-
E quindi l’abbiamo trovato morto! Aveva la lingua da fuori ed era immerso in
una pozza di sangue! E puzzava di merda e… e le fiamme! Le fiamme non c’erano
più!
-
Barry – lo ammonì suo padre, facendogli voltare solo gli occhi. – Che razza di
linguaggio è questo?
Il
ragazzo sospirò e abbassò il capo, pentito.
-
Scusa, pa’...
Lucinda
storse le labbra e incrociò le braccia, mantenendo la sua tipica smorfia
saccente sul volto.
-
Le giuro, signor Palmer, che non ha imparato da noi queste parole.
Lucas
guardava l’adulto sorridere a mezza bocca e mettere la grande mano sulla testa
del figlio.
-
Lo so, Lucinda. Il Mio Barry è soltanto un po’ troppo esuberante, a volte, e
non si rende conto quando esagera. In fondo però è un bravo ragazzo, proprio
come voi.
Gli
occhi del biondino si accesero, e un grande sorriso gli percorse il viso, da
guancia a guancia.
-
Facciamo presto! – esclamò poi, prendendo suo padre per mano e tirandolo.
-
Fai piano…
Flemminia
quella mattina era in fermento, nonostante il cielo minacciasse di spaccarsi
giusto nel mezzo, lasciando piovere sui tetti azzurri delle case. Nuvole grigie
venivano spazzate via dalle folate di vento, pattinavano lontane, muovendosi
verso Cuoripoli.
Tutto
a posto, se non per il fatto che andate via quelle il cielo non tornava
azzurro, ma rimaneva scuro e iracondo.
-
Sbrighiamoci – faceva Palmer, stretto nel suo lungo soprabito verde. Affondò il
naso nella sciarpa di lana e girò verso destra, proseguendo sulla strada che li
avrebbe portati alla Torre Memoria. Tutt’intorno la strada era lastricata di
alberi spogli. Le foglie cadevano, volavano sospinte dal vento, in un turbinio autunnale
rosso, arancione e marrone parecchio evocativo. I ragazzi seguivano l’adulto
qualche passo indietro, parlottando della serata precedente e di come la
signora Miley della pensione fosse stata turbata dalla cosa.
-
Ma sì, ma sì, te lo dico: quella ci ha pianto tutta la notte! – aveva esclamato
il ragazzo dai capelli biondi. – Hai visto l’espressione che aveva?
-
Barry! Sei davvero indelicato! – aveva invece replicato Lucinda, con quella
voce stridula e reattiva.
-
Ma non ho detto nulla di male! Secondo me ci è stata male davvero!
-
Ma era uno dei suoi Pokémon! È normale che ci sia rimasta male!
Lucas
camminava qualche passo più avanti, tra i suoi amici e l’adulto che li
accompagnava. Sospirò, di lì a poco il freddo avrebbe aggredito la valle, e
sarebbe cominciato quel periodo dell’anno in cui il suo respiro diventava fumo
e i vetri delle macchine erano appannati dall’interno, anche quando non ci si
stava dentro per molto tempo.
Non
era necessariamente una cosa negativa; gli piaceva l’autunno e avrebbe amato
ancor di più l’inverno. Di lì a poco sarebbe scesa la neve, la gente avrebbe
acceso i camini, e il calore del fuoco era meraviglioso. E poi avrebbe
indossato i vestiti più belli, e avrebbe aiutato sua madre a cucinare i suoi
piatti preferiti.
Le
zuppe di sua madre erano deliziose. In inverno riscaldavano tutto il corpo.
-
Puoi smetterla, per favore?! – continuava a urlare Lucinda, colta da
quell’improvviso nervosismo che Lucas non riusciva a giustificare. Si voltò per
un secondo, vedendo Barry con le mani alzate e una smorfia confusa sul viso. La
ragazza lo additava, quasi come se gli avesse puntato una pistola contro, forse
un po’ troppo aggressiva. Rallentò, quello dal basco rosso, afferrandola per
mano e tirandola con sé.
-
Mollalo. Dagli tregua. Sai com’è fatto...
Sia
lei che Barry spalancarono gli occhi e avvamparono.
-
Ehm... va bene...
La
ragazza strinse la mano del più cheto e si avviò in avanti, lasciando il
biondino solo e perplesso. Guardava quelle due mani strette e un nodo gli si
strinse alla gola. Cancellò quell’immagine e cominciò a correre in avanti,
affiancando suo padre.
-
Siamo arrivati? – domandò.
Palmer
si limitò a fare un cenno col capo: davanti a loro, imperiosa e tetra, si erigeva
la Torre Memoria. Costruita centinaia di anni prima, quello era sostanzialmente
un cimitero immerso nelle perenni nebbie che scendevano dense dalla parete nord
del Monte Corona.
-
Dimentico quanto è grosso, questo posto! – esclamò Barry, forse un po’ troppo
rumoroso in quel contesto. Suo padre si voltò verso di lui e lo avvicinò,
fissandolo negli occhi vividi e perlacei.
-
Devi fare più silenzio, figliolo. Questo posto è un luogo di preghiera, dove
umani e Pokémon piangono i loro affetti perduti. Perciò sii rispettoso.
Annuì,
il ragazzo, facendo finta di chiudersi le labbra con una zip. Palmer gli
arruffò i capelli e tornò a capo del gruppo, avanzando e sorpassando i cancelli
malmessi e arrugginiti del grande cimitero. Tutt’intorno non vi era altro che
nebbia, filtro imparziale di ogni cosa. Ogni tanto, risaltavano nel grigiore
persone dai capi sgargianti e Pokémon irrequieti. Tutti si muovevano attorno
alle varie lapidi disseminate ordinatamente nel prato umido. Non era strano
vedere qualcuno piegato sulle tombe, mentre piangeva, silenzioso e disperato.
Palmer
si mosse sicuro sul selciato, evitando di incrociare gli sguardi della gente
che lo guardava incuriosita. Del resto era pur sempre uno degli Allenatori più
noti dell’intera Sinnoh, e vederlo lì, in quell’uggiosissima domenica di
ottobre, era un po’ insolito.
Diversi
metri dopo la nebbia fece per diradarsi, proprio a ridosso della grande
scalinata in marmo. Due grossi corrimano di ferro battuto partivano dai lati
della stessa, e terminavano accanto agli stipiti del grosso portone, antico, in
legno massiccio con inserti in acciaio.
Pareva
pesasse venti tonnellate.
Attraversarono
l’uscio in religioso silenzio, mentre i talloni di Palmer battevano severi sul
pavimento freddo. Una grossa scalinata si ergeva subito sulla destra, mentre al
centro vi era un altare su di un paio di scalini, su cui un prete recitava messa.
Diversi anziani e qualche giovanotto ben pettinato l’ascoltavano col capo
chino.
-
La parola di Arceus... – sussurrò Barry, mentre Lucinda continuava a stringere
la mano del suo amico. La cosa lo infastidiva leggermente, ma suo padre cambiò
direzione e li invitò a fare altrettanto.
Arrivarono
al terzo piano, attraversando sale quadrangolari e costeggiando le balaustre
centrali, che si affacciavano direttamente sul piccolo nugolo di persone
nell’atrio a pian terreno che ascoltava la funzione. E poi, d’improvviso,
l’uomo si fermò.
-
Dovrebbe essere qui...
Portò
le mani ai fianchi e prese a guardarsi attorno, spostando dal volto le lunghe
ciocche bionde, forse con qualche venatura in più d’argento di qualche anno
prima. E poi, come se avesse avuto un’illuminazione, si voltò.
-
Venite – ordinò, muovendosi verso la scalinata che portava al quarto piano ma
stavolta passandovi accanto, superandola e passandoci sotto. Quando i ragazzi
lo raggiunsero stava già stringendo la mano alla vecchia Miley, tutta impettita
nel proprio vestito nero, con due fazzoletti sporchi di trucco nella mano
sinistra e una borsetta abbastanza demodé in quella destra. Un grosso
cappellone a tesa larga le copriva il capo, anche se in quel posto non era
buona educazione indossarlo. Ma probabilmente non lo sapeva neppure. Inoltre,
con quella faccia disperata, nessuno sarebbe andato da lei a dirle come ci si
dovesse comportare in quel sacro luogo.
Barry
avvicinò Lucas e Lucinda e riuscì a rubare uno stralcio della conversazione che
suo padre e la proprietaria della Pensione stavano avendo.
-
Sì, stava male. Stava parecchio male, ma già da tanto tempo...
-
Era quello nato sottopeso, giusto?
-
Sì, proprio lui. Te lo ricordi ancora?
-
Non credevo avrebbe superato la notte, onestamente.
-
Beh... lo ha fatto. E proprio per questo ci tenevo tanto che stesse bene. Ma
era debole...
-
Non esistono solo Pokémon forti e in salute, Miley. Proprio come noi umani.
-
Lo so, Palmer... lo so. Ma se avessi saputo... dannazione....
Riprese
a piangere subito dopo. I tre si guardarono negli occhi, per poi rimanere in
rispettoso silenzio.
-
Forza... – cercò di rincuorarla l’uomo, mettendole una mano sulla grossa
spalla. Quella gli si avventò contro, stringendolo con vigore alla vita.
-
Forza... – ripeté lui, prima di voltarsi verso i tre più giovani, che
guardavano impietositi la scena.
-
Rompete le righe, giovani. Aspettatemi all’ingresso.
E
così scesero rapidi.
-
Era debole. Hai sentito che ha detto? Che era debole. A te sembrava debole? –
domandava un irrequieto Barry, mentre camminava avanti e indietro davanti alla
scalinata d’ingresso. Lo chiedeva a Lucas, seduto accanto a Lucinda sul secondo
scalino, con le mani a reggere la testa e i gomiti puntellati sulle ginocchia.
-
Non lo so... ma tutta questa storia è molto triste... – disse, con aria
sconsolata.
-
A me non pareva debole.
-
Beh... lo era – ribatté Lucinda. – Altrimenti non sarebbe morto così. Che poi,
perché è morto?
-
Non ne ho idea – risposero entrambi, guardandosi entrambi negli occhi e
grattandosi il naso, sorridendo leggermente.
-
Per quale motivo chi è debole muore? – chiese poi Barry.
-
Perché è debole – rispose Lucas.
Sentirono
Lucinda ridacchiare. - Troppo ovvio.
-
Che? – ribatté il primo.
La
ragazza fece una smorfia e sospirò.
-
Nulla. Semplicemente, è la natura che è fatta in questo modo. Il più forte
sopravvive, mentre il più debole muore. È la legge universale che regola il
mondo.
-
Sì, lo so... – rispose Barry, quasi lamentandosi, infilando le mani in tasca e
guardando in basso, verso le punte delle sue scarpe sporche di fango. - ... è
che è triste pensare che uno dei tuoi Pokémon possa morire così, perché non è
forte abbastanza da sopravvivere.
-
Vero – disse poi Lucas, vedendo anche Lucinda annuire. Per la prima volta erano
d’accordo tutti e tre. Si guardarono negli occhi, impauriti e timorosi che la
stessa cosa fosse potuta succedere anche ai loro compagni, e al ricordo di quel
Ponyta e del sangue e delle lacrime della vecchia signora Miley il sangue prese
a ribollire nelle loro vene sottili.
-
Io... – fece Barry. – Io ieri ho espresso il desiderio al pozzo, chiedendo che
i miei Pokémon diventassero più forti...
-
Ancora... – sbuffò Lucinda, ruotando gli occhi e portandoli poi al cielo.
-
Forse dovreste farlo anche voi...
-
Io non credo a questa roba! È soltanto una serie di coincidenze che si è
concatenata a un’altra serie di coincidenze! Non c’è nulla di razionale che
possa giustificare ciò che è successo in questi giorni col fatto che voi
abbiate tirato una monetina in un pozzo ammuffito!
-
Io ci credo – ribatté Lucas.
Lucinda
si voltò rapida verso di lui e aggrottò la fronte.
-
Anche tu?
-
Sì, anche io. Ho visto ciò che è successo, per via del nostro desiderio. La
vecchia Miley era bloccata a letto, abbiamo desiderato che stesse meglio e il giorno
dopo successe davvero...
-
Ma si sarebbe sentita meglio lo stesso! Ragazzi, andiamo! Perché non capite?!
Barry
le fece una linguaccia e sospirò.
-
In ogni caso dopo torneremo al pozzo... anche voi avete bisogno di esprimere il
desiderio di avere dei Pokémon forti...
E
mentre Lucas annuiva, Lucinda si limitava a storcere le labbra e a guardare
l’orizzonte oltre la nebbia con occhi dubbiosi e stanchi.
Fu
così che, quando Palmer uscì dalla Torre Memoria e tutti e quattro raggiunsero
il paese, il gruppo si divise.
-
Non tardate!
-
No, papà, tranquillo! Andiamo soltanto a fare una cosa e poi torniamo.
L’uomo
guardò Barry dubbioso e sospirò.
-
Che andate a fare?
-
Che ti frega?! Ora andiamo! – esclamò, prendendo Lucas e Lucinda per mano e
trascinandoseli via. E quando si rese conto di star toccando le dita affusolate
dell’amica, il cuore mancò un battito. Camminarono così fino a quando entrambi
non strattonarono le braccia, liberandosi e proseguendo alle spalle dell’altro.
Riattraversarono Flemminia nel senso opposto, assisterono alla sfilata
domenicale di anziani che si recavano verso la chiesa del paese, per la
funzione di mezzogiorno. Li dribblarono abilmente e uscirono dal centro
abitato, camminando sui marciapiedi consunti fino a quando quelli non si tuffavano
nell’erba. Pokéball alla mano, affondarono verso sud per diversi minuti, poi
videro la vecchia Miley sorpassarli a bordo della sua Renault 4, prima di
raggiungere casa sua. Quando loro passarono davanti alla Pensione, però, lei
già non c’era più.
-
Ho fame... – borbottava Lucas, guardando il cielo rimanere nero e compatto
sulle loro teste.
-
Mangerai dopo. Ora andiamo – ribatté invece Barry, impaziente come sempre. – O
devo comminarti una multa di tre milioni?
Lucinda
arcuò le sopracciglia e annuì. – Che paroloni, che usi. Pensavo vivessi ancora
in una caverna e che usassi la clava per procacciarti il cibo.
-
No, donna... – sbuffò il biondo. – Quello lo faccio solo il mercoledì...
Arrivarono
al Pozzo Memoria che già pioveva; l’acqua rimbalzava sulla struttura in ferro
battuto e si gettava avanti, sui vestiti dei due ragazzi, o indietro, nel vasto
prato verde. Lucinda rimase due passi indietro, un po’ demoralizzata.
-
Io ho fatto già ieri, con Lucinda – fece Barry, facendo per mettersi a lato,
lasciando Lucas da solo col pozzo. Quello si voltò prima verso la ragazza, con
un grosso punto interrogativo sul volto, poi riguardò l’amico.
-
Ma non avevi detto che lei non aveva fatto nulla?
-
Infatti non ho fatto nulla – fece la ragazza. – Sono rimasta a guardare quello
stupido fare lo stupido e raccontarsi una favoletta...
-
Non è una favoletta! – esclamò Barry. – Sai che è vero! Hai visto che cosa è
successo, con la pioggia! E la vecchia Miley ora cammina e alza le balle di
fieno a mani nude, e stamattina ho controllato i miei Pokémon ed erano in
perfetta salute!
Fu
allora che Lucas riuscì a vedere per la prima volta Lucinda alterata: alzò la
testa al cielo, quella, raccogliendo i capelli scuri che le stavano sulle
spalle del cappotto rosa, li tirò indietro e alzò la frangetta, spettinandola
totalmente ma levandola davanti allo sguardo, poi allargò le narici, umettò le
labbra e chiuse gli occhi, prima di spalancarli spiritati.
-
MA CAZZO, BARRY! MI SPIEGHI COME UNA COSTRUZIONE DI SEI MILIONI DI ANNI FA, MESSA
IN PIEDI PER TIRARE L’ACQUA DA SOTTO TERRA A QUI, POSSA FAR CAMBIARE IL METEO?!
OPPURE FAR SENTIRE MEGLIO MILEY E I TUOI POKÉMON?! QUESTA È FOLLIA! – urlò,
allargando le braccia e avvicinandosi aggressiva all’altro.
-
Questa è Sparta... – ridacchiò Lucas, sottovoce, ma parve che Lucinda non se ne
fosse accorta. Guardava solamente il volto confuso di Barry, immobile e
corrucciato.
-
Non è giusto che tu mi parli in questo modo.
La
voce del ragazzo fu dura. Anche la sua espressione non rispettava il suo modo solare
di fare le cose e vivere la vita. Era cupo, quasi addolorato.
-
Capisco che tu non possa essere così intelligente da capire determinate cose!
Ma questa, dai, questa è elementare! La tua è solo superstizione! E pure tu! –
fece, voltandosi verso quello dal basco rosso. – Io credevo che non ti facessi
trasportare da queste cretinate!
-
Io ci credo... – ribatté a bassa voce l’altro, abbassando lo sguardo,
imbarazzato.
Si
creò un silenzio teso e quasi fastidioso, che però nessuno riusciva a rompere.
Lasciarono che si sedimentasse per qualche secondo, prima che quella voltasse
le spalle e andasse via, collerica.
I
due che erano rimasti finirono per guardarsi in silenzio. Lucas era confuso, ma
Barry pareva esser stato ferito nel profondo: guardava in basso, mentre gli
occhi si muovevano lenti, sopra, a destra, sotto e a sinistra.
“Mi reputa uno stupido
perché credo a queste cose. Ha detto che non sono intelligente...”.
E
in quel momento rivide la mano di Lucas stringere quella della ragazza, e lui
era indietro, alle loro spalle, tagliato fuori. Quei due avrebbero finito per
innamorarsi, per sposarsi, per avere bambini, per vivere la loro vita, e lui
non sarebbe mai riuscito a emularli.
E
lo avrebbero abbandonato.
Sospirò,
fu poi risvegliato dal rumore degli spiccioli nella tasca dell’amico, che
scavava per trovare il quartino.
-
Ne ho uno che ho preparato apposta, l’ho addirittura lucidato perché pensavo
che avrebbe fatto più piacere al pozzo... Volevo desiderare una torta gigante
per il mio compleanno, ma la salute dei miei Pokémon è molto più importante...
-
Fai presto – fece il biondo, sospirando di nuovo. – Ha cominciato a piovere...
-
Ho l’ombrello. Lo divideremo.
-
Va bene. Ma ora vai.
-
Sì.
Lucas
estrasse un quartino lucido, lo strinse tra il pollice e l’indice e fece un
passo avanti, poggiano la mano libera sui mattoni ricoperti di muschio
dell’antica costruzione e annuì.
-
Oh, antico pozzo... Vorrei che i miei Pokémon godessero di buona salute per
sempre!
Poi
lanciò la monetina, e la pioggia s’infittì, tanto che solo uno dei due riuscì a
sentirla atterrare nell’acqua.
-
Ma è caduta?! Non è che ho sbagliato?! – aveva fatto poi Lucas, preoccupato. –
Devo rifarlo? Non ho lucidato altre monetine...
-
No, è caduta, l’ho sentita io. Ora muoviamoci, che altrimenti domani avremo la
polmonite...
-
Giusto. A me non piace, la polmonite...
-
Credo non piaccia a nessuno. Sbrighiamoci e caccia l’ombrello.
*
A
Barry non piaceva il contatto fisico e il fatto che durante il tragitto di
ritorno Lucas lo stringesse per farlo entrare agevolmente sotto l’ombrello un
po’ lo disturbava. Ricamminarono a ritroso come facevano ogni volta, ma il
terreno si saturò d’acqua quasi immediatamente, e creò delle pozze, che i due
non potevano evitare di calpestare. A Lucas entrò l’acqua nelle scarpe,
infradiciò i calzini e bagnò i piedi.
-
Oh, cielo! Odio questa sensazione...
-
Sì, lo so, è orribile...
-
Ho rovinato le scarpe – sbuffò. – Ora mia madre mi ucciderà!
-
Sì, lo so, è orribile...
Fu
a quel punto che il primo appuntì il muso, pronunciando le labbra.
-
Barry... ma tutto a posto?
-
Quella! – esplose immediatamente il ragazzo, come se avesse aspettato per tutto
il tempo che l’amico se ne accorgesse. – Ha osato dire che sono poco
intelligente per capire le cose importanti! Ma come diamine si permette?!
Dovrei farle una multa di mille milioni!
Lucas
distolse lo sguardo e storse il muso. – Smettila con questa storia delle
multe... Nessuno te le pagherà mai...
-
Ecco! Ora anche tu pensi che io sia stupido, uh?!
Arrivarono
fradici davanti al cancello della Pensione della vecchia Miley. La pioggia lì
prese a battere radente, costruendo una cortina fumosa davanti ai loro occhi.
-
Non sei stupido, Barry! Semplicemente questa storia delle multe è surreale! Non
sei mica un poliziotto, o un vigile...
E
mentre il ragazzo biondo voltava la testa dall’altra parte dall’altra parte,
qualcosa lo distrasse: una striscia bianca era stesa per terra lungo il
vialetto d’ingresso della Pensione, i cui cancelli erano spalancati.
-
Ma... è un Pokémon? – fece, aguzzando la vista.
-
Ma cosa?
-
Quella cosa.
-
Quella cosa cosa?
-
Quella! – esclamò poi spazientito, indicando con la mano la cosa che aveva
visto.
Lucas
aggrottò la fronte e cercò di vedere meglio, da lì, ma Barry ormai già si era
avvicinato, in barba alla tempesta. Il ragazzo sotto all’ombrello lo vide
abbassarsi e raccoglierlo, per poi incontrare il suo sguardo avvilito.
-
Allora?! Cos’è?! – urlò quello col basco, cercando di sovrastare il rumore
dell’acqua in picchiata.
-
Questa...
Barry
abbassò lo sguardo, stringendo nel pugno quella che sapeva essere la sciarpa di
Lucinda. Ne sentiva il profumo. Poi un flash li accecò, e il rombo del tuono
poco dopo confermò loro che si trattasse di un fulmine.
-
Cosa?! Cos’è, quella?! – urlava ancora Lucas.
-
Questa è la sciarpa di Lucinda...
-
Non ho capito! La pioggia è troppo forte!
Barry
si voltò subito dopo, vedendo le orme degli stivali della ragazza affondati nel
fango.
-
Lucinda è qui...
-
Cosa?!
-
Lucinda, cazzo! Lucinda è qui! Questa è la sua sciarpa!
Il
ragazzo rimase immobile e fece spallucce.
-
Forse è venuta qui per ripararsi dalla pioggia...
Altro
fulmine, altro tuono, e poi un urlo, l’urlo di Lucinda, che fece scattare
immediatamente Barry. Lucas lo vide correre in avanti, prima che sparisse oltre
la tenda grigiastra fatta dalla pioggia.
*
Il
respiro di Barry era greve. Correva con la sciarpa di Lucinda stretta nella
mano destra, e il cuore batteva, e la paura che fosse potuto succederle
qualcosa quasi gli bloccava il respiro. Prendeva grosse boccate d’aria, cercava
di ossigenare il cervello, di ragionare nella maniera più lucida possibile,
sperando che non fosse successo nulla di grave alla sua amica, alla ragazza di
cui si era appena scoperto innamorato, e intanto la pioggia cadeva su di lui
severa e ingiusta.
“Era la sua voce. L’ho
sentita. Quella era la sua voce! E se le fosse successo qualcosa non riuscirei
mai a perdonarmelo! È andata via perché pensa che sia poco intelligente... e se
le è successo qualcosa perché non sono riuscito a tenermela accanto giuro che
faccio un macello. Io... io lo giuro...”.
Attraversò
il cortile, superò la grossa quercia che cresceva giusto al suo centro, girò
verso la sinistra della grossa e antica casa patronale e si gettò sulla
stradina di terra battuta che con la pioggia si era completamente sfaldata.
Seguiva ancora i passi di Lucinda, le sue orme erano troppo ben visibili nel
fango per poterlo confondere, per perdersi, e il suo cuore stava battendo così
forte che cominciava a bruciargli in petto. L’aria era così gelida da
bruciargli nei polmoni a ogni respiro, mentre la testa girava.
Era
confuso, non era lucido. Stringeva soltanto quella sciarpa tra le mani e
cercava con lo sguardo il suo cappottino rosa, o la sua figura che si stagliava
nella bruma di quella domenica mattina. Non si rendeva neppure conto che Lucas
stesse cercando di mantenere il suo passo, ma non era veloce come lui, né aveva
la paura che divorava Barry.
I
passi si confusero tra grumi di fango alzati dal trotto di qualche Ponyta, ma
continuarono più in avanti, in direzione del maneggio.
E
quando vi entrò lo vide immediatamente, il volto di Lucinda.
Cereo.
Immobile.
Sporco
di sangue, ancora caldo, che colava liquido sulla gonnellina rosa a balze, e
poi oltre, andando a inzaccherare le calze candide. Quelle affondavano nei
grossi stivaloni di gomma, un tempo rosa, ora interamente sporchi di fango.
Incontrò
gli occhi esterrefatti di Barry, che la fissavano intimoriti, mentre manteneva
ciò che rimaneva del capo di una donna. Questa indossava un vestito nero, il
collo era ancora attaccato alle spalle, ma dal naso in su la sua testa era
finita in mille pezzi, e il sangue era riverso sulla parete in legno alle
spalle della ragazza, e oltre.
-
Lucinda...
Il
volto della ragazza trasmetteva tutta la paura che quella provava, e quando i suoi occhi si
spostarono sul Ponyta che aveva accanto, e sullo zoccolo su cui era ancora
rimasto incastrato un pezzo di cervello della vecchia Miley, Barry la vide sussultare. Una
lacrima scese, cancellando il rosso dela sangue che le era schizzato in faccia, e non
le rimase altro da fare che urlare.
Urlare
con tutta la forza che aveva in corpo.
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