicemente di aver mai pensato a qualcuno da tenere per mano. Normalmente,
quelle questioni gli davano solo noia; non pensava al futuro, non si voleva
immaginare e basta.
Crystal in quel momento era concentrata su dei moduli da compilare.
Aveva davanti una pila di fogli che sembrava non terminare più. Faceva anche un
po' freddo nel laboratorio, ma pareva quasi non sentirlo. Certo, Dicembre era
ormai iniziato e il periodo natalizio la rallegrava sempre di più, ma ad un
passo dalle ferie si doveva accelerare il lavoro, rendendolo sempre più
pesante.
Era stressata, in quel periodo. Avrebbe desiderato solo di passare da
Silver e magari fiondarsi nelle sue braccia, o semplicemente passare del tempo
assieme ad Emerald. Quel ragazzo dai capelli a brioche che ormai per lei era
come un fratello minore, le mancava. Lo vedeva solamente durante il lavoro e le
dispiaceva, in fondo. Era sempre più distante e faticava a ricordare un momento
recente in cui il loro rapporto ricordasse qualcosa che fosse simile ad una
famiglia. Forse perché, per l'appunto, si trascuravano.
Magari, quella sera, avrebbe potuto trovare il tempo per andare in
qualche ristorante, a mangiare tutti insieme. Magari uno dove Gold non aveva
fatto casino.
Sorrise, mentre scriveva.
Poi la porta del laboratorio si spalancò, lasciando intravedere i due
ragazzi a cui Crystal aveva pensato giusto poco prima.
"Ehilà Chris!" disse a gran voce Gold, rompendo il silenzio
che governava intorno alla ragazza dai capelli corvini.
"Non fare briciole con quella brioche, microcefalo" gli
rispose, sorridendo.
Poi posò i suoi occhi azzurri, rilassati e palesemente stanchi, viste le
occhiaie sempre più evidenti, sul più giovane. Quello ne trasse una calda
sensazione di appartenenza. Dove c’era Crys c’era la sua famiglia. Anche se
magari non se lo ricordava più, il suo corpo era abituato a quelle sensazioni
che ormai parevano scontate.
A Crystal bastava solo uno sguardo per riscaldare le persone, e la sua
maschera da giovane donna seria e diligente cadeva e si sgretolava, e calmava
ogni animo stressato, o addolciva le situazioni come meglio sapeva fare.
"Come stai, Rald? Non ti vedevo da un po'…" disse, poggiando
la penna sulla superficie di legno.
"Bene. Tu invece non sembri riposarti da giorni" fece lui,
sedendosi davanti a lei.
"Il lavoro è tanto" sentenziò sospirando "… e il
Professor Elm sta poco bene, per cui…" il suo sguardo vagò, guardando
ancora le varie cartelle che le erano rimaste.
Il ragazzino ne prese alcune e la aiutò, azione abbastanza automatica.
Crystal lo ringraziò stirando le labbra in un timido sorriso.
"Era da tanto che non entravo qua" mormorò Gold, mentre i
ricordi collegati a quel laboratorio lo assalivano.
Ne avevano passate tante, e adesso, erano rimaste solo le ceneri; il
moro non si sentiva per nulla cambiato o maturo, ed effettivamente l'unico
cambiamento era la barba ispida sul mento; Crystal invece era sempre stata
seria, diligente, e Silver... Gold molte volte si era trattenuto dal prenderlo
a pugni. Era il suo migliore amico, ma era anche un pezzo di merda. Non lo
capiva, era sempre così dannatamente irraggiungibile, e faceva dannare il
mondo.
Come una donna, già.
Nel complesso erano sempre loro, quei tre ragazzi che si battevano per
la propria regione, percorrendo un filo sottile sopra un burrone, a tanto così
dal cadere e perdersi nel nulla, senza mai essersi persi per davvero.
"In effetti non vieni mai. Come mai oggi ci concedi questo
onore?" lo stuzzicò la giovane, ridendo.
"Ero con Rald, per cui ho fatto un salto qui".
"Giusto, immaginavo" disse, poi si rimise al lavoro,
conversando del più e del meno con gli altri due.
"Pare quasi passata una vita e mezza, ma i libri sono sempre nell'esatto identico posto di tanti anni fa, la polvere non aumenta e non diminuisce mai, il colore delle pareti è sempre lo stesso e la puzza di vecchio è ovunque" continuò quello, ottenendo un espressione di rimprovero mista a una divertita da parte di Chris.
"Pare quasi passata una vita e mezza, ma i libri sono sempre nell'esatto identico posto di tanti anni fa, la polvere non aumenta e non diminuisce mai, il colore delle pareti è sempre lo stesso e la puzza di vecchio è ovunque" continuò quello, ottenendo un espressione di rimprovero mista a una divertita da parte di Chris.
Erano uscite varie discussioni nel mentre, dalle imprese di Gold il
magnifico a quanto a volte fosse veramente pesante il professor Elm, fino a
parlare di Sapphire che, con il tempo, aveva costruito un rapporto di amicizia
con Crystal. Dopo essere stati a Hoenn erano cambiate molte cose.
"Ah, a quanto pare è pure lei a fare ricerche per Birch, ma
probabilmente si fermerà per un po' di giorni. Passerà tutto il tempo con
Ruby" disse il biondo, spostandosi i capelli dal viso, dato che ormai li
portava sempre sciolti. Forse li avrebbe tagliati.
Solitamente preferiva tenersi lontano da Ruby e Sapphire, si sentiva una
sorta di terzo incomodo quando stava assieme a loro due, nonostante negassero
sempre di flirtare in continuazione.
A Emerald non piacevano le coppie. Non gli erano mai piaciute.
Era cresciuto senza amore e, tutt'ora, si sentiva estraneo al mondo
stesso.
Gettando un sospiro di sollievo, Crystal si appoggiò allo schienale
della sedia.
"Finalmente abbiamo finito" disse, guardando con la coda
dell'occhio Gold che posava le cartelle.
Non aveva fatto un cazzo alla fine, aveva preferito girarsi i pollici e
basta. Ma se lo aspettava, e in fondo non gli aveva mai chiesto niente.
"Adesso andiamo da testa rossa?" fece quest'ultimo, ghignando.
"Silver..." rispose Crystal, guardandolo male.
"Quello dal sesso indefinito, sì".
Silver detestava uscire di casa durante l'inverno. L'idea iniziale era
quella di starsene chiuso coi riscaldamenti accesi e le repliche di Pro Team
Omega in televisione, dormire e, possibilmente, ordinare una pizza la sera.
Eppure se c'era una persona capace di fargli cambiare i programmi,
quella era Crystal.
Chiaramente, come al solito lei non aveva chiesto niente, ma gli era
bastato guardarla per capire che un minimo di sostegno le servisse.
Infatti era lì, alle prese con due bambini che litigavano.
Silver, come Emerald, era cresciuto senza una figura che lo avrebbe
aiutato a non deragliare dai giusti binari. Ciò nonostante il fulvo credeva nel
cambiamento, e si arrangiava come meglio poteva. La sua vita era stata per
molto tempo un continuo dirupo e a lui pareva non finire mai. Soltanto il tempo
era riuscito a cucire i profondi tagli del suo passato, e a farlo andare
avanti.
Era questo che mancava al Dexholder di Hoenn: la capacità di trovare la
retta via anche quando essa non esisteva.
In ogni caso Silver, per quanto fosse il più delle volte diffidente e
distante, aveva una capacità incredibile di approccio con i bambini. Si era
trovato immerso, dopo un secondo, di domande infantili che tuttavia lo facevano
sorridere. Era seduto a terra in giardino, mentre tentava di fare andare
d'accordo tutti, riuscendoci anche. Poi un sassolino lo colpì sulla nuca e,
voltandosi, scorse il volto di Gold che rideva.
Si alzò e si passo le mani sui pantaloni, levando alcuni residui di
terra.
Poi si avvicinò anche Crystal, e, infine, Emerald. La giovane gli lasciò
un bacio sulla guancia e respirò profondamente, inalando il suo profumo.
"Dovresti riposare di più" le disse Silver con voce calda, con giusta apprensione verso la sua donna che, sospirando, annuì.
"Oggi era il mio ultimo giorno, stai sereno. Magari stasera andiamo da qualche parte tutti insieme, non sarebbe male" rispose, ottenendo l'approvazione del fulvo. Poi si allontanò un po' da lui e si fiondò dai bambini, a salutarli come era solita fare.
"Dovresti riposare di più" le disse Silver con voce calda, con giusta apprensione verso la sua donna che, sospirando, annuì.
"Oggi era il mio ultimo giorno, stai sereno. Magari stasera andiamo da qualche parte tutti insieme, non sarebbe male" rispose, ottenendo l'approvazione del fulvo. Poi si allontanò un po' da lui e si fiondò dai bambini, a salutarli come era solita fare.
"Come mai anche tu qua?" chiese Silver all'amico che con una
smorfia rispose:
"Non avevo di meglio da fare stamattina".
Silver lo fissò per un paio di secondi, glaciale come al solito, facendo
poi spallucce.
Crystal chiamò Emerald, che intanto se ne stava in disparte da tutti. Lo
sapeva, ogni volta quel posto gli procurava un vortice di emozioni positive e
negative.
"Uh? Che c'è Cris?" chiese fissandola, mentre teneva in
braccio una bambina.
"Era da molto che non venivi qui, vero? Ti turba
particolarmente?"
"Non molto" fece lui, vago.
"Io ho sempre trovato questo luogo davvero accogliente. Non mi
allontanerei mai da qui, perché non ci riuscirei. Amo i bambini e poterli
accudire mi riscalda particolarmente".
Emerald non rispose.
Lo turbava, era scosso. Ogni volta che ascoltava Crystal si rilassava,
ma qualcosa lo frenava in quel momento.
Poteva sentire un pezzo di sé cominciare a sparire, quasi come se il
passato lo stesse divorando. Anche se credeva andare tutto bene, erano pochi i
momenti in cui si sentiva completo. Era alla ricerca di qualcosa che lo
liberasse dalla costante noia che era la vita.
Quando parlava con Gold, Sapphire o Ruby si sentiva privo di qualcosa
che loro possedevano. Ed era probabilmente invidioso, o semplicemente
sofferente dall'assenza di affetto che loro avevano sempre avuto.
A Emerald, sostanzialmente, mancava una famiglia. Pareva sciocco, ma lui
quel vuoto non era mai riuscito a colmarlo. Anche se aveva degli amici, nessuno
poteva dargli quello che desiderava, e guardare quei bambini che avevano il suo
stesso destino, lo disturbava.
"Sono la mia famiglia" continuò dopo un po' Crystal,
riprendendo l'attenzione del biondo "… e anche tu lo sei. Per anni ho
vegliato su di te, dandoti fiducia. Mi sono sentita in un certo senso una
sorella maggiore, perché mi ci è voluto veramente poco per volerti bene. E
ormai ti conosco, so cosa ti manca e che ti rende infelice, ogni volta" si
fermò di nuovo, facendo scendere delicatamente la bambina dalle sue braccia.
Emerald non riusciva a tenere più il capo alzato, si fissava le scarpe,
sentendo il cuore espandersi.
"Non sei solo, Rald. Non lo sei mai stato. E so che non posso darti
tutto, ma ci provo sempre di più; perché una famiglia fa questo".
Fu in quel momento che il muro che lui si era costruito attorno cadde
rovinosamente.
Quella ragazza da sempre era stato un modello da seguire, la ammirava e
la rispettava. E anche in quel momento, era riuscita a sorprenderlo.
Sorrise e, voltandosi, le mormorò un grazie.
A Crystal bastò per capire che Emerald si sentiva bene, adesso.
Memories
Si teneva lontano dalle zone abitate, avendo paura di essere pure deriso dagli altri, Emerald. Aveva un gomito sbucciato, sanguinava. Non era un taglio troppo importante, eppure la vista del sangue che colava lungo il braccio lo disturbava un po'; ma non aveva nulla con sè, era vestito di stracci ed era scappato dalla famiglia che lo aveva adottato, portandosi solo un tozzo di pane. Non voleva vivere in quell'ambiente dove erano più le volte in cui alzavano le mani, che lo trattavano bene. Ed era fuggito, con i vestiti stracciati e sporchi, i capelli che avevano cominciato a scompigliarsi, un gomito sbucciato, i lividi causati da una famiglia che mai gli era appartenuta. Sapeva solo di trovarsi a Johto, ma non sapeva dove fosse finito. Era il Bosco di Lecci, i quali arbusti venivano illuminati dal sole dell'alba, fresca e silenziosa.
Silenzio che venne spezzato da singhiozzi, lamenti, lacrime rumorose che si poggiavano come rugiada sull'erba. Si strofinava gli occhi e si mordeva il labbro per tentar di reprimere tutto il dolore che racchiudeva al centro del petto, che gli avvelenava quel cuore da fanciullo che possedeva.
Si sentiva uno scarto della società, uno di quelli che non andavano mai bene perché diversi, e sentiva ancora le prese in giro dei bambini rimbombargli nella testa, mentre le guance venivano rigate continuamente, e con le mani imbrattate di fango continuava a torturarsi gli occhi.
Si chiedeva perché, fra tutte le persone esistenti su quel dannato e lercio mondo, proprio lui si era beccato un destino così tremendo.
Poi sentì il rumore dell'erba che veniva calpestata, e alcuni rametti che si spezzavano. Una ragazzina non troppo alta gli si era avvicinata con fare preoccupato e lentamente stava accorciando la distanza. Teneva una Poké Ball in mano, e una borsa probabilmente piena di molte altre.
"Lasciami stare!" aveva esclamato, credendo che, come tutti gli altri, lei voleva sfotterlo.
Ignorando completamente le sue parole, la ragazzina aveva tirato fuori un fazzoletto e glielo aveva avvolto al gomito, lasciandolo a bocca aperta.
"Vieni con me, probabilmente non saprai dove andare e non ho intenzione di lasciare un bambino in mezzo ai boschi" disse poi, afferrandogli la mano e trascinandolo per la via.
Emerald non aveva capito, non voleva capire. Lo voleva aiutare? Lo stava aiutando? Era talmente surreale, che per un attimo gli era parsa un illusione.
"Ma tu chi sei?" mormorò con voce stanca, senza neanche le forze sufficienti per liberarsi dalla presa.
"Uh? Ah già, mi chiamo Crystal, e tu chi sei?"
Esitò un po' prima di rispondere. Non pareva una cattiva persona, e in ogni caso era la prima che si presentava a lui, ma soprattutto che gli chiedeva il suo nome. Molti lo chiamavano con nomignoli riluttanti e invece, una ragazzina a caso che mai aveva visto in volto, era corsa in suo aiuto e lo stava trattando come una normalissima persona.
"Emerald... mi chiamo Emerald".
Ricordava tutto nitidamente, come se fosse successo qualche giorno fa. Tutto sommato, era un ricordo che avrebbe sempre tenuto stretto a sè, era più importante di qualsiasi cosa materiale, e ogni volta gli faceva notare quanto la Dex Holder di Johto lo avesse salvato dal suo destino già marcio.
Cominciò a piangere, esattamente come quella volta; eppure non teneva più i vestiti stracciati, le mani sporche, la vergogna in tasca. Solo il desiderio di correre da Chris e abbracciarla come facevano quei bambini, ma ovviamente non aveva il coraggio di fare una cosa del genere.
"Ehi 'capelli a brioche', che hai? I bambini ti fanno questo effetto? Devono farti proprio schifo" disse ridendo Gold che lo aveva subito visto tirare su col naso. Emerald gli lanciò un sasso e si coprì il viso con una manica.
"Fottiti, bastardo" aveva sibilato, imbarazzato e irritato. Silver stava in disparte invece, pensando che, in fondo, Gold meritava dei ceffoni e non un semplice sasso sul naso.
Poi Crystal si voltò e ridacchiò, avvicinandosi ad Emerald per poterlo abbracciare da dietro. Girò il capo e sentì le guance tingersi di un tiepido rosa, imbarazzato da quelle effusioni che aveva sempre cercato ma che non accoglieva completamente.
"Va bene, ma adesso basta" mugolò allontanandosi un poco, per poi sorridere solo a lei. Glielo si leggeva in viso, quel 'grazie'.
E in una frazione di secondo tornò serio, incrociando le mani al petto.
"Allora? Poi dove andiamo a mangiare?" chiese, sviando il discorso rapidamente.
"A Fiordoropoli hanno aperto un ristorante da poco" ammiccò Gold prendendo sotto braccio Silver che lo stava trucidando con lo sguardo.
Chris li guardava discutere soddisfatta, vedendo Rald finalmente felice. Bisognava solo ricordargli a volte che non era più solo e che su lei poteva sempre contare.
Come una sorella maggiore, che non desiderava altro che la gioia del fratello più piccolo.
Note: Ho sempre adorato Emerald come pg, per quanto sia molto sottovalutato.
Questa volta infatti ho voluto dare giustizia a lui, assieme a Crystal, con la
quale forma una coppia meravigliosa.
Come sempre, Gold è ovunque e la SpecialJewel non fa mai male.
Come sempre, Gold è ovunque e la SpecialJewel non fa mai male.
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