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Frammenti - Andy Black - 1

Frammenti.
Pezzi dissoluti di una vita che c'è. Ricordi e pensieri sciolti come ghiaccio.
Vite parallele così simili, frantumatesi alle origini, ma ancora perfettamente combacianti.
Frammenti di vita.



 
 
 
 
Infanzia

 


"Sono nato tre chili e trecentocinquanta. Sì, suppongo di esser nato come una persona normale. Non che adesso io non sia normale, per quanto la parola normale sia così utilizzata a sproposito (insomma, io posso definirmi normale, e anche lei che mi ascolta può farlo, ma io e lei non siamo uguali, e quello che è normale per me può non esserlo per lei), ma fin dall'inizio avevamo capito che c'era qualcosa di straordinario in me. E non parlo del peso, o della mia opinione sulla soggettività della parola normale.
Parlo del fatto che quando una persona nasce, comincia il suo percorso nella vita. Dapprima gattona, ed è più vulnerabile, ma i problemi a quell'età sono relativi. Poi impari a camminare, a parlare, e a capire. Cioè, lì i problemi cominciano a nascere, ma non sono mai paragonabili a quelli che peschi quando impari a correre. E a quando rallenti, sia ben chiaro.

Io, invece, ho dovuto subito imparare a correre. Altrimenti mi avrebbero preso"

 
 

 

Ogni domenica mattina, nella piazza di Amarantopoli, c'era lo spettacolo delle Kimono Girl. L'autunno ad Amarantopoli era particolarmente sentito. Le bellissime donne, pettinate e vestite come vetuste e antiche nubili, danzavano con l'armonia delle foglie rosse degli aceri che incorniciavano la città, e che si staccavano dai rami finendo sulle mattonelle di pietra amaranto del posto.
La musica attirava la gente del posto, faceva affacciare i vecchietti dai balconi, spingeva i ragazzini a tirare per mano i genitori.
"Voglio vedere! Mamma, voglio vedere! Voglio vedere!"
"Xavier, non tirarmi!"
Il piccolo ragazzino, dagli occhi azzurri come il cielo del giorno prima e dai capelli biondi come il sole nascosto dalle nuvole di quel giorno, tirava la mano della sua mamma, puntando il cerchio di folla che si era posto attorno a quella fonte di attenzione.
"Xavier, non tirare tua madre" sorrise il papà di quel bel bimbo. Cinque anni e tanta determinazione.
L'allegra famigliola raggiunse l'epicentro dell'attenzione della città. Una barriera di persone divideva il piccolo Xavier dalle ballerine; a lui piaceva vedere le ragazze ballare, assieme ai loro Pokémon.
Non contento, s'infilò tra le persone come l'acqua in un tetto che perdeva, fino ad arrivare davanti.
"Santo cielo, Xavier!" urlava sua madre. La bellissima donna, in quel bell'abitino autunnale rosso, assomigliava in tutto e per tutto a suo figlio. Stessi occhi azzurri, stessi capelli biondi, stesso naso all'in su.
"Rilassati, Neira" sorrise ancora il padre, con le mani nelle tasche dei pantaloni. L'uomo guardò il volto preoccupato di sua moglie, e la tirò a sé. La donna non era piccola, ma accanto a lui sembrava minuscola. Quell'uomo era statuario, ed il suo sorriso aveva rapito la donna.
"Tu sei sempre così tranquillo! Lasci a me tutto lo stress di limitare l'esplosività di quel bambino!"
"Chissà da chi avrà preso, eh?"
"Da te, naturalmente!"
Lui sorrise ancora, e rubò alla donna un bacio, tramortendo la sua ira. Il suo sguardo però rimase apprensivo, cercando, con buon esito, la testolina bionda del figlio.
Dal canto suo Xavier guardava affascinato le danze delle Kimono Girl. Quelle donne così belle danzavano lentamente, con movimenti puri e delicati, ben studiati.
E poi c'erano quei Pokémon.
A lui piaceva quello giallo, con gli occhi neri ed i peli ispidi. Si sentiva fortemente attratto da quello.
Quando le note dolci di quello strumento a corde terminarono, lasciando il posto agli applausi fragorosi, Xavier corse ad accarezzarlo.
Il suo pelo, ispido da lontano, era invece morbido e delicato, donando tuttavia una particolare sensazione tattile.
"Sei bellissimo!" sorrideva il piccolo. Il Pokémon sembrava apprezzare.
"Jolteon! Dove sei, Jolteon!" urlava una di quelle bellissime ragazze con il kimono rosso. Fiori gialli abbellivano la sua pettinatura. "Ah, eccoti qui!" sorrise poi, nel vederlo accoccolato accanto al ragazzino.
Xavier la vide avvicinarsi e ritirò la mano nel gesto di accarezzare quel canide giallo. Jolteon, così si chiamava.
"No, no, continua se vuoi" sorrise quella, accovacciandosi sulle ginocchia. Xavier la guardò per bene, analizzando ogni cosa come soleva fare.
La prima cosa che notò era il suo vestito. Era rosso, sembrava una grande vestaglia con vari ghirigori verdi, blu e dorati. Le maniche di quella vestaglia erano lunghe e piuttosto slabbrate, tanto che le braccia di quella signorina parevano minuscole lì dentro.
In più i suoi piedi, molto piccoli ma proporzionati con il resto del corpo, erano foderati da calzini bianchi infilati in un paio di sandali di legno, che a prima vista gli sembrarono subito scomodi.
Ma era il volto di quella che lo sorprese di più. La ragazza era bellissima. Candida la sua pelle, le labbra erano rosee e piccoline, il naso risultava un'ombra su quel volto imbiancato di cerone, pallido, con solo le guance macchiate da un colore rosa vivo.
Gli occhi color nocciola risaltavano sul rosso del kimono, e sul nero corvino dei capelli di quella, fili di pece mantenuti alti da due bacchette di legno. Un fiore di tagete nano, giallo, vi era legato con dello spago.
"Ti piace?" continuò lei, vedendo il piccolo in soggezione. Quello annuì lentamente, non riuscendo a staccare lo sguardo dalle labbra di quella.
"Accarezzalo se vuoi"
"Mi piace"
"Si chiama Jolteon"
"Un cane che si chiama Jolteon. È grande"
La Kimono Girl sorrise. "Come ti chiami, piccolo?"
Gli occhi limpidi e cristallini del piccolo riflettevano il cielo d'alabastro, scurendosi. La giovane riusciva a specchiarsi nello sguardo di quello.
"Mi chiamo Xavier"
Quella sorrise di nuovo. "Ciao Xavier. Io sono Yuki".
"Ciao".
"Ciao. Ti piace Jolteon?" chiese ancora lei.
Il ragazzino annuì di nuovo. "Mi piace perché è un cane, e a me piacciono i cani. E poi questo è giallo, e mi piace anche il giallo".
"Ti piacciono i cani gialli?"
Xavier fece di nuovo sì con la testa.
"Allora devi assolutamente trovare Raikou"
"Chi?"


E poi una tremenda esplosione deflagrò tutt'intorno. Cumuli di polvere e foglie rosse si alzarono in un turbinio rumorosissimo.
"Xavier!" urlò Neira, stretta tra le braccia di suo marito che cercava di proteggerla. Il piccolo si era gettato a terra, accanto a Jolteon, mentre velocemente una ventina di persone in nero scesero da un elicottero che in quel momento stava scendendo di quota.
Quelli, con indosso tute corvine e coppole dello stesso colore, si identificavano grazie ad una R rossa, fiammante, stampata sul petto.
"Oddio!" esclamò Yuki, mettendosi velocemente in piedi su quei calzari improbabili. "Jol!"
Il canide abbaiò, rizzando il pelo. Piccole scintille si scaricavano sul pavimento di pietra.
"Prendiamole!" urlavano quei manigoldi, mentre le eliche dell'elicottero alzavano quantità enormi di polvere e detriti da sottobosco, portati in città dal vento.
"Jolteon, attento!" fece Yuki, che fissava bene Xavier. La gente era stesa per terra, distante dal ragazzino, facile preda.
Poi un urlo di una sua amica, Laila, un'altra ragazza in kimono, la fece voltare velocemente. Uno di quegli uomini in nero l'aveva afferrata per la vita, mentre enormi reti d'acciaio ingabbiavano il suo Vaporeon.
"No! Laila!"
La stessa sorte capitò pure alle altre donne di rosso vestite, tutte brandite e legate, ad essere issate sull'elicottero.
"No!" urlava Yuki in preda al terrore e alle lacrime. "Jol, aiutami!"
"Non andrai da nessuna parte!" urlò un giovane uomo dal mento squadrato e dai capelli castani che scappavano dalla presa della coppola nera. Quello lanciò una rete su Jolteon e afferrò forte Yuki. La legò con una fune e la caricò sull'elicottero, poi fece lo stesso con la rete di Jolteon.
Rete che conteneva anche un ragazzino biondo, in lacrime, impaurito, dai capelli biondi e gli occhi azzurri.

"Allora?!" urlava un uomo dai capelli rossi, ben sistemati sulla testa, con la pistola puntata sul suo obiettivo.
Era imponente. Una montagna, due pilastri al posto delle spalle ed il viso da cinquantenne segnato dalle linee del tempo.
Una ragazza col kimono era legata mani e piedi, funi legate a due ganci tra pavimento e soffitto. Lei era la prima delle sette, messe tutte in fila.
Una decina di metri più in là c'era una gabbia molto ampia, dove tutti i Pokémon delle ragazze abbaiavano ed attaccavano invano per liberarsi.
Quelle strane gabbie riuscivano a contenere gli attacchi di qualunque portata e la cosa era strana.
Cosa ancora più strana fu che nessuno si accorse del fatto che Xavier fosse all'interno di quella gabbia. Era rimasto zitto ed immobile, mentre con la coda dell'occhio vedeva quello che succedeva all'amica di Yuki.
Si trovavano in uno stanzone molto buio, sembrava una cantina. Poche lampade ad alto wattaggio erano accese, sistemate in grosse campane d'acciaio. La luce che ne derivava era fredda.
L'uomo con la pistola in mano aveva un abito grigio, senza cravatta. Le scarpe erano nere e lucide, come nera era la camicia che indossava.
In più era nera anche quella pistola. Sembrava enorme, i suoi giocattoli non erano così grossi.
"Rispondi!" urlava, facendo tremare di paura la diretta interessata e gli altri anelli di quella catena rossa.
Xavier si sporse, per guardare il viso di quella ragazza. I capelli erano sciolti, e metà volto era ricoperto di sangue. Il cerone bianco s'era sciolto, anche per via delle calde lacrime, ed aveva macchiato il kimono.
"No!" urlava quella, mentre si dimenava nell'estremo e disperato tentativo di liberarsi. Quei nodi però risultarono troppo ben fatti per essere sciolti.
L'uomo dai capelli rossi rise, con una risata grossa e sonora, quindi si grattò la fronte con la canna della pistola.
"Non hai paura di questa?" chiese, poggiandogliela sulla bocca. Le labbra dolci di quella, tutte screpolate per via dei morsi che si dava a causa del nervosismo, tremavano davanti la bocca di fuoco.
"Non rispondi?"
Gli occhi di quella furono accesa da un'inaspettata vitalità. La Kimono Girl sputò sul volto del rosso sangue e saliva. Quello rimase colpito dal gesto, tanto inaspettato quanto poco gradito, e premette il grilletto.
Una macchia di sangue s'espanse sulla parete di mattoni grigi alle sue spalle, mentre il corpo di quella prese a ciondolare esanime.
Il rosso prese un fazzoletto nero dal taschino della giacca e si asciugò la faccia, per poi farlo cadere per terra, ormai inutilizzabile.
Il silenzio era disturbato solo dai respiri irregolari di quella, e da qualche mugolio spontaneo e necessario in una situazione simile.
Quello abbassò la pistola e fece un passo a sinistra. Il rumore del suo cammino riecheggiò in quella sorta di cantina come fosse una goccia d'acqua caduta sulla superficie di un lago sotterraneo dal soffitto della grotta.
Xavier tremava, mentre manteneva la zampa di Jolteon stretta. Quello cercava di coprirgli la vista con un'altra zampa ma il ragazzino continuava a svincolarsi.
"Fuori una. Come vedete non c'è alcun problema nel farvi fuori. Siete solo delle luride puttane adesso. Ma se entrerete a far parte del Team Rocket diventerete lottatrici ancora più forti, più brave. Le Kimono Girl sono famose per la loro danza e per il loro rapporto con il loro Pokémon. Noi vogliamo voi per costituire una squadra imbattibile, in grado di portarci alla conquista della regione. Ora lo chiedo a te, numero due... Come ti chiami?"
La voce del rosso era grossa e profonda. I suoi occhi lussuriosi carezzavano la superficie del kimono della moretta che aveva davanti, spogliandola di ogni sicurezza.
"Rispondi" rincalzò.
"A-Atena". La voce della donna tremò come una foglia in una tempesta. Come le altre donne appese al muro.
Come quel ragazzino biondo impaurito.
"Atena..." sorrise. "Hai un nome bellissimo. Tu? Tu vuoi entrare a far parte del Team Rocket?”
Gli occhi rossi della ragazzina sgorgavano lacrime come un tubo che perdeva, ma rimanevano lo stesso ben spalancati, mentre le labbra tremavano per la paura. Mani e piedi lottavano per sfuggire alla presa possessiva delle funi, ma invano.
L’imponente uomo si avvicinò al volto della ragazza, in cui lacrime e sudore avevano aperto ampi canali attraverso le sue guance innevate dal cerone, quindi sorrise.
“Sei la più bella. Diventeresti un Generale. Comanderesti sugli altri, avrai successo. Diventerai la migliore…”
La giovane donna aveva ancora i capelli legati. Rossa anche lei, il naso puntuto era ancora ricoperto dal cerone; la cosa fece sorridere l’uomo, che con l’indice glielo pulì.
“Quanti anni hai, Atena?”
“Quindici…” disse, tutta tremante.
“Hai l’età di mio figlio. Allora? Vuoi fare quella fine?” chiese, indicando il corpo appeso della ragazza giustiziata, senza però staccare il contatto visivo dai rubini che risplendevano tra le palpebre dell’interlocutrice.
La risposta fu ovviamente un no, secco, espresso scuotendo il capo.
“E quindi?”
Atena ansimava, faticava a respirare. Yuki era sorpresa del fatto che ancora non avesse reagito come la danzatrice che la precedeva.
Questo perché diventare una Kimono Girl non era semplice. Bisognava avere delle caratteristiche fisiche e comportamentali particolari, oltre ad una bellezza fuori dal comune.
Fin da bambine venivano addestrate ad entrare in piena empatia con il loro Pokémon. Atena aveva un Espeon bellissimo. Bisognava curare al massimo il proprio compagno, renderlo felice e soddisfatto.
Ad un certo punto si cominciava con la danza. I movimenti dei corpi delle donne e quelli dei loro Pokémon dovevano essere perfettamente coordinati, armoniosi e felici.
Il volto non doveva trasparire alcuna emozione se non tranquillità, serenità dell’esistenza.
Difatti vederle in quel modo era del tutto una novità, anche per ognuna di loro.
Yuki guardava Atena stringere gli occhi. Lacrime cristalline le pendevano stalattitiche dal mento tremante, finendo a sporcare il Kimono poggiato sui seni acerbi.
Tuttavia lo sguardo di Atena, una volta riaperti gli occhi, era strano.
Quell’uomo in giacca l’aveva rapita, anche metaforicamente parlando. Come un addestratore con un cobra, spostava il suo sguardo su di lei, e lei lo seguiva col suo.
“Verrai con me?” chiese, avvicinandosi ulteriormente al volto di quella con le labbra, sempre mantenendo il contatto visivo.
Atena si limitò ad annuire lentamente, con le labbra schiuse.
“No! Atena, non farlo!” urlò Yuki, facendo voltare immediatamente tutte le altre Kimono Girl, ed aizzando i Pokémon chiusi nella gabbia.
Fu allora che Yuki vide Xavier, steso per terra.
Spalancò gli occhi, la bella moretta. Doveva liberarsi, doveva salvare il bambino, altrimenti non sapeva dire con certezza cosa gli avrebbero fatto.
In quel momento esatto l’uomo stava sciogliendo i nodi alle caviglie della ragazza. Era distratto, e quindi era il momento perfetto per cercare di liberarsi. Alzò la testa e guardò i nodi, stretti, ben fatti.
Sapeva che non doveva tirare, altrimenti avrebbe stretto ancora di più il giogo sui suoi polsi.
No, avrebbe dovuto fare leva con qualcosa per allargare le funi.
Ma cosa? Si guardava attorno, e a portata di mano aveva solo le funi stesse.
Vide poi il rosso che si alzava, spogliando con lo sguardo Atena, che adesso poteva muovere i piedi. Uno dei calzari in legno era caduto, l’altro era rimasto appeso all’alluce.
Non guardava, lui.
Ancora un occhio a Xavier, poi l'idea.
Allungò il collo quanto più poteva, per raggiungere le mani. Si dovette contorcere per riuscire poi ad afferrare una delle due bacchette che aveva tra i capelli. La sfilò, quella uscì fuori molto agevolmente.
La pettinatura di Yuki si sfaldò, ed la parte destra del suo volto fu coperta da quei fili neri e preziosi. La parte sinistra della capigliatura era ancora mantenuta in alto da una seconda bacchetta, che però, senza la prima, avrebbe avuto poca autonomia lì dov'era.
Cominciò a contorcersi, per permettere al polso di piegarsi e alla bacchetta di entrare nel nodo. Alzò la testa, di nuovo un occhio a Xavier, quel bimbo biondo tremante, ed al carnefice, quindi fece leva.
Strinse i denti, mentre il sudore le scendeva dalla fronte, cera di una candela accesa. Doveva riuscirci.
All'improvviso i piedi di Atena toccarono terra.
"Ecco qui, cara. Hai preso la scelta giusta. Recluta!" urlò, e poi si girò verso la porta.
Le altre Kimono Girl guardavano stupefatte la scena. Atena le aveva tradite.
“Ancora un'altra occasione...” pensò Yuki, quindi tornò a fare leva con la bacchetta. Il polso le bruciava, il dolore la stava possedendo carnalmente, e quando la fune che le stringeva le mani si allentò leggermente non riuscì a nascondere un sorriso.
Poi si girò. Xavier si stava alzando in piedi.
"Dannazione..." sussurrò Yuki, digrignando i denti. Avrebbe voluto urlargli di stare giù, di nascondersi dietro a Jol, ma non poteva, avrebbe mandato tutto a farsi friggere.
L'unica cosa che poteva fare era muoversi. Liberarsi il più velocemente possibile era la chiave.
Fece leva ancora una volta, mentre la Recluta prendeva in consegna Atena. Yuki fu giusto in grado di vedere il volto di Atena urlare in silenzio "scusatemi", prima che la Recluta si allarmasse.
"Ma Simone, Signore... cosa c'è lì?!" fece.
Il rosso si girò velocemente e mise a fuoco la gabbia.
"C'è un bambino, lì!" urlò ancora la Recluta.
"Tranquillo, a lui ci penso io"
La Recluta chiuse la porta, ed il rosso prese a camminare verso la gabbia. Non si curò minimamente di guardare le sue prigioniere, altrimenti si sarebbe reso conto del fatto che Yuki aveva già una mano libera.
Si diresse invece direttamente verso la gabbia.
Un Flareon provò a sprigionare la sua potenza di fuoco sul nemico, ma quel reticolato di sbarre bloccò tutto. Dal canto suo, Simone non si era praticamente mosso. Non era turbato dall’attacco, era fiducioso nei suoi strumenti e sapeva già che quella gabbia avrebbe contenuto la furia dei Pokémon che aveva all’interno. Tutto merito delle nuove tecnologie che i suoi scienziati sviluppavano.
Si accovacciò, mettendo le mani sulle sbarre.
“Un bambino… Cosa ci fa qui un bambino?”
“Io…” Xavier cercava di parlare, ma sembrava che la sua voce si rifiutasse di uscire.
“Non dovresti essere qui. Hai visto tutto?”
Il piccolo annuì, con gli occhi arrossati e pieni di lacrime.
“E questo è un problema” sospirò alzandosi, quello grande. “Ora che ne facciamo di te?”.
I Pokémon abbaiavano e ringhiavano, cercavano invano di attaccarlo.
“Vai, Wobbuffett” fece con calma e perizia. Il Pokémon Pazienza si presentò davanti a lui. “Ora crea una barriera che spinga i Pokémon verso la parte destra della gabbia”.
E quello eseguì. I suoi arti superiori furono investiti da uno strano bagliore azzurro che poco dopo apparve anche nella gabbia. I Pokémon e Xavier erano divisi da quel muro azzurro.
Simone sorrise, prendendo le chiavi della gabbia. Le infilò nella serratura del catenaccio, diede tre mandate ed aprì la porta della gabbia, che cigolò fastidiosamente. Pezzi di ruggine caddero per terra.
“Ora vieni con me. Mi spiace che tu sia finito qui, ma purtroppo ti aspetta quello che ti aspetta…”.
E poi Simone sentì una fitta lancinante alla spalla. Il dolore lo costrinse ad inginocchiarsi e poi accovacciarsi di nuovo. Sentiva le forza lasciarlo.
“Cosa…?”.
Toccò con la mano il punto che gli doleva. Caldo e rubicondo liquido rosso colò lungo il braccio, a macchiargli la giacca e la manica rigida della camicia. Era stato infilzato da qualcosa poco sopra la clavicola.
"Corri Xavier!" urlò Yuki. Prese la sfera di Jolteon e lo fece rientrare per poi farlo riuscire alle spalle di Wobbuffett.
"Jolteon, usa Fulmine!"
L'attacco colse di sorpresa il Pokémon di Simone, che cadde al suolo esausto. La recluta spalancò gli occhi. Afferrò ciò che aveva nella spalla e lo tirò fuori. Pieno di sangue, c'era uno dei bastoncini che Yuki aveva nei capelli.
"Puttana..." ringhiò lui. Si alzò all'in piedi, e vide tutti i Pokémon rinchiusi nella gabbia uscire fuori. Leafeon liberò le altre Kimono Girl, che schermarono Yuki ed il bimbo.
"Hai fatto una brutta cosa" intervenne una di loro.
Maya, la più grande tra quelle, si girò. "Scappa, e porta il piccolo in salvo"
"No! Non andrete da nessuna parte!" urlò Simone, con voce grossa. Un enorme Nidoking uscì dalla sfera, e caricò le Kimono Girl, quelle sciolsero il loro schieramento lasciando passare l'enorme Pokémon avversario. Simone lo seguiva, correndo, mentre con la mano premeva la ferita.
Yuki tirava Xavier per la piccola mano, ed il ragazzino piangeva nel sentire il ruggito di quel Nidoking che si avvicinava sempre di più.
Yuki non riusciva a correre bene, quei calzari erano troppo scomodi. Macchie di sangue avevano macchiato le calze bianche, e la scelta che successivamente prese non mitigò il dolore: lasciò andare quegli zoccoli di legno e con i soli calzini ed i piedi spaccati, corse verso la porta alla fine di quel corridoio.
"Corri, Xavier, corri!" piangeva lei, mentre Nidoking si faceva sempre più vicino.
La porta si avvicinava, ma un cumulo di reclute si pose a sua difesa.
Come avrebbero potuto fare? Le soluzioni erano molto meno delle domande in quel momento, nella testa di Yuki, stava di fatto che avrebbe dovuto fare in modo di oltrepassare quella porta e tuffarsi nella luce.
"Ferma quei due, Nidoking! Ferma la puttana ed il bambino!"
Nidoking ruggì più forte, aumentando la propria corsa. Ma tutto ad un tratto Jolteon lo superò, e corse ancora più avanti, verso i fuggitivi.
"Jol!" esclamò felice Yuki, mentre l'aria nei polmoni cominciava a bruciare. "Aiuta... Aiutaci. Dobbiamo... uscire..."
Fu allora che Jolteon saltò in aria, e prima di atterrare fece partire un attacco Tuono, che atterrò al centro delle reclute, finendo per ferire alcuni uomini e per farne scappare altri.
"Yuki" piangeva Xavier, mentre correva a perdifiato. Spesso inciampava, ma poi la ragazza lo tirava su e continuavano a correre insieme.
Superarono a gran velocità i corpi feriti delle Reclute, e si gettarono a capofitto sulla porta, inondando il corridoio di luce.
Erano finalmente all'aria aperta.
"No!" urlò Simone, trascinando la vocale per diversi secondi. Si arrese.
Xavier piangeva, ed anche Yuki era in lacrime. Tuttavia continuavano a correre.
Erano appena fuori Amarantopoli, usciti da alcuni edifici industriali di nuova costruzione. Entrarono in città, urlando e piangendo, ma raggiunto il centro la ragazza si fermò. La Torre di Latta rifletteva la luce del tramonto, di quell'arancione vivo. S'inginocchiò, lei, stanca. Jolteon era già lì, e si fermò, spettatore dell'abbraccio liberatore che Yuki diede a Xavier.
"Stai bene?" chiese lei, mentre stringeva il bimbo al petto.
"S-si... E-e tu?"
"Sto benissimo, Xavier, tranquillo" sorrise lei, ma il pianto squassava la sua voce.
"M-ma... i tuoi calzini sono sporchi di sangue"
"L'importante è che stiamo bene" sorrise ancora. Poi diede un bacio al bambino e sfilò la bacchetta di legno che le teneva ancora alzata mezza pettinatura, posandogliela in mano.
"Tienila tu"
Xavier afferrò la bacchetta, prima di sentire la folla urlante per la ricomparsa di una delle Kimono Girl. Poi tutte le altre si presentarono alle porte della città.
Infine Xavier venne stretto dall'abbraccio vigoroso della sua mamma e del suo papà.
 


"Imparai a correre perchè dovevo. Intendiamoci, sapevo già correre, non ero così indietro. Ma non avevo mai corso per la vita. Possiedo ancora la bacchetta di Yuki, anche se dopo quel giorno non la vidi mai più. Ma l'amore per i Pokémon che aveva quella mi ha spinto ad andare avanti e a crescere, per vivere la mia vita con uno scopo. Trovare quel Pokémon di cui parlava.
Trovare Raikou".

 
Angolo di un autore ubriaco la maggior parte delle volte:
Tipo adesso.
Allora, vi ringrazio per aver letto questa storia. Recensitela perchè altrimenti mi incazzo. Qui vogliono fare tutti gli scrittori, e le recensioni le scrivo solo io. E Barks, che fa incazzare la gente.
Allora, la shot di sopra è solo la prima della raccolta, che vedrà in tutto cinque uscite con cadenza mensile.
Il progetto a cui appartiene fa parte di un ambito assai più ampio, che esploderà con la stesura di una long da parte dei Soulwriters, un gruppo di sette scrittori di cui faccio parte, tutti presenti su EFP. L'intento di questa raccolta è presentare il personaggio che ho creato per la long sopracitata, che partirà con ogni probabilità a Natale o giù di lì.
Intanto ci stiamo gettando a capofitto per presentare i nostri personaggioni.
Quindi tenete d'occhio la raccolta.
E magari anche quella di Barks. Tipo il 7 Agosto.
Forse pure quella di _beatlemania is back. Tipo il 12.
E perché, quella di Son of Mumford? Tipo il 17.
Eviterei quella di Levyan, personalmente. Tipo il 22.
Invece correrei da Auranera. Tipo il 27.


Buon proseguimento sui nostri canali.


 
 
Andy Black

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