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herr - Cards - 12 - Unable Are the Loved to Die

herr

 


PREVIOUSLY ON CARDS la vita di Hilda è sconvolta: ha interrotto la relazione con N, Zinzolin l’ha incastrata in un lavoro senza nessun fine utile ed è indagata dalla polizia. Looker e Julie seguono una traccia, mentre Natalie continua il ricovero all’ospedale, attraverso degli incontri con uno strano dottore.
Chapter XII
Unable Are the Loved to Die

“unable are the loved to die
for love is immortality,
nay, it is Deity—
unable they that love— to die
for love reforms vitality
into divinity”
                                             
    Emily Dickinson

« E dopo che si è aperta la porta? »
« Ecco… »
Julie e Looker si guardarono, l’uomo le fece segno di continuare.
« C’era un ascensore, ed attraverso quello siamo arrivati in una specie di base sotterranea, sembrava molto tecnologica »
« Del Team Plasma? »
« Si » s’intromise Looker.
« Ok… e cosa avete fatto dopo? Vi hanno semplicemente lasciato entrare ed uscire? »
« Più o meno » la incalzò lei « ci hanno detto che avrebbero solo ascoltato te, Hilda. Che Zinzolin avrebbe ascoltato solo te »
« Oh… sareste in grado di tornare là? »
« Sì—»
« No, Hilda! » la interruppe Looker, ed urlò « sono persone pericolose! Hanno ucciso Shauntal ed a quanto sembra Hilbert, non possiamo cadere così facilmente nella loro trappola! »
Silenzio. Hilda lo fissò, ripensò a Bianca. Aveva bisogno di aiuto da parte Zinzolin, riconosceva che fosse l’unico in grado di poterla aiutare in quella situazione. Solo, non era sicura che sarebbe stato disposto a farlo senza ottenere qualcosa in cambio.
« Devo correre il rischio »
« E noi? Pensi che solo perché tu sei Hilda Baskerville e sei al centro del mondo non riesci a ferire le persone che ti circondano? »
« Smettila, Looker—»
« Non la smetto, Hilda. Quell’uomo è pericoloso »
« Ha ragione Looker » intervenne Julie « non sappiamo cosa ci possa aspettare »
Hilda li fissò, sorridente. « Sapete cosa vi dico? Io ho fatto una scelta, e la perseguiterò. Se non volete, restate a casa » e detto ciò si diresse verso la porta, scomparendo dietro di essa. Julie e Looker si scambiarono uno sguardo confuso.
Riluttanti, la seguirono.

« Vedo che avete portato un’ospite! » trillò la voce dello schermo, osservando come Hilda si fosse aggiunta alla coppia iniziale « penso tu voglia vedere Zinzolin! »
« Pensi bene » ribatté « hai intenzione di farci entrare? »
« Oh, ma Zinzolin non si trova qua! »
Udirono un rumore metallico propagarsi alla loro destra.
Una scalinata posta in parte alla porta si illuminò e mostrò un passaggio al piano superiore.
« Prego, salga pure » continuò la voce « ma con molto dispiacere devo comunicarle che i suoi amici dovranno aspettarla fuori »
« Cosa vi avevo detto? » commentò Hilda rivoltasi ai due « starete bene, sono io l’obbiettivo »
« Sarà… fai attenzione, Hilda »
Accennò ad un saluto come salì lungo le scale e s’inoltrò nel corridoio di quell’abitazione. Rispetto all’entrata era in buone condizioni ed abitabile, pensò Hilda. La trovava accogliente, nonostante la presenza di Zinzolin la facesse rabbrividire: come un gelido refolo di vento che s’insinuava nella sua pelle e la pervadeva.
“Andy Sachs” recitava la targhetta in ottone infissa sulla porta. Avvicinò la mano al pomello e lo strinse.
« Non farti problemi, entra pure »
Un brivido di paura la pervase.
« Non c’è bisogno di aver paura, Hilda » esordì lui, vedendola baluginare da dietro lo spesso legno « sono contento che tu sia giunta fin qui »
« Mr Sorriso mi ha detto che saresti stato tu a chiamarmi »
« Mr… Mr Sorriso? » ripeté confuso.
« Il nuovo N, il ragazzo che mi ha portato i giornali »
« Oh ». Un sorriso piegò il volto del saggio, un sorriso che nonostante la nomea bonaria tradiva una profonda e radicata malignità negli occhi dell’uomo. « Mi ha riferito della vostra… deliziosa chiacchierata »
« Ne sono lusingata »
« Non esserlo. Come mai sei qui? »
« Intendi cos’altro hai fatto nei miei confronti che mi ha costretto a venire qua? »
« Parla, Hilda » ribatté afono, osservando attraverso il bovindo la strada sottostante ed i due amici della ragazza « non ho tempo da perdere »
« I giornali »
« Cosa c’è che non va? »
Zinzolin portò la vista sulla giovane. L’aria era tesa, il gioco di sguardi caricava la tensione.
« Come? Come “cosa c’è che non va”? » sbottò « Mi hai relegato ad un giornale scandalistico! »
« Hai finalmente fatto il salto di qualità che tanto aspettavi, Hilda »
« Non vedo come sia possibile, sinceramente »
« È questo il punto. Non vedi, sei cieca, è per questo che è così divertente giocare con te »
Era chiaramente divertito dal trattare la giovane come fosse un suo giocattolo. La considerava tale, una bambola che usava come passatempo e che, annoiato, riponeva in una scatola. Hilda lo aveva capito e temeva il giorno in cui si sarebbe stancato di giocare con lei.
« Non osare »
« C’era altro, dunque? »
« Bianca »
« Oh, una simpatica ragazza. Ho avuto di che parlare con lei »
« Sei stato tu a dirle che la colpa era mia? » urlò.
« Abbiamo semplicemente avuto una chiacchierata, Hilda. È molto intelligente, la tua amica »
La voce le si spezzò in gola. « Perché… perché mi stai rovinando la vita? »
« Non essere noiosa, Hilda! È la stessa domanda che mi hai fatto qualche giorno addietro! È importante reinventarsi… ma forse sono sciocco io, non dovrei lasciare a te questo compito »
« Cosa stai dicend—»
« Devo darti una lezione, Hilda. Non mi piace come ti stai comportando »
Riportò lo sguardo all’esterno. Looker e Julie si trovavano a parlare poco fuori dalla vettura, due strette e polverose corsie li separavano dall’altro lato della strada. Sul cemento, non una macchina: il silenzio regnava.
« Oh, e saluta la tua amica da parte mia » sibilò, percorrendo la stanza sino a raggiugnere la porta « prima che sia troppo tardi »
Scomparve nel corridoio, la giovane lasciata a sé stessa in quel lugubre ufficio.
Hilda spostò lo sguardo avanti e notò come, attraverso la finestra, i due amici non si trovassero più nei pressi della macchina. Si avvicinò al bovindo, dunque, e scoprì con orrore che stavano tornando a prendere la stessa. Batté le nocche sul vetro, il rumore risuonò flebile nell’aria. Batté ancora, non un suono che raggiungesse le orecchie dei due.
Vide Julie tornare indietro, dall’altra parte della strada, mentre Looker s’inoltrava nella casa.
Improvvisamente, il rombo di un’auto saturò l’aria.
I suoi occhi corsero alla ricerca dell’origine del rumore, che trovarono in una vettura rosso fiammante. Correva sull’asfalto, pareva volare, tanto era veloce.
« Julie! » sbraitò Hilda, e batté contro il vetro con fragore nella speranza che l’amica la sentisse. E la sentì.
Julie si girò verso l’amica, e non appena incrociò il suo sguardo capì. Volse gli occhi alla sinistra e vide il bolide avvicinarsi a lei ad una velocità impressionante.
« Julie! Attenta! Attenta! »
La ragazza ritornò su Hilda, che si dimenava contro la parete di cristallo. Era tardi.
Fu un attimo.
Avvenne una colluttazione. Il corpo di Julie fu scaraventato sul parabrezza e rotolò lungo di esso. La macchina non parve rallentare mentre il suo cadavere inerme cadeva dal tettuccio e cedeva a terra, sanguinante.

« Come va? »
« Penso di star meglio, grazie… »
La dottoressa osservò sorridente Natalie. « Che ne dici di sgranchire le gambe? C’è una interessante mostra di arte a pochi passi da qua, nel piano inferiore »
« Sarebbe carino… » commentò, cercando di alzarsi dal letto « dopo avrei anche una questione di cui parlarle, dottoressa »
La donna allungò un braccio a Natalie e la fece aggrappare a lei mentre uscivano dalla stanza d’ospedale. Osservò il corridoio che si snodava davanti a lei, un bianco opprimente accecava i suoi occhi.
« Non preoccuparti, potremo parlare di tutto »
La dottoressa considerò prematuro che Natalie — seppur non a conoscenza del nome — venisse sottoposta a sforzi oltremodo esagerati per quella che era la sua situazione, così decise di scendere sino alla mostra in ascensore. La giovane aveva rifiutato di usare la sedia a rotelle, messa a disagio dalla stesso uso di essa.
« La mostra si chiama “Orizzonti”, è di un artista straniero molto famoso all’estero » spiegò, come entravano nel padiglione dedicato alla esposizione « la cosa forse più affascinante è l’alone di mistero che lo circonda »
V’erano sale a perdita d’occhio, Natalie non riusciva a darne un numero preciso. La quantità di persone accorse ad essa, però, la incuriosiva: una discreta folla si accumulava in punti strategici, appresso ad i più interessanti e famosi quadri dell’artista.
« Uh, guarda questo qua! » la strattonò la dottoressa « è veramente bello! »
L’attenzione di Natalie fu catturata da una tela, bianca, raffigurante al centro una N colorata di verde. Attorno ad essa, delle macchie rosse ed una pistola stilizzata.
« Non lo trovi affascinante? Si chiama “Tutto il Tempo del Mondo” »
« Oh… »
Fissò per un lungo attimo il quadro, affascinata ed attratta da esso. V’era qualcosa che la catturava, seppur non riuscì a capire cosa. Era così semplice, povero, ai suoi occhi.
Non c’è tempo da perdere, dobbiamo scappare! 
Improvvisamente, un’immagine balenò nella mente di Natalie.
Pensi di avere tutto questo tempo? 
Un altro flash.
Abbiamo tutto il tempo del mondo, N.
Le immagini continuavano a sfrecciare attraverso i suoi occhi. Riconosceva un ragazzo, una folta chioma verde, frammenti di parole che non ricordava di aver detto. Scene che non ricordava di aver visto. Le girava la testa.
« Stai bene? »
« Sì… sì… »
Portò una mano alla testa, si massaggiò la tempia.
« A me non sembr—»
« Sto bene! » sbottò « sto bene… andiamo avanti »
« Come vuoi… ecco, questo quadro mi sembra altrettanto affascinante! »
La loro attenzione si era spostata su una larga tela che si estendeva lungo tutta una parete. Era nera, questa volta, e tre strisce blu figuravano sul tessuto.
« Ti piace? Si chiama “Fuga” ». Si chinò a leggere la didascalia: « C’è scritto che rappresenta una fuga psicologica, una fuga mentale da tre entità »
Devi aiutarmi Natalie, svegliati!
« Natalie… »
« Come scusa? Natalie? » la incalzò la dottoressa « è per caso il nome del biglietto da visita? Ti sei ricordata qualcosa? »
« No… possiamo andare avanti? »
« Ma certo! Ti sta piacendo la mostra? »
Natalie asserì.
Proseguirono attraverso le stanze, nulla che catturasse la loro attenzione, sino a quando non si trovarono di fronte ad un folto gruppo di persone richiamate da una uomo in nero. Era una guida, questo constatò la dottoressa, e si stava sprecando in lunghi soliloqui riguardo un’opera che, apparentemente, aveva ipnotizzato il pubblico.
Per loro fortuna da lì a poco tempo l’uomo smise di parlare e condusse la folla in un’altra stanza, cosicché loro potessero ammirare anch’esse la magnificenza che, a detta degli spettatori, riservava la tela.
« Meraviglioso… » commentò la dottoressa, osservando il quadro che si proponeva ai loro occhi. Era della grandezza di una pala e raffigurava una donna nell’atto di cadere nel vuoto. Sullo sfondo era visibile la città di Castelia e, svettante fra i grattacieli, una scheggia azzurra troneggiava al centro.
« Si chiama… Natalie! Che coincidenza! Lo conoscevi già? »
Vai in quella direzione, voglio vederti sul ciglio del tetto.
Un altro frammento le attraversò gli occhi.
Non sono solito sbagliare mira, Natalie. Un colpo e ti mando al creatore.
Perché?, si chiese. Perché stava accadendo tutto ciò? Nella sua mente si susseguivano immagini e ricordi dei quali non aveva la minima coscienza. Attimi di vita che non sapeva di aver vissuto, scene al limite della fantasia. Allora perché sembravano così reali?
« Stai bene? »
« Io… ». Guardò la dottoressa, il suo sguardo era spento e assopito. « Non penso di star bene… »
Le sue gambe cedettero.
Addio, Natalie.
Natalie si accasciò al suolo e la dottoressa accorse prontamente a stringerla fra le braccia mentre cadeva. Si scambiarono uno sguardo, riconobbe che lo sforzo era stato esagerato.
« Su, vieni, ti riporto in stanza… »
Natalie, questa è Hilda Baskerville, Hilda, questa è Natalie Inkgard, sono sicuro farete ottima amicizia.
Ho parlato con Francis del tuo misterioso articolo, e concordava con me sul fatto che qualcosa non quadrasse.
Penso che siamo partite col piede sbagliato.
Pronto… Natalie… ho tanto… tanto bisogno di aiuto… 
Mi scusi, c’è qualcuno? Ho chiesto se potrei parlare con N.
TU SEI N!
Morirò!
« BASTA! » urlò Natalie, caduta in trance « BASTA! SILENZIO! »
Portò le mani alle orecchie e vi impresse una notevole pressione. I suoi occhi erano serrati, il suo viso piegato in un’espressione di fastidio. Come vivendo un incubo, desiderava più di ogni altra cosa il risveglio.
Bastò poco tempo prima che si formasse un discreto pubblico attorno a lei, cosa che la dottoressa cercò di ostacolare come meglio poté. Senza successo constatò, osservando le persone che, circondanti Natalie, si erano persi in fantasticherie riguardo i motivi che avevano portato la ragazza in quella situazione.
Immagini di lei in vari e differenti stadi della sua vita, luoghi che non ricordava di aver visto, situazioni impossibili e sconosciute. Si vide scappare da tre figuri, parlare con una ragazza e cadere nel vuoto. Diapositive che si susseguivano repentine e celeri, impalpabili. Come preda di una dimensione onirica, non aveva le briglie della situazione. Vide un ragazzo dai capelli verdi impugnare una pistola, vide un una strada e poi, guidata dalle voci, si lanciò nel vuoto.
Addio, Natalie.
Seguì il buio sino a che, lentamente, l’oscurità si diradò.
Riaprì gli occhi, fu investita dal riverbero della luce solare nelle pareti bianche.
« Cos’è successo? Stai bene? »
« Natalie… »
« Cosa significa questo nome? Natalie? »
La raccolse da terra e la prese fra le braccia, un’espressione preoccupata dipinta sul suo volto.
« Io… io sono Natalie… »
« Cosa vuol dire ciò? »
« Sono Natalie… Inkgard… » continuò, i suoi occhi che brillavano di felicità « sono Natalie Inkgard! Natalie Inkgard! »
« Non capisc—»
Si dimenò dalla stretta della donna e corse all’esterno, una forza nei movimenti ritrovata. Si sentiva libera, nuovamente in possesso di sé stessa e del suo corpo. Ricordava chi fosse, cosa fosse successo e le persone che aveva incontrato. Nel frattempo correva, non smetteva di correre, catturando gli sguardi straniti dei pazienti e dei dottori che si trovavano nei corridoi dove era di passaggio.
La corsa si fece più veloce, chiuse gli occhi assaporando il vento che le accarezzava il viso e s’infilava nei suoi capelli.
Durò poco: si scontrò contro qualcosa.
« Oh! Mi scusi, non stavo guar—»
Alzò lo sguardo e lo riconobbe. N.
Si ammutolì.
« Signorina, si è fatta male? »
Era senza parole. Dovette fissarlo per più e più tempo prima di rendersi conto che fosse veramente lui, il personaggio che aveva visto giorni addietro e con il quale aveva parlato.
« Signorina, sta bene? »
« Sì, sì, sto bene. Come sta la sua mira, piuttosto? » prese la palla al balzo « dicono che non sia solito sbagliare un colpo »
Un sorriso illuminò il volto di N.
« Presumo ti abbia bisogno di spiegazioni »
« Come sei intelligente »

« Cosa significa che lo tenete dentro? »  sbraitò, attirando l’attenzione di tutta la centrale.
« Abbiamo ricevuto una segnalazione dalla centrale di Opelucid. A quanto sembra, ha rubato dei reperti »
« Cosa? » lo incalzò incredula.
« Non siamo sicuri, signora. Lo terremo dentro fino a nuovo avviso »
« Posso—» si interruppe da sola. Osservò il vetro davanti a lei ed oltre, sino all’uomo che sedeva al centro della stanza. Era Looker, in manette, il suo sguardo chino a terra. Non sembrava riconoscerla e ciò la portò a pensare che, come ricordava di aver visto nei film polizieschi, vi fosse un finto specchio.
« Posso parlare con lui? »
L’agente lanciò un’occhiata al suo orologio. « Sì, va bene, ma ho bisogno che ci metta poco perché dobbiamo interrogarlo »
« Grazie! » squittì « prometto che farò presto! »
La camera degli interrogatori vista dall’interno possedeva una completamente diversa prospettiva. Dava una sensazione di oppressione, come animali chiusi in gabbia. Le pareti erano nere, illuminate solo da una flebile luce che irradiava dal soffitto.
« Hilda, che piacere » esordì atono « non pensavo ti facessero entrare »
« Nemmeno io » ribatté, entusiasta quanto lui della situazione in cui versavano. Si accomodò nella sedia di fronte a Looker.
« A proposito di que—»
« Non parlare » lo interruppe lei « non ho le forze di parlarne. Non penso di poterlo fare »
« E perché sei entrata qui? »
« Non lo so, Looker… sei l’unica persona che mi è rimasta »
« Andrà tutto bene, Hilda, in poco tempo sarò fuori e potremmo continuare a—»
« Non voglio continuare! » gridò, la sua voce corrotta dal pianto « non voglio… non ne ho le forze… »
Le lacrime scorrevano lungo il viso copiose. Rigavano le guance e, raggiunto il mento, si tuffavano nel vuoto.
« Andrà—»
« No. Non dirlo » lo interruppe « non dire che andrà tutto bene. So che non è vero »
« Hil—»
« Ciao, Looker. Spero di rivederti »
Amareggiata ed abbandonata lasciò la stanza, trascinandosi sino all’uscita. Le prospettive per il futuro sembravano, ora più che mai, oscure e senza un barlume di luce. Cos’altro aveva in serbo Zinzolin per lei? Non voleva pensarci, forse era meglio arrendersi. La possibilità a cui non aveva mai dato adito nella sua mente sembrava, in quel momento, la più rosea.

Sia per il motivo della discussione che per la natura di essa, reputarono più utile trovare un luogo chiuso e lontano da occhi indiscreti per parlare. Era così che si erano ritrovati, dopo aver passeggiato per l’ospedale, in una luminosa stanza da giochi nel reparto pediatria. Non fu difficile forzare la serratura per mani esperte come quelle di N.
« Tutto tutto? »
« Tutto tutto » confermò Natalie, accendendosi una sigaretta « dall’inizio alla fine »
« Come vuoi, allora! » esclamò « dall’inizio.
« Come saprai, qualche tempo fa ho cominciato a frequentare una tua collega, Hilda Baskerville. Ti prego di non confonderla come una relazione, è tutto ciò che non è stata. Le offrii un accordo, accordo secondo il quale mi impegnavo a darle degli articoli che lei avrebbe poi pubblicato. In cambio, abbiamo chiesto che lei suggellasse il patto in modo più o meno legale »
« Che è quando è venuta da me in lacrime? » commentò la ragazza, conscia degli avvenimenti.
« Esatto. Dopo quel momento, ho mantenuto i contatti in attesa di ulteriori sviluppi »
« Ed entro in gioco io » intervenne ancora Natalie, sempre più interessata dalle parole di N.
« Zinzolin aveva saputo della tua chiamata alla EKI, un’azienda fittizia usata per coprire le mie attività, e diede l’ordine di ucciderti. Fortunatamente lo intercettai e ti salvai »
Ora si faceva difficile.
« Mi hai fatto lanciare da un palazzo alto decine e decine di piani! » esclamò, senza capire come avesse fatto « è assurdo! »
« Questo è ciò che hai visto. Ma dimmi, saresti sopravvissuta? »
« Non penso… no, non l’avrei fatto »
Un sorriso illuminò il volto del ragazzo. « Quella che hai avuto è stata un’allucinazione dovuta al sonnifero che ti ho sparato »
« Ma come… come è possibile? »
« Te l’avevo promesso, non sbaglio un colpo »
I pezzi del puzzle nella mente di Natalie si stavano ricomponendo, disegnando nella sua testa un’immagine ben più chiara e cristallina di quella che aveva avuto sino ad un attimo prima. « Quindi non sono caduta! »
« No, ti sei accasciata al suolo. Anche in caso, comunque, ti avrei salvata con il mio fedele Archeops »
Natalie si alzò, la sigaretta inforcata fra le dita, e volse lo sguardo alla vetrata che illuminava la sala. Doveva ancora riordinare nella sua mente i pensieri. Un intero mondo le si era aperto un quel momento, un mondo che aveva intenzione di scoprire. Nel frattempo, una sensazione di calma la pervadeva. Aspirò ed esalò una rada nube di fumo.
« C’è una cosa che non ti ho detto, però » continuò N, la sua voce fattasi più cupa e seria.
« Se lo dici così mi fai spaventare » rise lei, cercando il suo sguardo « cosa può esserci d’altro? »
« Se io ti lasciassi libera, Zinzolin continuerebbe a darti la caccia. E non potresti essere fortunata come lo sei stata ora »
« Non capisco dove vuoi arrivare, N »
« Il punto è semplice. Ti sto chiedendo di aiutarmi a sconfiggerlo, Natalie. Aiuta Hilda e me a farlo »
« Hilda sa di tutto ciò? »
« Non completamente, e preferirei continuasse ad essere così. Allora, che ne dici? Sei con me? »
Natalie diede uno sguardo all’esterno, al cielo terso ed illuminato dal sole. Per la prima volta nella vita sentiva di esser utile, di avere una funzione che andasse oltre l’esser comandata da qualcuno di superiore a lei: era libera. Ad un caro prezzo, ma, in fin dei conti, lo era.
Sorrise, sicura della sua risposta.
La sera calava per Hilda come il buio prendeva possesso delle strade e del mare di Castelia. L’aria raggelava e sottili nuvolette di vapore seguivano con zelo i respiri della giovane.
Entrò in casa, il buio che non lasciava spazio ai suoi passi, e guidata dal debole riflesso della luna entrò nella cucina. Un pallido raggio di luna si faceva strada nell’oscurità, gettando un alone circolare di luce sul marmo del tavolino. Ripensò alla sua vita, un pensiero comune nella sua mente ultimamente. Non c’era una cosa che le sembrava andare per il verso giusto, non c’era una mossa che facesse che si rivelasse non completamente sbagliata. Uno sbaglio dietro l’altro, un passo falso dietro l’altro.
Ad un caro prezzo.
Prima Bianca, poi Julie, chi sarebbe stato il prossimo? Forse aveva ragione Bianca a non crederle, non lo meritava. L’unica cosa che meritava era l’oblio.
Aprì un cassetto e vi estrasse un coltello da cucina piuttosto affilato. La sua lama tagliava qualsiasi cosa, o almeno così le era stato venduto. La fece scorrere lungo il palmo della mano, affondò l’acciaio inossidabile nella pelle ed un rivolo di sangue cadde a terra. Poche gocce di un liquido denso e rossastro.
Un pensiero le balenò in testa: e se fosse stata la morte la soluzione?




We are selling true love here. True love, people!

herr

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