Scorro
con le mie dita sottili la rotellina del mouse. Come al solito, non so
decidere: vorrei tutto quanto, ma non ho abbastanza soldi. I miei occhi si
soffermano su un vestito estivo nero con un motivo a fiorellini: non mi piace
affatto, lo potrebbe mettere mia nonna.
Costa
venti dollari.
Con
un clic deciso apro la pagina dell’articolo: spedizione gratuita sopra i
venticinque dollari, arriverà in un tempo compreso tra i cinque e i dieci
giorni lavorativi, le solite cose.
Il
cursore bianco del mouse vola sull’opzione “Aggiungi al carrello”, come se non
riuscissi a controllarla.
E
in effetti non ci riesco: ogni sera accendo il mio computer e mi metto a
navigare per cercare qualcosa da comprare. Ormai la mia casa strabocca di roba,
non ho più spazio. Ma non riesco a smettere di acquistare.
È
una strana sensazione quella del possesso, non saprei descriverla: forse c’è
della soddisfazione, ma non solo.
Quando
ho iniziato la mia carriera di modella, ero molto più attenta sui soldi: non
sapevo se e quanto avrei lavorato e volevo tenere qualcosa da parte per
sicurezza. Poi, quando ho iniziato a farmi un nome, ho provato a concedermi
qualche sfizio in più, solo per vedere cosa provassi.
Non
ne ho più potuto fare a meno.
Da
cose particolari ma con un minimo di utilità ho iniziato ad acquistare le cose
più disparate: vestiti che non ho mai messo, penne di ogni forma e colore,
quadernetti rimasti intonsi, libri che non ho intenzione di leggere
assolutamente. Ogni tanto regalo qualcosa, ma il più finisce in degli scatoloni
nella cantina della mia casa.
Non
è il modo migliore di spendere soldi, lo so: ogni sera mi riprometto che non
comprerò mai più nulla di inutile. Cerco anche di non accendere proprio il
computer per evitare la tentazione, ma dura poco: mi dico che darò solo
un’occhiata ai miei siti di shopping preferiti senza comprare nulla, ma finisco
sempre per spendere più del dovuto.
Do
un’occhiata agli articoli che ho già scelto di comprare: ottantacinque dollari
e ventisei centesimi. Mi dico che va già meglio di ieri, ne avevo spesi più o
meno centoventidue. Per comprare cosa, poi? Non me lo ricordo.
Da
piccola non avrei mai detto che lo shopping potesse essere così rovinoso.
Guardavo le vetrine e sognavo di comprare tutti gli abiti che vedevo. Ora che
ho la possibilità di farlo, è diventato un incubo. Vorrei tornare indietro di
qualche anno solo per mettermi in guardia.
La
possibilità in realtà non ce l’ho nemmeno più di tanto: sì, facendo la modella
guadagno ben più di quello che mi serve per vivere. Ma i soldi non sono
infiniti, mi ritrovo sempre in difficoltà: mi vedo costretta a chiedere
prestiti ai miei amici o cerco qualche altro lavoretto per arrotondare. Cerco anche
di mettere via qualcosa, non posso campare sulle spalle degli altri, ma non
riesco mai. Appena mi ritrovo tra le mani dei soldi, devo spenderli in un
qualunque modo.
Mi
sfrego gli occhi e guardo l’ora: è quasi mezzanotte. Dovrei andare a dormire,
domani mi dovrò alzare presto e non voglio ritrovarmi con le occhiaie.
Guardo
esitante la pagina del pagamento: potrei chiudere tutto e non accadrebbe nulla.
O meglio, avrei risparmiato ottanta e passa dollari.
Da
qualche parte dovrò pur iniziare, se voglio disintossicarmi.
Eppure
solo l’idea di premere sulla x rossa in alto a destra dello schermo mi fa stare
male: un brivido mi percorre, mentre lo stomaco si attorciglia su se stesso.
Domani quegli articoli potrebbero non esserci più, potrei non avere un’altra occasione
di comprarli.
Che
cosa stupida.
Ho
comprato un vestito che non mi piace, un mattarello con delle testine di
dinosauro ai lati, un fermaporte a pois e non voglio nemmeno vedere cos’altro.
Sono
tutte cose molto belle da vedere, certo, ma che nessuno comprerebbe per usarle.
“Completa
ordine”.
Non
posso farne a meno: in questo momento ho più bisogno di stare tranquilla. E
comprare mi fa stare bene.
Inserisco
il numero della mia carta di credito con le dita che tremano e aspetto la mail
che mi informa che il pagamento è andato a buon fine.
Finalmente
posso mettermi a dormire.
Stringo
forte tra le mie dita il lenzuolo bianco, senza riuscire a trattenere un
gemito.
Dio,
quanto sto bene.
Non
mi ricordo nemmeno il nome dell’uomo che è con me e mi sta penetrando con foga
crescente, ma non è quello che mi interessa. Sembra brutto da dire, ma al posto
di quell’uomo potrebbe esserci chiunque.
Ormai
non faccio più distinzione: uomo, donna, vecchio, giovane. Va bene chiunque
purché mi provochi piacere. Non ne ho mai abbastanza.
In
realtà un minimo di controllo ce l’ho, o almeno è quello che mi piace pensare.
Certamente non vado con ragazzi o ragazze troppo giovani e cerco di evitare
coloro che hanno una relazione stabile. L’idea di poter rovinare qualcosa di
così bello come l’amore mi fa star male. Proprio io che l’amore non l’ho saputo
tenere.
Da
quando io e Alice ci siamo lasciati, ho iniziato a toccarmi sempre più spesso.
Pensavo fosse normale, la relazione non si era chiusa molto bene. Era un modo
come un altro per sfogarmi. Poi ho iniziato a cercare del sesso occasionale,
solo per divertirmi un po’. Non ci vedevo nulla di male.
Ma
ora la situazione mi è completamente sfuggita di mano: voglio sempre la
compagnia di qualcuno, toccare ed essere toccato, arrivare all’orgasmo.
Stare
da solo mi fa stare male: divento nervoso in fretta, inizio a tormentarmi le
mani, la frustrazione diventa tale che devo aprire il primo sito pornografico
che trovo e trovare qualcosa su cui sfogarmi. Spesso non mi interessa neanche
tanto il contenuto o la qualità del video, mi basta godere.
Ho
tentato più volte di mettere un freno a tutto questo, a controllarmi, a
distrarmi. Però nemmeno l’allenamento coi miei Pokémon ha particolari effetti:
sono sempre distratto, la mia mente è sempre là. Ormai quando vedo una coppia
passeggiare penso subito a loro due soli in una stanza, ai tipi di rapporti che
potrebbero avere.
È
imbarazzante.
Non
so nemmeno perché mi sono ridotto così. Cerco sempre di mettermi in mostra, di
far vedere il mio corpo, di fare colpo su chiunque mi capiti a tiro.
Non
è così che dovrei comportarmi.
Sento
che il mio compagno è quasi vicino all’orgasmo. Lo capisco da come si muove e
da quanto mi stringe i fianchi. Mi lascerà dei segni non da poco.
Forse
nemmeno lui si ricorda chi sono io: ci siamo trovati in un locale la sera e
siamo finiti nella camera da letto dell’hotel dove alloggia. Sarà un’avventura
da una notte e via.
Tempo
fa non sarei mai riuscito a comportarmi così. Non che ci sia nulla di
sbagliato, semplicemente non era nelle mie corde.
Semplicemente
non riesco ad accettare il fatto di essere solo. Con Alice stavo bene, non
posso negarlo. Forse l’aver perso quella felicità mi ha fatto impazzire.
Ormai
abbiamo finito tutti e due: il lenzuolo è un disastro. Nella mia mente chiedo
scusa agli inservienti che dovranno pulire la camera domani, poi mi alzo e vado
in bagno a darmi una sistemata. Quando uscirò di qui vorrei sembrare decente.
Ogni
tanto vorrei chiedere aiuto, ma non ci riesco. Mi vergognerei troppo a spiegare
a chicchessia cosa sono diventato. Parlarne ad Alice è completamente fuori
discussione; Rodolfo è partito per allenarsi da quando ho assunto la direzione
della Palestra, non me la sento di tediarlo coi miei problemi; con gli altri
Capipalestra non ho un legame abbastanza stretto da riuscire a confidarmi.
Solo
quando inizio a lavarmi mi rendo conto di quanto il mio corpo sia dolorante.
Non lo posso biasimare: lo sto sottoponendo a troppi sforzi. Solo oggi ho avuto
altri quattro rapporti oltre a questo, è un ritmo praticamente insostenibile.
Ogni
tanto spero che mi venga un accidente che mi impedisca di continuare questa
vita, ma finora non è mai accaduto nulla. Forse è una condanna che mi dovrò
portare dietro ancora per lungo tempo.
Prima
di tornare nella camera per rivestirmi, poso lo sguardo sullo specchio. Sono
sempre io, non sono cambiato parecchio: i soliti capelli azzurrini, gli occhi
dello stesso colore – e un vistoso succhiotto sul collo. Dovrò ricordarmi di
coprirlo.
Mi
rivesto in fretta e saluto bruscamente l’uomo: ho solo voglia di andare a casa.
NDA.
Ciao
e bentornati a questa edizione di Addictions! Questo è il penultimo
appuntamento, per cui stringete i denti che manca poco.
I
protagonisti di questi due episodi sono stati Adriano e Camelia.
Adriano,
beh... Carino il suo outfit in ORAS, per carità, ma mi ha proprio dato
l’impressione di uno che si vuole mettere in mostra a tutti i costi (gli voglio
bene, in ogni caso). Quindi non dico fosse una scelta obbligata, ma mi sembrava
stesse bene.
Poi
Camelia è Capopalestra e modella, sicuramente qualche buon introito ce l’ha. Mi
dava l’impressione di una che potesse spendere tutti i suoi soldi in cose
assolutamente inutili.
Non
ho molto altro da dire per questo giro, ringrazio Andy Black per avermi
concesso questo spazio, ringrazio voi per avere letto, alla prossima!
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