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John Hancock - Bloodborne - 19 - Il Centro Del Potere




Il Centro Del Potere




Bellocchio, Bianca e Valerio avevano ripercorso la strada fino a tornare a Nevepoli. Mamoswine aveva corso quanto più velocemente possibile, falciando piccoli arbusti lungo il percorso. Quando arrivarono alla loro destinazione, Mamoswine era ormai senza più forze, ansimava e, dalla bocca, delle gocce di saliva cadevano ritmicamente al suolo. Era ormai pomeriggio inoltrato, e la Palestra di Nevepoli era avvolta da un silenzio surreale.

- Sei sicuro che sia qui? – chiese Bianca mentre smontava dalla groppa di Mamoswine.
- Sicuro. “Il ghiaccio infine verrà spezzato e ridotto in granelli dalla forza delle radici”. Ha voluto darci un indizio, attaccherà la Palestra.
- Perché mai avvisarci allora? Potrebbe essere una trappola.
- Non ne sono sicuro. So soltanto che Bloodborne vuole che io scopra il suo passato. Molti criminali provano gusto nel sapere di essere inseguiti e sono orgogliosi della loro storia. Forse vuole darci il suo punto di vista, come se si stesse giustificando per quello che sta facendo.
Ormai all’ingresso dell’edificio, Bellocchio ne iniziò a osservare i vari particolari. Le finestre laterali non presentavano segni d’effrazione e la porta d’ingresso sembrava in regola. Il grande tetto, verde, a cupola era ricoperto dalla neve della bufera precedente, ma sul manto bianco Bellocchio non individuò impronte di alcun tipo.
- Valerio, va a controllare il retro, qui davanti sembra essere tutto intatto. Speriamo di essere arrivati in tempo – disse Bellocchio.
- Ci penso io. Al minimo segno d’effrazione vi chiamo.
Nel mentre, Bianca e Bellocchio fecero il loro ingresso, con Croagunk e Glaceon ai loro fianchi. Muovendosi con circospezione, osservarono l’interno. La sala accettazioni era completamente vuota. La televisione era accesa e impostata su un canale musicale, senza però l’audio. Bellocchio osservò intorno, cercando indizi.
- Ellie, rilevi qualcosa?
L’I.A. s’accese, illuminando per un attimo le lenti di Bellocchio.
- Ci sono tracce di vegetali sul pavimento, si dirigono verso la porta sulla destra. Nessuna presenza di sangue all’interno di questa sala.
- Dietro quella porta cosa c’è? – chiese lui a Bianca.
- La sala d’allenamento, perché?
- Ci sono delle tracce che vanno lì. A quest’ora doveva esserci qualcuno?
- Certo, i miei assistenti. La Palestra è stata dichiarata chiusa per far fronte alla minaccia ma ciò non significa che non continueremo ad aiutare la città. Erano qui in attesa di nuovi ordini.
Bellocchio estrasse la pistola dal fodero. Tolse la sicura e spostò l’indice verso l’esterno del grilletto.
- Attenti, potrebbero esserci altri Pokémon infetti qui dentro.
Lentamente, aprì la porta che dava sulla sala d’allenamento. Diede un’occhiata all’interno, senza notare alcun movimento. Decise d’entrare, e per poco quello che vide non gli fece credere di avere delle allucinazioni. Delle immense radici fuoriuscivano dal terreno, il ring era stato completamente distrutto. Più simili a delle vene pulsanti di una scura tonalità del verde, che a delle radici d’albero, si erano fatte strada nel ghiaccio posizionato sul suolo e si erano innalzate verso il soffitto della Palestra, compiendo più e più nodi su loro stesse, distruggendo qualsiasi cosa intralciasse il loro movimento.
Vedendo Bellocchio immobilizzato, Bianca entrò a sua volta.
- Che cosa stai guardando? – chiese lei, ma si fermò a sua volta quando conobbe la risposta.
La sua Palestra era stata invasa. Il ring, gli spalti, la postazione degli arbitri, i tabelloni, era tutto andato distrutto.
- Ellie, analizzala.
- Sostanza a me sconosciuta, Bellocchio. Non presenta però segni di vita, è morta. Rilevo tre corpi umani in fin di vita all’interno.
- Dove?
- Lì al centro, ti evidenzio il punto. Sono avviluppati dalle radici.
- Bianca, c’è qualcuno stretto fra quelle radici, aiutami! – Bellocchio sentì un’improvvisa scarica d’adrenalina pervadergli il corpo.
- Croagunk, liberali.
Il suo fedele compagno raggiunse in pochi balzi la zona, aprendo la strada per lui. Le radici cedevano abbastanza facilmente, diventando però sempre più grosse mano a mano che si avvicinavano al loro obbiettivo. Bianca rimase pietrificata, osservava la scena da lontano, senza poter muovere un muscolo.
Bellocchio iniziò a spazzare la stanza con lo sguardo, in cerca di qualcosa che potesse aiutarlo a tagliare.
- Un lungo frammento di acciaio è conficcato in quella radice – gli fece notare Ellie.
Lui gli si avvicinò, era un pezzo d’acciaio simile a una lama spezzata, affilatissimo su di un lato e più lungo del suo braccio. Conficcato fra due radici relativamente piccole, era ostico da liberare.
- Croagunk, aiutami qui – Bellocchio indicò i due lati della lama.
Croagunk agì rapido, liberandola con relativa facilità. Aveva lasciato una parte di radice da un lato, in modo da poterla utilizzare come elsa. Bellocchio la impugnò con entrambe le mani e iniziò a colpire insieme a Croagunk lì dove aveva indicato Ellie. Si bloccò di colpo quando vide apparire un viso, e subito dopo altri due, tutti e tre allineati.
- Sono qui, sono stati completamente assorbiti. Bianca, aiutami!
Le sue parole però parvero non raggiungere la diretta interessata. Bellocchio si voltò, cercandola con lo sguardo. Era ancora lì dove l’aveva lasciata, immobile e con gli occhi che sembravano persi nel vuoto.
Bianca sentiva la testa girare, le orecchie le fischiavano e tutto il mondo sembrava muoversi al rallentatore. La sua palestra era stata completamente invasa, mentre lei non aveva fatto praticamente nulla per impedirlo. In lontananza sentiva la voce di Bellocchio che la chiamava ma le pareva ovattata, come se ci fosse un velo d’acqua fra i due.
Bellocchio si girò, per poi iniziare a colpire quell’enorme miscuglio di radici che occupava l’intera sala, concentrandosi in un punto esatto. Frammenti verdi misti a uno strano liquido volavano via dalla sua arma improvvisata, imbrattando i resti del ring. Ad ogni colpo, il rumore che giungeva nelle orecchie di Bianca aumentava d’intensità, fino a riempirle completamente ogni pensiero, riverberando nella sua testa. Le sembrò quasi di essersi risvegliata da un lungo sonno.
I suoi occhi finalmente vedevano di nuovo il mondo che la circondava. Le ci vollero diversi secondi per collegare gli ultimi avvenimenti e, quando posò nuovamente il suo sguardo su Bellocchio, il suo corpo fu pervaso dall’impulso di lanciarsi lì, ad aiutarlo. Tirò con tutte le sue forze quelle strane radici, allentandole quanto basta per permettere a Bellocchio di inserirci la lama, facendo ben attenzione a non ferire i suoi assistenti. Non appena anche l’ultimo laccio fu tagliato, i tre furono liberi all’unisono, cadendo fra le braccia sue e di Bellocchio. Leon e Melania caddero addosso a Bellocchio, mentre Annie cadde su di lei. Tutti e tre iniziarono a vomitare e a tossire, ricoperti da una vischiosa sostanza verdastra, simile alla linfa fuoriuscita dai tagli fra le radici.
- Annie! Che cosa è successo, state bene? – chiese Bianca, aiutando l’altra a sedersi.
- Stiamo bene, tutti e tre. Quella… cosa, è uscita all’improvviso dal terreno e ha iniziato ad attaccare a caso. Ci ha afferrati e stretti fra di sé, non riuscivamo a respirare lì dentro, ma non ci ha fatto del male – rispose l’altra, respirando a fatica.
- Non vi ha feriti?
- No, per fortuna c’eravamo soltanto noi, altrimenti non so cosa sarebbe successo.
- I soccorsi stanno arrivando – avvertì Bellocchio, intento a prestare le prime cure ai tre.
Bianca si girò a osservare il bozzolo dove erano stati tenuti prigionieri i suoi tre assistenti. C’era qualcosa che fuoriusciva dalla linfa, anche se ne era visibile soltanto una piccola porzione. Bianca si alzò e gli si avvicinò. Infilò la mano dentro, quasi vomitando nell’istante in cui toccò quella sostanza dal tanfo nauseabondo. Ne estrasse, senza fatica, un piccolo diario malandato, protetto da una pellicola di plastica in cui era avvolto. Stringendolo fra le mani, tornò da Bellocchio. Valerio era, nel frattempo, ritornato da loro e stava aiutando quest’ultimo con le ferite di Annie, Leon e Melania.
Bianca strappò la protezione dal diario e lo mostrò ai due.
- Ne ho trovato un altro – constatò, aprendolo.


“La stanza d’incubazione funziona alla meraviglia. Non solo Prim si è stabilizzata, ma siamo stati anche in grado di avviare un possibile processo di guarigione, grazie alle particolarità rigenerative di quel fiore da noi tanto temuto. Scrivo queste parole nella sicurezza della mia camera. Non sono sicuro di quale posizione abbia preso Sabrina, temo possa essere una spia inviata qui per spiarmi e poi rubare il lavoro, per poi rivenderlo come arma, sono stato costretto ad allontanarla. Sono sicuro che l’incidente sia stato premeditato, in modo da spingermi a lavorare oltre il limite delle mie forze, giorno e notte. Seguendo sempre il consiglio dello psicologo di Nick, mi accingo a scrivere gli ultimi avvenimenti, magari con la speranza, o fortuna, di aiutarmi a riordinare le idee e avere un quadro più ampio della situazione. Ecco cosa successe quel giorno.”
 

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