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Doppiakappa - Innesco - 6

INNESCO. UNA RACCOLTA BY Doppiakappa
6. Warm Chocolate


Le guance di Lino erano rosse, quasi viola a causa dell’aria polare di Nevepoli.
Piccole lame d’etere gli sferzavano il viso, tremante come il resto del corpo, in quel freddo invernale, tipico della tranquillità cittadina montana.
Un ensemble di fiocchi di neve danzanti accompagnava con movimenti ipnotici quella giornata grigia e gelida, un velo candido copriva i tetti in legno spioventi delle piccole villette, mentre dai camini fuoriuscivano sbuffi scuri di fumo che, volatili, si disperdevano nell’aria risaltando su tutto il bianco del paesaggio.
Per strada due bambini giocavano tirandosi palle di neve, imbottiti con cura di cappotto, scarponi e sciarpe pesanti. Poco più in là, un uomo dalla folta barba scura spaccava in due dei ceppi di legno, brandendo un’ascia affilata. Una donna camminava veloce con una busta della spesa in mano, seguita dal figlio adolescente, carico di due borse visibilmente più pesanti.
Lino guardava incantato la gente del posto, le loro movenze, il loro stile di vita quasi incurante del freddo artico che invece gelava le ossa.
In quella piccola valle il tempo sembrava scorrere a rilento, forse era solo un’impressione, forse era proprio il freddo. Guardò l’ora  e si accorse che di tempo, lento o veloce che fosse, non ne aveva molto.
- Sono in ritardo! – esclamò, aumentando il passo.
Pochi minuti dopo si ritrovò finalmente davanti alla Palestra della città: un enorme edificio in mattoni e legno d’abete, che appariva quasi come un forte solitario in quella distesa di neve e alberi.
Guardò nuovamente l’orologio, e si accorse di essere arrivato in perfetto orario. Nove in punto.
Mai si sarebbe aspettato di arrivare così lontano da casa, in un ambiente così ostile, con le sue sole forze. Lui, che solo cinque anni prima doveva fare attenzione a non dimenticare l’inalatore a casa, in quel momento era in una bufera di neve.
E si recava davanti alla Palestra, le cui porte si sbloccarono, permettendogli di accedere all’interno. L’ampio salone era arredato con mobili di legno scurissimo, scaffali carichi di ogni tipo di libro immaginabile e un grazioso caminetto in fondo alla stanza.
Il ragazzo fu avvolto da una gradevole onda di calore, due mani tiepide che parevano strappare con forza il freddo dal suo corpo.
Un uomo si presentò da una delle due porte che conducevano probabilmente al campo di battaglia della Palestra, facendo accomodare Lino su una graziosa poltrona in pelle, tenuta in ottimo stato nonostante la visibile età.
- Buongiorno, presumo lei sia Lino…
- Buongiorno. Sì, sono qui per la sfida. – Il ragazzo si alzò in piedi.
- Le chiedo di aspettare qualche istante, la Capopalestra sta ultimando i preparativi e l’arbitro deve ancora verificare che il campo sia agibile. Ci perdoni per il disagio ma gestire una Palestra con questo clima non è affatto semplice... - l’uomo fece un leggero inchino.
- Non c’è problema, signore, capisco benissimo. – Lino sfoggiò il suo solito sorriso cortese, il sorriso che rifletteva perfettamente il suo carattere educato e pacato e che lo rendeva una persona facilmente apprezzabile.
Il ragazzo dagli occhi d’argento prese nuovamente posto sulla poltrona e iniziò a osservare i diversi soprammobili che adornavano quell’enorme salone: un candelabro d’ottone spiccava sulla piccola mensola di marmo sovrastante il camino, le candele erano invece tutte spente, consumate allo stesso livello, tranne una; una goccia di cera era riuscita a scivolare lungo un braccio del candelabro prima di solidificarsi.
Guardò i ritratti appesi al muro. I loro sguardi lo in leggera soggezione. Pareva dicessero:

“Ci aspettiamo una grande sfida!”

Era normale essere turbati, pensava, d’altronde doveva sfidare Bianca, la Capopalestra di Nevepoli, una delle Allenatrici più forti dell’intera regione di Sinnoh.

“Andrà bene, ci siamo allenati per tutto questo tempo... Calmati, Lino!”

Era tutt’altro che calmo però: le dita tamburellavano nervosamente sulle ginocchia, il suo osservare i dintorni stava diventando quasi paranoico e un nodo iniziava a stringergli in gola.
La porta si spalancò nuovamente, ma questa volta a chiamare il ragazzo fu l’arbitro.
Lino si spaventò tanto era immerso nei suoi pensieri.
- Uh… s-sì, eccomi… - disse, ancora distratto, posando poi gli occhi sull’uomo di fronte a lui: sulla quarantina, spalle robuste e coperte da un giaccone nero con il simbolo della Lega di Sinnoh stampato sul retro. Portava i capelli bruni, tagliati corti, e una barba quasi rossa  anch’essa tenuta corta.
L’uomo guidò il ragazzo lungo un corridoio spoglio, dalle pareti grigie che riflettevano il freddo che via via stava tornando a diffondersi nell’aria. Varcarono un’ultima porta e si ritrovarono davanti a un enorme campo da combattimento. Lino alzò gli occhi al cielo: il soffitto era aperto e lasciava entrare i minuscoli fiocchi di neve che, lentamente, bagnavano il terreno. Spostò poi lo sguardo sul campo: una sottile patina di ghiaccio copriva alcune zone del terreno, qualche masso era disposto qua e là lungo le linee che delimitavano l’area di battaglia e l’aria attorno era tornata gelida.
Il ragazzo tirò su il cappuccio della giacca sportiva, coprendo i ciuffi verdi quasi ghiacciati. Le sue iridi argentee fissavano ora un solo obbiettivo: Bianca.
La fissava sorpreso, colpito dall’abbigliamento impossibile della Capopalestra: la ragazza indossava una gonna marrone che le arrivava alle ginocchia, una leggera camicetta bianca le copriva le piccole spalle, e infine un paio di calze lunghe azzurre tenevano le sottili gambe al riparo dal freddo letale di quella dannata città.
- Benvenuto! Mi presento, sono Bianca, la Capopalestra di Nevepoli. È da qualche tempo che non vedo sfidanti e devo dire che mi sento un po’ arrugginita… non andarci troppo pesante, va bene? – disse, sorridendo, mentre tirava indietro le sue trecce more, legate da due graziosi fiocchi azzurri.
- Mi chiamo Lino, sono venuto da Hoenn per testare la mia forza qui, nella regione di Sinnoh. Ti prego di non trattenerti. Sono qui per provare la vera forza dei Capipalestra di questa regione e finora mi sono trovato di fronte a battaglie veramente toste.
- Allora dovrai dare tutto te stesso in questa sfida… Sei pronto?
- Sì!
- Bene allora, faccio io gli onori di casa! – esclamò la ragazza, facendo roteare una Pokéball in aria.
Al contatto della sfera col terreno, un’enorme Abomasnow si eresse di fronte al ragazzo. Il Pokémon sbuffava minaccioso piccole nuvolette di aria condensata, mentre sgranchiva le ossa arboree del torace.
- Non farti intimorire, vai! – gridò Lino, lanciando la sfera del suo fedele Gallade.
Il Pokémon Lama si mise subito in posa offensiva, facendo scintillare i gomiti affilati.
- A te la prima mossa, Lino. – disse l’altra, sfoggiando un’espressione più seria, quasi provocatoria.
Il ragazzo non si lasciò intimidire dalle iridi gelide di Bianca e ordinò al suo Pokémon di sferrare un attacco Forbice-X.
Gallade partì ferocemente alla carica dell’avversario, disponendo a croce le sue due lame. L’Abomasnow non si spostò di un millimetro, ma si limitò a bloccare l’attacco con le sue possenti zampe anteriori. Un piccolo flusso di sangue bagnò il fogliame del Pokémon Sempreverde, ma nessuna smorfia di dolore comparve sul suo muso.
- Com’è possibile?! Era un attacco superefficace! – esclamò. La fronte del ragazzo cominciò a bagnarsi di alcune gocce di sudore.
- Pensavi veramente che un semplice svantaggio di tipo avrebbe messo alle strette il mio Pokémon? Ho temprato il suo manto per farla resistere al taglio di una katana, il tuo Gallade dovrà darci dentro se pensi di voler vincere!

“L’ho sottovalutata, d’accordo. Devo pensare a una nuova strategia…  e in fretta…”

L’agitazione cominciava a farsi sentire e Lino, per qualche secondo, distolse distratto lo sguardo dalla battaglia. Subito però venne riportato alla realtà quando il comando Geloscheggia, urlato dalla Capopalestra, echeggiò all’interno dell’arena.
- Merda… Gallade! Minimizza i danni! – rispose prontamente il ragazzo, analizzando in quei pochi istanti a sua disposizione la situazione in cui si trovava il suo Pokémon.
Gallade venne colpito dalle schegge, riportando delle lievi ferite sulle braccia.
- Tutto okay?! Ce la fai a continuare? – chiese preoccupato al Pokémon Lama.
Un cenno della creatura fece tornare la lucidità al ragazzo, che subito iniziò a osservare ogni singolo particolare del Pokémon avversario, in cerca di un qualsiasi possibile punto debole da attaccare.
- Conto su di te allora…
Passarono i minuti ma l’Abomasnow di Bianca non pareva minimamente stanco, mentre Gallade era visibilmente stremato dai continui attacchi che sferrava, nel tentativo di abbattere la fortezza che era il suo avversario.
Lino stringeva i denti, mentre un amaro presentimento cominciava a pervadere i suoi pensieri.
Tutto d’un tratto le ferite sulle zampe dell’Abomasnow balzarono agli occhi del ragazzo; il primo pensiero fu quello di ordinare al suo Pokémon un attacco Tagliofuria per aprire ulteriormente le ferite, ma subito si bloccò dinnanzi alla sua morale.
Lino era una persona corretta e corretto era sempre stato il suo modo di combattere. Mai aveva tirato un colpo basso a un avversario, ancor meno aveva mai sfidato un avversario svantaggiato dall’inizio della lotta… o così era prima del suo viaggio a Sinnoh.
Un familiare sentimento macabro iniziò ad assillare la mente già stressata del ragazzo: voleva vincere quella sfida, sentiva la necessità di dover trionfare in quella battaglia.

“Non di nuovo…Non posso vincere ancora in questa maniera…”

Di tempo per pensare non ne aveva più, l’Abomasnow avversario si era ormai lanciato alla carica con tutta la sua mole verso Gallade. L’attacco Mazzuolegno del Pokémon Sempreverde era ormai a un passo dall’andare a segno quando Lino, lasciatosi conquistare da quell’impulso oscuro, ordinò al proprio Pokémon di sferzare le ferite di Abomasnow senza curarsi dei danni che avrebbe potuto causare.
Il Pokémon Lama, nonostante un impercettibile tentennamento, eseguì gli ordini del giovane Allenatore, squarciando senza remore le zampe dell’avversario.
Abomasnow arretrò gemendo e accasciandosi al suolo per il dolore, con le zampe sanguinanti.
- Ehi, questa mossa è sleale! – gridò Bianca, correndo dal suo Pokémon in preda alla disperazione e volgendo lo sguardo verso l’arbitro, che tuttavia non diede alcun segnale di irregolarità.
La sfida doveva continuare.
- Maledizione… ma che ti è preso?! Ero rimasta colpita dal tuo modo di fare, sembravi una persona onesta e leale… Mi sono sbagliata... Sei come tutti gli altri: pensi solo a vincere e non ti curi di ciò che è veramente una sfida. Vuoi la medaglia?! Dovrai sputare sangue per ottenerla!
Le parole della Capopalestra erano cariche di delusione e odio, frecce acuminate che tuttavia non scalfivano in alcun modo il suo avversario.
Da quando aveva messo piede a Sinnoh, Lino aveva incominciato a vincere battaglia dopo battaglia. Era diventato forte, lui. Ma vincere non gli bastava più, era come se sentisse il bisogno di trionfare, di schiacciare l’avversario. Odiava questo nuovo lato di sé e ormai non riusciva più a controllarlo in combattimento: se la situazione diventava critica, il docile e leale Lino lasciava il posto a un alter ego, freddo, insensibile e assetato di vittoria. Un altro se stesso che era nato da tutto il dolore e l’odio, provato nei confronti degli Allenatori che in passato lo avevano denigrato poiché debole.
Lino era cosciente di ciò che stava accadendo ma non poteva più fermarlo, non finché il suo avversario non si fosse dichiarato sconfitto. Guardava la scena da una gabbia mentale, avrebbe voluto urlare ma nessuno lo avrebbe sentito.
Bianca ritirò il suo Abomasnow, dichiarandolo impossibilitato a continuare e rinunciando così a uno dei suoi tre Pokémon a disposizione. Il Pokémon Sempreverde lasciò il posto a una bellissima Froslass, che con movimenti aggraziati volteggiava sul terreno macchiato del sangue della sua compagna. Lo sguardo dei due avversari si fece carico di astio, invitando il ragazzo a fare la sua mossa.
- Gallade, basta così. – Lino si limitò a pronunciare queste parole prima di ritirare il Pokémon Lama nella sua sfera.
Un Torkoal uscì da una seconda Pokéball del ragazzo, mettendosi al suo fianco.
- Finiamola in fretta, Ondacalda!
L’attacco del Pokémon Carbone colse alla sprovvista il Froslass nemico facendolo cadere al suolo, arrecandogli inoltre danni enormi.
Bianca non fece in tempo a pronunciare un comando che Lino, subito, ordinò a Torkoal di finire l’avversario con Lanciafiamme.
La Capopalestra si avvicinò esterrefatta alla Froslass, i suoi occhi iniziavano a bagnarsi di un velo di lacrime, vedendo il corpo della propria compagna coperto di bruciature.
- Basta così… mi arrendo… La medaglia è tua, hai vinto… - disse la ragazza, con un filo di voce tremolante, mentre i fiocchi di neve la sfioravano danzando al ritmo di un requiem.
L’arbitro sventolò la bandiera rossa  a favore di Lino, mentre un sorriso inquietante appariva lentamente sul volto del ragazzo.
Nemmeno Bianca era riuscita a fermare la bestia affamata che si celava nel ragazzo, nemmeno lei era riuscita a salvare Lino da quella parte di lui che lo stava tenendo in ostaggio.
Il ragazzo uscì dalla Palestra facendo scintillare la medaglia, girandosela fra le dita.
Le strade erano ormai deserte, non un’anima osava mettere piede in quella calotta glaciale che era diventata la città.
I fiocchi di neve, da ballerine che erano, si tramutarono in schiere di soldati che affilati, sferzavano in una tormenta l’aria gelida di Nevepoli.
Lino prese posto in un bar, aprendo di fronte a sè la cartina della regione.

“Fermati… ti prego…”

Urlava silenziosamente a se stesso quelle parole da minuti interi, ormai. L’altro però sembrava non volerlo più ascoltare. Lui aveva preso il pieno controllo e nulla lo avrebbe più fermato.
L’unico ostacolo prima della Lega era Corrado, il Capopalestra di Arenipoli, che altro non sarebbe stato che un’ennesima vittima di quella sete morbosa di vittoria che teneva in vita quella ripugnante parte di lui.
Lino ormai non esisteva più, schiacciato da quella calda sensazione che era l’appagamento per aver vinto una sfida. Calda come la cioccolata che il ragazzo sorseggiava sfoggiando il suo solito sorriso.
Un sorriso che tuttavia non gli apparteneva più.
,._ e a capo; 
Con questo do' inizio alla seconda parte di Innesco, diversa dalla prima in quanto rating medio delle varie componenti e soprattutto contenuto.
Andy ha voluto alzare l'asticella, mettendomi non una, non du ma bens^ tre rating rosso in lista.
Non ho mai scritto rating rosso in vita mia e il prossimo pezzo sarà il primo ... (ops... spoler).
Come mi sento? Gasato!
Ho un sacco di cose in mente, ho qualche vaga idea di come metterle assieme e soprattutto ho voglia di scrivere.
Se tu che leggi hai per caso voglia di lasciare un commento su quello che ho scritto, un insulto, per quello che ho scritto, o un desiderio per qualcosa che scriverò in futuro... beh, la barra dei commenti la vedi, sta a te fare 'sto sforzo.
Dalla regia è tutto, vi aspetto alla prossima puntata.
- KK

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