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Frammenti - Shot 2 - Auranera_

FRAMMENTI – PASSO DOPO PASSO

One Shot 2: Amore.

Amore. E’ una parola come tante. Ma penso sia l’unica parola che riesce a creare un’ampia gamma di sintomi, indipendentemente se usata singolarmente o in una frase, o un discorso. Forse, ce ne è solo un’altra eguale: morte. Ma noi prendiamo in considerazione la prima, e le conseguenze dopo averla pronunciata.
Per esempio: cuore a mille; volto che va dal rosa, al cremisi al viola; balbettio e farfugliamento; scuse stupide; sbiancamento...
Potrei continuare. Ma non è importante.
Per quanto mi riguarda, posso raccontarvi la mia esperienza attraverso una domanda.

“Ti sei mai innamorata?”
Forse. Non lo so con certezza. La percepivo più che altro come un’angoscia. E’ successo quando partii. Mi trovavo sulla barca che mi avrebbe portato ad Arenipoli, nella regione di Sinnoh...

Ero appoggiata alla ringhiera, corrimano, come lo volete chiamare. Anche balaustra. L’importante è che abbiate capito.
Era una bella serata, l’aria fresca mi smuoveva delicatamente i capelli. Guardavo ammaliata le sfumature rosee e arancioni delle nuvole; ammiravo il sole che, lentamente, andava a sfiorare la superficie del mare, nel tentativo di scaldare le onde gelide con il suo caldo tocco. Poi, piano, si nascondeva in esse, in un ultimo, estremo tentativo.
Davanti a me, il tramonto. Dietro, il cielo indaco si scuriva sempre di più, creando così un contrasto sempre più netto con la luna ipocrita.
Sì, ipocrita, come la sua falsa luce bianca, rubata dal caldo, timido sole.
Eclissi sonnecchiava appoggiata alla mia gamba, godendosi pigramente gli ultimi raggi solari, gli occhi chiusi e un sorriso misteriosamente soddisfatto sul bel musetto.
Era davvero poltrona di giorno, la mia Umbreon. Era quando assorbiva abbastanza luce lunare che acquistava il suo bel caratterino sfacciato e un po’ aggressivo.
Il sole sparì del tutto, lasciando il cielo dalla sua parte più chiaro. Le stelle più lontane comparvero. Le vere luci della notte.
Mi staccai dalla ringhiera ancora tiepida e mi voltai per salutare la luna; ipocrita, fredda, ma in qualche modo più aggraziata del sole. Mi stava simpatica, la luna.
E verso la luna stava lui.
Capelli castani, non chiari, ma di certo non scuri. Vestito più pensante di me, una felpa rossa e i pantaloni bianchi.
E poi, quegli occhi. Grigi chiari, più scuri verso l’interno. Sorrideva leggermente, impacciato.
Probabilmente mi osservava da un po’. Non ricambiai il sorriso, ma iniziai a percepire una cosa stretta, appena sotto lo sterno.
Era il mio stomaco idiota che si annodava. Effettivamente, non sapevo se soffrivo o meno il mal di mare. No, non c’entrava.
Non era vera propria nausea. E non poteva essere il malessere dato dall’acqua, per il semplice motivo che ero in viaggio da un giorno. Quindi, avrei dovuto vomitare come minimo due volte.
E invece niente.
Eravamo fermi a guardarci da troppo, lui col sorriso da beato idiota e io impassibile che pensavo al mio stomaco.
Eclissi annusava diffidente il ragazzo e il suo pokémon, un Vulpix dall’aria tranquilla. Mi sedetti sui talloni per accarezzare Umbreon.
- Andiamo, Eclissi, ci staranno aspettando per mangiare. Il sole ormai è tramontato – Lei fece un ringhio come affermazione e assieme ci avviammo.
Anche se in realtà l’ora di cena concordata distava ancora mezz’ora.
Tornai in camera e mi buttai in modo poco aggraziato sul letto. Quel tipo con la faccia da Feebas non voleva andarsene dalla mia mente.
Mancavano dieci minuti alla cena, organizzata in modo da farla sembrare una “cena di gala”. Volevano prendermi in giro. Volevo scappare da una vita troppo perfetta e noiosa e mi propinavano una “cena di gala”.
Avevo addosso un bel vestito lungo viola pallido. Avevo persino acconciato i due ciuffi di capelli in una coroncina.
Mi specchiai. Stavo per vomitare. Troppo perfetta. Mi concentrai sugli occhi. E sorrisi.
E’ proprio vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Tre colpi secchi e ben definiti attraversarono la stanza. Abbassai la maniglia per ritrovarmi davanti due iridi argentate.
Doveva essere un incubo. Un incubo in smoking. Un incubo troppo perfetto.
Lui sorrise. Un sorriso innocente. Era carino, tutto sommato.
“Ma che cavolo...?” mi stupii di me stessa.
-  C-ciao... io sono Fabrian... sono il figlio del comandante della nave... posso sapere il tuo nome, fanciulla? –
Fanciulla? Ma chi cavolo era quel tizio? Cosa voleva?
Ah già, il nome...
- Mi chiamo Anneke. Molto piacere –
Ah, splendido. Da dove vengono fuori la dolcezza e... il sorriso?! Oddio. Che succede?
Anche lui sorrideva. Ed eravamo entrambi arrossiti.
Lui mi porse un braccio.
- Posso avere l’onore di scortarti fino alla sala? –
“Col cavolo, cammino da sola!” avrei risposto in una normale circostanza.
- Molto volentieri – dissi sorridendo.
Mi appoggiai al braccio che mi aveva gentilmente offerto e percorremmo parlando i vari corridoi della nave.
La famiglia di Giramondo con cui viaggiavo rimase piacevolmente stupita nel vedermi, come mi hanno detto in seguito, così radiosa. Mi accordarono il permesso di andare al tavolo di Fabrian. Conobbi i suoi genitori, ridevo e scherzavo con loro, sotto lo sguardo attento, stupito e malizioso di Eclissi.
Ero felice come non lo ero da secoli...
Mi addormentai ancora sorridendo, piena come un uovo e positiva.
Il resto del viaggio continuò senza intoppi, tra risate e felicità.
Mi sentii per la prima volta in vita mia, libera di essere quello che volevo e fare quello che mi andava.
Ma ho imparato una cosa. Bisogna saper essere felici pur sapendo che finirà, prima o poi.
Ma io avevo omesso quel piccolo particolare.
Attraccammo ad Arenipoli dopo quattro giorni. E c’era il tramonto.
Eravamo nel posto dove c’eravamo incontrati per la prima volta.
- Siamo giunti al capolinea... – disse lui, lo sguardo argento lontano, verso il mare.
 - A quanto pare... – risposi io, gli occhi che seguivano la stessa direzione di quelli del ragazzo.
- Sei triste? – mi chiese Fabrian tutto d’un tratto, come se stesse sputando qualcosa di orrido, amaro e aspro, e viscido. Me lo disse con difficoltà.
Io stetti in silenzio. Era davvero finito tutto?
Mi sentii come... come se ogni speranza di felicità fosse scomparsa, evaporata al calore di quel sole timido.
Annuii dopo un momento di silenzio.
Lui mi prese la mano.
- Non devi essere triste... sei così bella quando sorridi! – disse, mentre si voltava verso di me, sorridente. Era la prima volta che me lo diceva. Non direttamente, almeno. Stirai le labbra in una curva forzata.
- Promettimi che sorriderai per me... anche se non potrò vederti. Promettimelo, Anneke.- disse lui in un tono di voce più basso.
- Te lo prometto – soffiai io in risposta, cercando disperatamente di non scoppiare a piangere come una bambina a cui è appena esploso il palloncino.
Lui sorrise ancora, e sorrisi anche io.
E stavamo ancora sorridendo quando lui sfiorò le mie labbra con le sue.
- A presto Anneke – disse lui.
E mentre si allontanava, scorsi una lacrima solitaria solcare il suo volto. Una lacrima identica alla mia.
Penso che quella fu l’ultima volta in cui io piansi.
Scesi dalla nave, seria, anche se un po’ rosata sulle guance. Il ragazzo Giramondo si affiancò a me e mi scrutò attentamente.
- Anneke... sei rossa... – mi disse con fare malizioso e un sorrisetto furbo stampato sulla faccia.
- Oh, Taci! – rimbeccai io, tirando avanti.
- La cara vecchia Anneke – borbottò quello da dietro.
No... non sarei mai più stata la “cara vecchia Anneke”.
Questo viaggio... era già riuscito a cambiarmi.

“Ti sei mai innamorata?”
Non lo so con certezza... ma penso di sì.
Angolino nascosto nell'ombra:
Ehy....
Aura aggiorna... uhm... tre giorni prima. Perchè parte.
Quindi, tié, questa è la mia One - shot piena di quoricini (?). Oddio, mi vergognavo come una ladra a scriverlo...
Se vi siete perse qualche frammenti, andatele a recuperare, che sono meglio di questa xD
Ok, nulla. Vi saluto, e anche Annake.
Byeeee!

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