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HNK - TIR - 3 - Whispers in the Dark




Whispers in the Dark


I tre si lasciarono alle spalle tutta l’allegria e i canti provenienti dalla mensa dell’accampamento, dirigendosi verso la tenda di Sur, dove alloggiava Earl.
Kyle, passo dopo passo, era visibilmente più rilassato, conscio della sempre crescente lontananza che si interponeva fra di lui e quella strana creatura. Cercava costantemente di distrarsi, dirigendo lo sguardo verso i vari lampioni a led, evitando così le zone d’ombra che tanto lo inquietavano. Non appena il suo sguardo si dirigeva dove la luce non riusciva ad arrivare, la razionalità lo abbandonava, lasciandolo in balia di tutte le sue paure. Un senso di angoscia cercava costantemente di imporsi nel suo cervello, facendo continua pressione nelle pareti della sua mente. Graffiava, mordeva e colpiva tutto ciò che riusciva ad avere a tiro, sbaragliando ogni tentativo del ragazzo di rimanere lucido.
Lei era di nuovo lì, riuscì a vedere i suoi occhi cremisi che lo osservavano nel buio. Il pianto di lei stava nuovamente raggiungendo le orecchie del ragazzo che, preso dalla paura, incominciò a sudare freddo. Gli sembrò di vederla addirittura sorridergli, lasciando intravedere le zanne con cui l’avrebbe successivamente sbranato.
Quel pensiero scomparve, la sua mente venne liberata da tutto, restando completamente vuota. Kyle sentì uno strano calore irradiarsi dal suo petto in tutto il corpo, la testa gli girava, per qualche attimo i suoi occhi non vedevano altro se non la luce dei lampioni sparsi per il campo base. Timide, le sagome delle tende che lo circondavano, rientrarono nel suo campo visivo, accompagnate dal debole chiarore delle luci. Il ragazzo sentì un calore intenso alla mano sinistra.
Abbassò lo sguardo, Riolu stringeva forte la sua mano. Il Pokémon gli parve molto più rilassato rispetto a pochi minuti prima, adesso sorrideva guardando nella sua direzione; a Kyle parve che si stesse ripetendo lo stesso evento di poco prima.

Chissà se davvero riesce a sentire i miei pensieri o mi sono sognato anche quello…

Riolu tirò la mano che stava stringendo, portandosela sul capo.
- Lo prendo come un sì…-  disse il ragazzo.
- Hai detto qualcosa, Kyle?
- No no, niente Sur, stavo chiedendo a Riolu come si sentisse.
- E va tutto bene, piccolo? -  chiese Sur, inginocchiandosi per arrivare all’altezza del Pokémon.
Riolu sorrise nuovamente, cercando di celare il suo vero stato d’animo. Pensava che far capire ai due umani che qualcosa non quadrava in quel momento non avrebbe sicuramente aiutato a risolvere la situazione e, anzi, li avrebbe allarmati per nulla. I suoi sensi gli dicevano che c’era un nemico nei paraggi, era quasi sicuro di sentirne l’aura. Però, proprio quel “quasi” lo tratteneva dall’avvertirli. Sapeva di non avere ancora la certezza, e fino ad allora sarebbe stato lui a vegliare su di loro.
Ci fu un blackout momentaneo. I lampioni si spensero, e con essi anche l’attività cardiaca di Kyle.
Il ragazzo si girò istintivamente in direzione di Sur, chiamandolo per nome.
- Sur… che succede?
- Mh… ci mancava solo un guasto al generatore, senza corrente qui non si vedrà più nulla. Kyle, dobbiamo andare a vedere, seguimi-  accese la torcia che portava fissata al taschino della sua camicia bianca, resa logora e ingiallita dal tempo.
- Va bene. È tanto lontano?
- Non molto, due minuti a piedi.
- Ok, allora vediamo un po’ che è successo. Riolu tu fai attenzione, e al minimo movimento avvertici.
Sur faceva da capogruppo, facendo scorrere fra le dita la Pokéball resa piccola come una caramella grazie alle innumerevoli innovazioni scientifiche.
Riolu, che si trovava alla sua destra, fu il primo a notare lo strumento tecnologico fra le mani di Sur. Era in contraddizione con tutto ciò che era il suo possessore: le mani, sporche e annerite dalle fatiche, riuscivano a tenere la presa su quel piccolo oggetto bianco come una perla, lucente nel flebile bagliore irradiato dalla torcia. Riolu si concentrò sulla sfera bianca, riuscì a sentirne le emanazioni: una potenza immane raggiunse il Pokémon, accompagnata da un gradevole profumo di erba fresca e fiori delicati. Sulle prime, Riolu rimase scioccato dal potenziale del Pokémon contenuto all’interno della piccola perla fra le mani di Sur, poi il profumo dell’erba lo rapì, facendolo ritornare indietro nel tempo, quando assieme a Kyle e Cole era solito fare lunghe passeggiate fra i boschi intorno alla sua casa, la guerra ancora non infuriava in ogni parte del mondo e Riolu sentiva ancora i Pidgey cinguettare. Gli vennero a mente tutte le volte in cui aveva provato a cavalcare l’allora Rhydon di Cole, col solo risultato di fare voli di decine di metri e provocare il riso dei due umani.
- Ehi Sur, dove hai preso quella Pokéball così strana? -  la voce di Kyle riportò Riolu alla realtà.
- Ah questa? Un mio vecchio amico la fece per me, era l’uomo più bravo nel suo mestiere. Pensa che ogni sua Pokéball era speciale, unica e con una qualche abilità speciale non replicabile.
- Cosa? E come è possibile una cosa simile? La tua che abilità ha?
- Calma ragazzo, una domanda per volta. È possibilissimo, credimi. Non posso dirti come abbai potuto fare qualcosa di simile, ma ti assicuro che ne era in grado, e rifiutò ogni tipo di proposta dalle grandi industrie produttrici di Pokéball.
- Perché?
- Perché a volte un uomo decide di fare qualcosa di buono, e non rendere usuale qualcosa che è unico, da persona a persona. Poi immagina, se usando la sua invenzione avessero creato una Pokéball infallibile, a basso costo, cosa sarebbe successo? Niente più Pokémon selvatici, kaputt. Vivrebbero solo in cattività, e senza di loro, la natura che fine farebbe?
- Kaputt… -  disse Kyle, tremando involontariamente.
- Esattamente: l’uomo vuole troppo, Kyle, ricordatelo. Questo può portare alla sua distruzione in pochissimo tempo.
- Cavoli…
Kyle si accorse della strada già percorsa soltanto quando furono vicini alla loro meta. Diverse scariche elettriche di debole voltaggio gli attraversarono il corpo, provocandogli una strana sensazione di prurito. L’elettricità percepibile era così tanta da renderne l’aria completamente satura.
Davanti a loro si trovava una piattaforma ottagonale composta esclusivamente da gomma, sopra la quale si trovava una lastra d’acciaio, usata per accumulare l’elettricità in un punto. Ai suoi vertici, per fissarla al terreno, erano stati usati degli enormi bulloni, collegati a diversi fili che poi si riunivano all’interno di un generatore vecchio e borbottante.
Un Raichu visibilmente sfinito era intento a riversare scariche elettriche sulla struttura accumulatrice. I lampioni lì intorno emanavano una luce flebile e morente.
- Il nostro generatore è un… Raichu? -  chiese Kyle.
- Non solo, guarda -  Sur indicò una figura nell’ombra.
Kyle vide un’ombra enorme sollevarsi da una brandina improvvisata con paglia e foglie secche. Doveva essere alto almeno due metri secondo il punto di vista del ragazzo, e ne ebbe la conferma quando fece il suo ingresso nella poca luce presente. Il Pokémon era completamente giallo, con dei motivi neri a linea spezzata che gli percorrevano il corpo, braccia muscolose e due antenne gialle gli dominavano il cranio. Lui si stiracchiò allungandosi verso l’alto, per poi far schioccare il collo e le mani, stringendone una nell’altra. Sbadigliò, mostrando due enormi canini argentei nell’arcata superiore della bocca. Il Pokémon si avvicinò alla piattaforma, alzando il pugno all’altezza della spalla. Il Raichu sorrise, spostandosi dalla sua postazione andando verso la brandina, a metà strada i due battettero i pugni all’unisono, come Kyle aveva visto fare molte e molte volte Cole con i suoi colleghi.
- Ecco, era soltanto il cambio fra Raichu ed Electabuzz.
- Cambio? -  chiese Kyle.
- Già, fanno a turno per generare energia elettrica, senza quei due noi saremmo leggermente fottuti. Niente corrente uguale buio come il buco del culo.
- Quindi il merito è loro, ma non si stancano?
- Certo che si stancano, come chiunque qui. Nonostante questo devono farlo, ognuno dà il proprio contributo alla sua gente, siamo una famiglia, Kyle.
- Dai e ricevi, giusto?
- Esattamente.
- Capito… -  Kyle si chinò sulla brandina, portando il suo viso vicino al Raichu appena disteso. Gli accarezzò per qualche momento la testa, il Pokémon accolse felicemente il gesto del ragazzo, godendo della sua piccola ricompensa.
Sur stava osservando attentamente lo svolgimento dell’azione, mentre Riolu bruciava con gli occhi Raichu, geloso del suo allenatore.
- Cosa? Il suo piccolo momento del ricevere da parte mia.
- Va bene, quel Raichu se lo meritava davvero, ma ora che ne pensi di andare? Già abbiamo perso tempo e se non ci sbrighiamo Earl va a nanna e addio aiuto-  Sur sorrise nel vedere il piccolo gesto di Kyle, per poi riprendere il cammino.
- Certamente, vorrei capire che diamine fosse quella cosa che ho visto.
- Sempre senza dimenticare l’opzione dei funghetti….
- Sur, te l’ho detto. Niente funghi o altre droghe, non ho nemmeno diciotto anni!
- E con questo? All’età tua avevo un orto botanico a casa, era come vivere a Los Santos.
- E che città sarebbe? Mai sentita.
- Se solo tu fossi vecchio quanto me, allora mi avresti capito, e staresti lontano da qualunque donna si chiami Catalina.
- Un po’ più chiaro no eh, Sur?
- No. Ah voi giovani non avete mai avuto l’ebrezza di provare certe cose, sto iniziando a far scorrere la mia intera vita davanti agli occhi. Che palle, passa al prossimo capitolo.
- Sei di buon umore stasera, o sbaglio?
- Non sbagli affatto, ragazzo.
- Ovviamente…
- Ehi, Kyle, guarda che siamo arrivati, la tenda blu davanti a te.

Blu? Di blu non resta nulla su quella tenda. La sola cosa ben definita è l’ingresso, che è un buco.

- Come si suole dire, casa dolce casa.
- Dolce, ne sei sicuro? -  Kyle stava osservando le innumerevoli toppe che costellavano la superficie esterna della tenda, donandole infinite tonalità di blu. L’unico particolare che la divideva dal resto anonimo di tende rettangolari che la circondavano, era il restante di un’enorme scritta bianca, sul lato destro, ormai quasi cancellata dal tempo. Kyle riuscì a decifrare solo la parte iniziale del logo, che era più leggibile rispetto al resto.
- Deca… qualcosa.
- Decathlon. Una delle tende più costose che esistesse all’epoca. È enorme ed è una di quelle che si montano da sole in quindici secondi.
- Non sapevo avessi tanti soldi.
- Io non ho mai parlato di comprare, l’ho presa in prestito -  Sur sfoggiò un sorriso tale da far moltiplicare i suoi denti.
- L’hai rubata!
- Sì, forse.
- Sur sai che non si ruba.
- E allora adesso tu non potresti parlare con Earl, se io non avessi rubato quella tenda. È una catena cosmica, togli una tenda, e l’intero universo collasserà su se stesso.
- Dove hai sentito questa stupidaggine?
- In un qualche libro, ma non penso ci sia una tenda. Beh che vuoi fare, entriamo oppure no?
- Entriamo, voglio vederci chiaro -  Kyle si avviò verso l’ingresso, ma venne fermato da Sur.
- Le scarpe - disse lui.
- Devo proprio, Sur?
- Earl è strano, ti conviene fare come ti dico. Togli le scarpe e bussa.
- Ma è una tenda! Come busso?
- Tu fallo e basta.
Kyle si tolse le scarpe, le poggiò sul lato sinistro dell’ingresso e alzò il pugno, pronto a colpire la tenda. Fu immediatamente fermato da una voce proveniente dall’interno.
- Fermo, so che sei lì, entra pure, ma togliti le scarpe - il timbro era dolce, accogliente, quasi come se cercasse di avvolgerti con il suo calore, allo stesso modo di una sciarpa che viene usata per fasciare e riscaldare il collo nelle fredde giornate invernali, la sensazione che provò Kyle al petto fu più o meno la stessa. Anche se fu in quel momento che iniziò ad essere dubbioso sul voler entrare all’interno della tenda. Non gli erano mai piaciuti gli indovini e i chiromanti, lo inquietavano. Sapeva che non avevano i poteri che vendevano ai turisti, padroneggiando con l’arte dell’ammaliziare le carte, con cui lui al massimo riusciva a giocare a scala quaranta. E perdeva pure. Quello fu il primo segnale che Kyle percepì circa lo strano incontro a cui si stava preparando.
Il ragazzo non rispose, si limitò a scostare il lenzuolo consumato che rivestiva il ruolo di porta. Entrò, seguito da Riolu e Sur.
Diverse cose erano strane all’interno di quella tenda, prima fra tutte, l’enorme statua gialla sulla sinistra dell’atrio, raffigurante un’enorme e grasso uomo dorato, con le mani congiunte in segno di preghiera, una larga veste scivolava dalla spalla sinistra fin sul ventre, creando un triangolo rettangolo sul suo pancione. La statua scaricava il peso sullo spesso tappeto in stile indiano, attraverso le gambe incrociate al di sotto del sedere. Subito alla destra della statua si trovava un piccolo tavolino di legno, sviluppato in verticale, su cui poggiava una vaschetta con dentro diversi bastoncini profumati. Kyle riuscì a sentire fragranze come la vaniglia, muschio, petali di rose e cioccolato fondersi assieme, creando uno strano ma piacevole profumo. Dall’interno la tenda era ancor più grande di quanto sembrasse dall’esterno, ogni angolo era stato sfruttato, anche se in modo molto disordinato; in effetti Kyle notò diversi cumoli di vestiti e cianfrusaglie varie che passarono quasi indifferentemente sotto gli occhi di Kyle, il quale era più concentrato sui molti colori sgargianti che ricoprivano il soffitto. Era una piccola riproduzione del cosmo, con i vari pianeti dipinti su di uno sfondo blu notte. Le proporzioni erano state però violate: il pianeta Terra era circa dieci volte più grande del Sole. Al posto dei mari blu e le innumerevoli zone forestali, erano state dipinte centinaia di piccole fabbriche in acciaio, accompagnate da gruppi di alberi spezzati ai loro lati e un fitto fumo nero che mano a mano si allargava fino ad oscurare il cielo. All’interno del pianeta si trovava un cuore stilizzato, color rosso vermiglio, e anche qui il fumo si stava inoltrando, aprendosi delle vie simili a vene all’interno del nucleo vitale, infettandolo con la corruzione e l’avarizia dell’uomo. Kyle si sentì molto a disagio guardando quella cruda rappresentazione della realtà. Ne era sconcertato, e a un tratto percepì una strana sensazione di calore nel basso ventre. Quella era la verità, non ci aveva mai pensato prima d’ora, gli esseri umani stavano lentamente distruggendo tutto ciò che era la loro stessa casa: foreste bruciate, oceani inquinati e spopolati, i Pokémon che venivano usati come armi, per portare avanti le inutili lotte di potere a cui l’uomo è spinto per il suo egoismo. Gli parve di poter ascoltare le grida di terrore degli abitanti di quel pianeta dipinto sulla tela, esseri umani e Pokémon si disperavano cercando di trovare qualcosa da mangiare, mentre l’aria diveniva giorno dopo giorno più tossica, a causa del massivo inquinamento dell’uomo e delle sue azioni.
Fece un passo in avanti, e al contempo un passo nel buio. Kyle non vedeva più con i suoi occhi, la sua mente stava vagando. Lontane, alcune immagini si dirigevano verso di lui con accelerazione costante. Venne investito da una potente luce bianca, chiuse istintivamente gli occhi e andò in apnea.
Un leggero ronzio gli occupava i padiglioni auricolari, affievolendosi mano a mano che le immagini facevano il loro ritorno. Davanti a lui si trovava una gigantesca figura luminosa, emanava una calda luce bianca, la quale aveva l’effetto di un calmante su di Kyle: pochi attimi e si dimenticò delle sue sensazioni negative, della sua paura, delle ombre che lo rincorrevano nella notte, dei continui incubi e si liberò immediatamente della tristezza che in quel momento attanagliava il suo cuore. Non riusciva a fare altro se non fissare i due occhi lucenti dell’essere, fissi su di lui. Erano di un blu intenso, con diversi riflessi azzurri sparsi per le pupille che continuavano a muoversi e a scorrere da un lato all’altro dell’occhio, simili a tante goccioline di olio che in acqua, galleggiando, ora si uniscono, e ora si separano, in una perpetua danza apparentemente senza gravità.
I due enormi zaffiri dell’essere luminoso assalirono la sua mente, immediatamente tutte le difese psichiche di Kyle vennero frantumante; non fece male ma il ragazzo si sentì completamente nudo. Non riusciva a opporre resistenza, l’essere riuscì a scavare a fondo nel suo animo, osservando tutto ciò che era e era stato. Tutte le esperienze, le sensazioni, le parole dette, tutto. Ogni singolo ricordo del ragazzo venne messo alla mercé dell’intruso. Tutti, tranne uno, il suo incubo peggiore.
Lo sentiva avvicinarsi, era sempre più vicino. Il ragazzo provò con tutte le forze a non cedere, era una di quelle esperienze che nessuno vuole far sapere agli altri, perché se una cosa viene detta, verrà anche ricordata, e se viene ricordata nel tempo, non può mai morire, e Kyle aveva ucciso quel ricordo già troppe volte, non poteva permettere a nessuno di riportarla in vita. Quindi raccolse tutte le sue forze, e le convogliò a difesa del suo ricordo. L’energia mentale dell’essere si scontrò violentemente contro la barriera eretta dal ragazzo, e provò più e più volte a sfondarla. Colpo dopo colpo, Kyle sentiva le sue energie scemare copiosamente, un altro tentativo e l’essere ci sarebbe riuscito.
Si fermò. Kyle sentì la sua mente venir lasciata libera, anzi stava riacquistando velocemente energie, come se qualcuno o qualcosa fosse accorso in suo soccorso.
La creatura parve soddisfatta, nonostante il ragazzo fosse sicuro che se si fosse presentata l’occasione, sarebbe arrivato un secondo attacco.
La luce che investiva gli occhi di Kyle iniziò a diminuire, fino a che, dopo aver scostato uno dei suoi enormi arti superiori, la creatura mostrò una città al ragazzo. Si trovavano nei cieli, fra le opprimenti nuvole grigiastre che coronavano le alte ciminiere delle grandi industrie umane. Era come guardare dentro un vaso colmo d’acqua pura, Kyle vide la superficie incresparsi in certi punti, per poi defluire come onde marine verso i bordi della visione, scontrarsi con essi e poi fare ritorno indietro, percorrendo il percorso a ritroso.
Vide tutto ciò che il dipinto di poco fa gli stava trasmettendo: la Terra era davvero arrivata alla sua fine. Uomini in strada si uccidevano per un pezzo di pane, una madre urlava perché un uomo le aveva ucciso la figlia dopo che lei si era rifiutata di avere un rapporto con lui. Vide suo marito, appena tornato dalla ricerca di cibo, urlare di furia brandendo un’enorme mazza con cui colpì l’assassino. E li vide poco dopo, marito e moglie, piangere davanti il cadavere della piccola.
Vide interi ettari di terreno occupati da tronchi d’albero tranciati, non una zona verde si poteva vedere nel giro di chilometri. Carcasse di Pokémon costellavano il suolo, mezzi sepolti dalle polveri pesanti che saturavano l’aria.
Vide il mare nero come la pece, reso corrosivo dal troppo inquinamento, inghiottire onda dopo onda zone di terreno che, una volta circondate dall’acqua infetta, si dissolvevano al suo interno. Gli parve di caderci, in quell’inferno, dritto verso quell’enorme buco nero corrosivo. Mano a mano che si avvicinava alla superficie terrestre, Kyle sentiva il suo corpo venir letteralmente divorato dagli agenti patogeni abitanti l’atmosfera. Cercò di urlare, ma non appena aprì la bocca riuscì soltanto a inghiottire litri di nubi velenifere.
Il suolo era sempre più vicino, questione di pochi attimi e si sarebbe schiantato sulla superficie dell’acqua. Riuscì a sentire il tanfo nauseante dell’oceano, ma ad appena pochi metri dall’impatto, fu nuovamente investito da una luce bianca. Quando riaprì gli occhi si ritrovò completamente avvolto dall’oscurità, al cospetto dell’essere luminoso.
- Chi sei tu? Cosa vuoi da me? -  chiese il ragazzo, mentre le lacrime iniziavano a nascere dai suoi occhi.
Nessuna risposta, l’essere si limitò a indicarlo, per poi far ricadere il braccio lungo il corpo.
Un sussurro arrivò all’orecchio di Kyle, come se qualcuno nascosto dietro di lui stesse provando a suggerirgli la risposta.
- Devi dirmi chi sei! -  urlò Kyle.
Ancora nulla, se non un nuovo sussurro proveniente dalle spalle del ragazzo.
Kyle si voltò, ma non vide nulla. Si girò nuovamente verso l’essere misterioso, e venne investito da una potentissima scarica di luce bianca, così forte da accecarlo e da fargli perdere i sensi; la sua mente si offuscò, la sola cosa che riusciva a sentire era un calore che si propagava sul palmo della sua mano destra.
Riuscì ad aprire gli occhi dopo un lasso di tempo che non riuscì a definire, come se in quel luogo il normale scorrimento spazio-temporale fosse distorto. La prima cosa che vide fu il dipinto raffigurante il sistema solare, era nuovamente nella tenda di Sur. Sentiva una lieve pressione sulla mano destra, si impaurì credendo di aver portato con se un pezzo di quell’orribile mondo. Decise, titubante, di volgere lo sguardo in quella direzione, rasserenandosi a quella vista.
Riolu.


 
            - Hancock

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