Capitolo
6: Il Mondo
Dei Grandi pt. 2
Sapphire
fissava
la propria tazza di caffè. Era nervosa. Ruby aveva avuto il fegato di
riattaccarle il telefono in faccia con un evidentissimo pretesto e non
era
riuscita ad ottenere le informazioni che voleva né tantomeno a parlare
di nuovo
con lui. Il centro Pokémon del sentiero che collegava Vivalet con la
Lega
Pokémon era mezzo vuoto e lei, Platinum, Blue, Crystal e Silver si
trovavano
seduti all’angolo bar a sgranocchiare snack e sorseggiare bevande di cui
non
avevano voglia solo per tenere d’occhio la televisione, in attesa della
conferenza stampa che Red avrebbe tenuto quel pomeriggio.
Parecchi
chilometri
più a ovest, a Hoenn, Green e Gold avevano fatto lo stesso. Solo che
lo schermo che stavano osservando era una ventina di pollici più ampio.
Avevano
ricevuto quella notizia proprio dai loro amici che erano ancora a Holon.
Stentando
a credere al loro racconto, non avevano potuto far altro che aspettare
per
capire cosa ci fosse di tanto importante nella testa del ragazzo da
monopolizzare la sua persona e costringerlo ad fuggire di notte come un
ladro.
Gold, dalla sua parte, si era astenuto da commenti. I suoi rapporti con
Green
si erano congelati un pochino da quando lui aveva anticipato la sua
“buona
azione” quella mattina.
‒
Che diavolo sta succedendo… ‒ se ne uscì Blue con un sussurro.
Silver
si
mostrò pronto ad ascoltarla, Sapphire era nervosa, Crystal non
comunicava da
giorni e Platinum fissava il vuoto.
‒
È tutto così strano, Sil… ‒ disse rivolta al suo miglior amico.
‒
Sono successe tante cose, negli ultimi giorni.
‒
Tante cose orribili, bisogna arrivare sul fondo di questa faccenda.
‒
Tu sei una di quelle che metabolizza la negatività nel miglior modo, tra
noi.
Non oso immaginare neanche come possano stare tutti gli altri, Sapphire,
Crystal… Yellow ‒ disse, assicurandosi che nessuna delle nominate
potesse
sentirlo.
Blue
si
sentì fortemente responsabilizzata dalle parole del suo più vecchio
amico.
Si rese conto solo in quel momento di essere la più anziana nel gruppo dei Dexholder e comprese che, nella lunga lista
dei suoi doveri, rientrava anche quello di essere forte per gli altri.
Tacque
immediatamente, restando presa dai suoi pensieri, fortunatamente
l’annuncio
televisivo entrò in suo soccorso.
“…in
diretta
dalla sede della Lega di Kanto e Johto, all’Altopiano Blu, Red, attuale
Campione di Kanto” blaterava la presentatrice.
L’inquadratura
mostrò
il basso palcoscenico sovrastante un tappeto di reporter e giornalisti
frementi. Il microfono era ancora vuoto, ma nella parte posteriore
sedeva un
contrariatissimo Lance che non faceva altro che lanciare occhiate
maligne a
destra e sinistra.
Tutti
i
Dexholder, che si trovassero a Holon o a Hoenn, stavano assistendo in
live
all’avvenimento. Attendevano le parole di Red. Inoltre, senza che loro
potessero saperlo, pure il professor Oak, il professor Elm, e tutte le
altre
autorità mondiali sul tema Pokémon si erano interessati alla faccenda.
Una
stanca
Yellow comparve sul palco per sedersi accanto a Lance. La donna del
Campione. Poi, come un’anima penitente, Red arrancò sul palco per
posizionarsi
davanti ai primi spavaldi flash che lo aggredivano. I suoi amici
riconobbero
bene la sua espressione e condizione. Quello era il Red che aveva
dormito due
ore in cinque giorni. Il Red che aveva dimenticato di farsi la barba e
che si
era fatto annodare la cravatta dalla sua ragazza non essendo stato
capace di
farlo in autonomia. La miserabile condizione con cui si era spinto sotto
i
riflettori così all’improvviso, però, era ben nascosta da uno sguardo
che solo
alcuni avevano avuto la fortuna di vedergli bruciare negli occhi. Red
aveva
qualcosa di importante da dire.
‒
Buongiorno a tutti, vi ringrazio per la presenza ‒ salutò con brevità.
Lo
sguardo
del Campione si inclinò una volta verso quello di Yellow, in cerca di
sicurezza, forse. Si era intanto creato il silenzio perfetto, tutti
coloro che
si trovavano all’ascolto avevano smesso di respirare.
‒
Ho scelto di convocare questa conferenza stampa io stesso perché mi
rendo conto
che gli eventi a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni hanno… del
surreale.
Vivalet, la Capitale di Holon, è stata attaccata da Rayquaza, ha subito
duecentoottantanove perdite, di cui duecentosedici turisti, settantasei
provenienti da Kanto. Alla furia del Pokémon ci siamo opposti in molti,
fin
quando il suo stesso attacco è riuscito a fermarlo. Uccidendolo ‒ si
prese una
pausa retorica, i tempi dei suoi discorsi pubblici erano sempre stati
ben
calcolati, sapeva come rapportarsi con gli ascoltatori. ‒ Ma sapete già
tutto
questo, quello su cui dobbiamo soffermarci è innanzitutto la natura
dell’attacco. Perché sì, Rayquaza non ha colpito Vivalet per il gusto di
farlo,
ma è stato mandato a compiere quel lavoro ‒ chiarì, con forza nella
voce. ‒ Le
indagini scorrono, io stesso ho tentato di far luce sulla vicenda.
Tuttavia, mi
rendo conto di dover fare una scelta importante. Sono qui, oggi, per
annunciare
le mie dimissioni dalla carica di Campione della regione di Kanto, Lance
prenderà al mio posto le redini della Lega dell’Altopiano Blu ‒ Numerosi
cuori
si fermarono, tra gli ascoltatori. ‒ mi sono reso conto di non poter più
onorare questo incarico, non in questo momento. Kanto, ora, non ha
bisogno di
me.
Un
esplosione
di domande, mani, grida si riverso nella sala conferenze. I
giornalisti cominciarono a spillare al non più Campione ogni minima
informazione e ogni più stupido dettaglio. Lui non rivelò mai troppo,
presto
ognuno si rese conto che era come parlare del nulla. Due colpi grossi
erano
stati assestati da Red al mondo intero. La natura dolosa del disastro di
Vivalet e le sue dimissioni.
Ci
fu
qualche calo e qualche rialzo in borsa nel giro di pochi secondi,
qualche
azienda Cinese cominciò a produrre maglie sul non più Campione, qualche
giornale online pubblicò immediatamente il proprio articolo di opinione
sprezzante e, alla pagina seguente, l’elogio commemorativo del grande
Red di
Biancavilla.
Blue
stringeva
la maglia di Silver come fosse l’ultimo appiglio prima dell’abisso.
Sapphire non riusciva a credere alle proprie orecchie. Gold taceva
puntando lo
sguardo vuoto sul televisore e Green era a bocca aperta. La giornata
perse di
senso. Il rollercoaster emozionale cui i Dexholder erano stati
sottoposti li
aveva sfiancati. Tra gli eventi di Ciclamipoli e il fatto legato a Red,
ormai,
nessuno di loro sapeva come affrontare le cose.
‒
Sapphire ‒ Green aveva chiamato l’ultimo contatto della sua rubrica.
‒
Sì, abbiamo visto, mi ha chiamato papà e ha detto che né lui né Oak
sapevano
niente. Che diavolo è venuto in mente a Red, questa volta?
‒
Non ne ho idea, non ne ha parlato con nessuno di noi.
‒
Non sarà il caso di andare a parlare con lui?
Blue,
nel
frattempo, aveva accartocciato la lattina che teneva in mano. Non dava
altri segni di vita, pareva essersi tramutata in una statua sotto gli
occhi di
Sapphire.
‒
Non lo so, se ha abbandonato il gruppo senza avvisare nessuno,
evidentemente
avrà avuto i suoi motivi. Ad ogni modo, non sarò io a cercarlo.
‒
Capisco…
‒
Ah, inoltre, c’è qualcosa che non abbiamo fatto in tempo a dirti prima,
il
segnale è improvvisamente sparito.
Sapphire
pensò
immediatamente al suo PokéGear sbattuto a terra con violenza dopo la
rude
scaricatura di Ruby che aveva poi richiesto l’assistenza del tecnico del
Centro
Pokémon per potersi riaccendere.
‒
Ossia?
‒
Quello che Ruby ha combinato prima… non credo sia colpa sua.
Sapphire
cominciava
già a bollire.
‒
Insomma, ci ha preso in disparte e ci ha spiegato che è… sorvegliato ‒
pronunciò con difficoltà quella parola. ‒ dalla Faces. Per questo non
può
parlare di determinati argomenti o mettersi in contatto con noi.
‒
Che cosa? ‒ fece Sapphire, incredula.
‒
È stato molto generico, non ha avuto molto tempo, ma questo è quello che
ci ha
fatto intendere. Sembrava sincero…
Sapphire
aveva
iniziato a riassortire qualche collegamento all’interno della sua rete
neuronale. Era appena venuto alla luce che Ruby era, in un certo senso,
all’interno di una gabbia. Se era vero che qualcuno lo controllava e gli
impediva persino di parlare di determinati argomenti chissà quante altre
sue
azioni erano state veicolate fino a quel momento. Il ragazzo custodiva
dei
segreti, dei segreti importanti.
‒
Ho un’idea ‒ mormorò Sapphire con un filo di voce.
‒
Mh, ossia?
‒
Devo immediatamente venire a Hoenn.
‒
Per che cosa? Non possiamo farlo io e Gold?
‒
Devo parlare con una persona, ma preferirei farlo di persona…
‒
Ho capito, vado a prenotarti un biglietto? ‒ domando Green, conoscendo
bene i
privilegi dell’acquistarlo tramite la propria carta Allenatore.
‒
Sì, se puoi sì, grazie. Non so se gli altri abbiano intenzione di…
‒
Green ‒ Gold si introdusse nella conversazione. I due gli prestarono
attenzione. ‒ Chi sono quei due che ci seguono da prima? Quelli con due
spalle
che fanno provincia, il completo nero e gli occhiali da sole?
‒
Oh, merda… ‒ gemette Green individuando le due adoniche sagome fuori
dalla
porta di vetro del Centro Pokémon.
In
effetti,
due signori in smoking e dal volto inespressivo erano immobili di
fronte alla porta dell’edificio. Evidentemente Green non ci aveva fatto
caso,
ma Gold aveva percepito la loro presenza sin dal momento in cui avevano
lasciato il palazzo della HC One, dove si erano incontrati Ruby.
‒
Vi hanno seguiti? ‒ domandò Sapphire che era ancora estranea ai fatti.
‒
Forse Ruby non è riuscito a nascondere proprio tutto alla sua
sorveglianza. Non
posso aiutarti, Sapphire, credo che dovremo prima capire che cosa
vogliono
questi due…
‒
Va… bene.
‒
Vi contatteremo non appena avremo modo di non correre pericolo.
‒
Buona fortuna…
‒
Se Ruby dice il vero, ne avremo bisogno.
Sapphire
riagganciò.
‒
Allora? ‒ chiese Blue.
Sapphire
incrociò
il suo sguardo. Non sapeva da dove iniziare.
Il
caos
generale dell’aeroporto di Vivalet impregnava l’aria. L’atmosfera era
internazionale tanto quanto il McDonald, innumerevoli individui
camminavano
svelti trascinandosi dietro il cupo suono di un trolley, diretti al loro
gate.
Ogni tanto una voce robotica mormorava qualcosa che nessuno riusciva a
percepire. Pochi turisti spensierati entravano e uscivano dai negozi di
idee
regalo e dalle boutique firmate, il più delle persone era cupa e fissava
il
terreno con un’espressione vuota in volto. Dopo la prima bomba lanciata
sulla
folla: l’attacco di Rayquaza, la rivelazione di Red che aveva affermato
essere
tutto un piano di un qualche terrorista aveva creato il panico più
totale. I
turisti tornavano a casa, gli autoctoni fuggivano, i tossici
raddoppiavano le
dosi. Tutto il sistema di Holon sembrava lentamente crollare.
‒
Ho davvero bisogno che tu faccia questo per me, Platinum ‒ disse
Sapphire,
accompagnando la ragazza all’aereo privato che la sua famiglia aveva
fatto
venire a prenderla.
‒
Va bene, posso riuscirci ‒ affermò quella dando la valigia ad uno dei
suoi
accompagnatori.
‒
Grazie… davvero ‒ la ragazza di Hoenn sospirò.
Le
due
Dexholder, simultaneamente, si gettarono le braccia al collo. Una più
grande e matura, con diciotto anni di esperienza sulle spalle, l’altra
meno
preparata, con cinque anni in meno, ma con la stessa forza d’animo nel
cuore.
‒
Mi dispiace di averti fatto passare tutto questo ‒ Sapphire non poteva
non
sentirsi responsabile di quanto era avvenuto in sua presenza.
‒
Tutto si risolverà ‒ la signorina Berlitz cercò di essere forte.
‒
Lo spero, veramente.
Le
due
si salutarono, il jet di Platinum decollò rapidamente. Sapphire le aveva
chiesto di tornare a Sinnoh e radunare quanti più Capopalestra e persone
di
potere possibili che fossero a stretto contatto con Camilla
relativamente alla
vicenda di cui lei e Rocco avevano accennato. Avevano parlato di
informatori,
di personaggi nascosti e di segreti. Serviva qualche watt di luce in più
proiettato sulla vicenda.
Platinum,
dal
canto suo, sapeva benissimo che quello era anche un pretesto per
allontanarla dalla zona rossa, ma aveva accettato di buon grado. Sarebbe
stata
meno di ostacolo, forse riuscendo a raccogliere pure qualche
informazione
importante.
Sapphire
osservò
il piccolo e sottile velivolo sparire tra le nuvole di quel cielo
serale estivo. Poi tornò dagli altri.
Blue,
Silver
e Crystal sedevano sulle poltroncine di una sala d’attesa. I primi due
sembravano discutere di qualcosa, mentre la terza era inerte, stretta
alla sua
valigia. Sapphire si ripresentò a loro, Blue volle includere anche lei
nel
discorso.
‒
Com’è possibile che Ruby abbia paura della sorveglianza di
un’organizzazione
come la Faces? Lui è il Campione di una Lega ‒ si corresse. ‒ il
Campione di
una delle Leghe più solide.
‒
Potrebbe sempre essere un bluff, il suo ‒ ricordò Silver, diffidente.
‒
Quale sarebbe la ragione? Insomma, che motivo avrebbe di inventare una
scusa
per starci lontani? Alla fine non è mai ricorso a mezzi simili per
questi due
anni ‒ fece Sapphire.
‒
Infatti potrebbe non essere per quello ‒ riprese Blue. ‒ Ho il sospetto
che
Ruby non ci abbia detto proprio tutto.
“Sei
troppo
diffidente nei suoi confronti” avrebbe voluto dire Sapphire, ma evitò.
Per il semplice motivo che lei era stata abbandonata di punto in bianco
e
ignorata per due interi anni. Tutti i suoi amici erano a conoscenza di
cosa lei
provasse per Ruby e di quanto avesse sofferto al suo addio. Tuttavia,
nonostante dovesse essere la prima ad avere diritto a dubitare del
ragazzo,
aveva come la sensazione di doversi fidare. Forse con lui era stata
troppo
ingenua, forse aveva solo imparato a distinguere le sue bugie. ‒ Ok,
facciamo
una cosa, ripartiamo dall’inizio ‒ fece Sapphire.
L’aeroporto
che
si muoveva attorno a loro era avvolto da luci artificiali calde e
accoglienti. Le tante persone che passavano attorno a loro li
riconoscevano talmente
tanto in ritardo da non volersi fermare ad importunarli oppure erano
abbastanza
educate da non creare calca. Certi che nessuno fosse all’ascolto,
ricominciarono ad elencare tutti i dati in loro possesso e tutte le
tracce che
avrebbero potuto condurre ad una seconda potenziale pista da seguire.
‒
Colpevole dell’attentato: Zero, il quale intende uccidere gli Allenatori
più
“importanti”. È pericoloso. La sua Lega è praticamente un ostacolo,
finché non
riusciamo a capirci qualcosa, direi di non avvicinarci. Poi c’è la
Faces, che è
legata a Ruby e alla sua Lega in un qualche modo, il fatto che Ruby
abbia
evitato di parlare di certe cose sotto la sua sorveglianza, costituisce
l’unica
pista seguibile ‒ riassunse Blue.
‒
La vicenda di Zero e Murdoch è ancora un vicolo cieco. Incontrare Kalut
sarebbe
stato utile, ma rimane ancora impossibile, senza indizi ‒ fece Silver.
‒
Ok, abbiamo Platinum a Sinnoh e, anche se tu ‒ Blue era rivolta a
Sapphire ‒
dovessi
avere
torto, avremmo comunque un’alternativa.
Il
loro
aereo decollò un’ora dopo. Erano state avanzate ipotesi, proposti piani
d’azione, proposte strategie. La conclusione era comunque una sola:
prima di
agire, bisognava ottenere le informazioni che Sapphire avrebbe promesso
loro.
Avrebbero raggiunto Hoenn e parlato con Lino, successore di Ruby alla
carica di
Capopalestra di Petalipoli e ultima persona rimastagli vicina dopo il
suo
“cambiamento”. Il ragazzo, un tempo legato anche a Sapphire, avrebbe
sicuramente dato loro un grande aiuto. Non era mai stato un gran
combattente,
ma sicuramente un essere umano dal grande cuore e dall’infinita tenacia.
Il
volo
scorreva lentamente, l’ansia e l’attesa facevano da padroni. Le hostess
sembravano non curarsi del fremito che correva lungo i loro nervi e il
pilota
pareva non volersi sbrigare. Hoenn non era mai parsa tanto lontana.
Crystal tacque
dal momento del decollo. Era seduta accanto a Blue, resasi perfettamente
conto
del suo silenzio glaciale, cominciato al momento della morte di Emerald
e mai
conclusosi, salvo rare eccezioni. E come biasimarla? Aveva perso una
delle
persone a cui era più legata. Anzi, forse erano loro gli insensibili.
Loro non
avevano sofferto abbastanza, non avevano avuto abbastanza tempo per
piangere i
morti.
‒
Chris ‒ Blue cercò di interagire con lei.
‒
Dimmi.
‒
Come stai? ‒ cercò di farle percepire la propria empatia.
‒
Tutto ok.
Sembrava
non
voler comunicare.
‒
Mi dispiace per tutto questo… ‒ sussurrò Blue dopo un attesa dubbiosa.
‒
Lo so, anche a me.
‒
Cerchiamo di restare uniti, lo so che stai male per Emerald, ma abbiamo
bisogno
anche di te.
‒
Io ci sono.
‒
Fisicamente, sì.
‒
Non capisco cosa intendi.
‒
Che non hai quasi più parlato da… giorni.
‒
Non avevo molto da dire ‒ sembrò accennare ad un sospiro, il che
rincuorò Blue
circa la sua emozionalità.
‒
Lo capisco, ma voglio che tu sappia che tutti noi abbiamo sofferto come
te per
Emerald. Non vederci come delle persone insensibili e dei pessimi amici.
‒
Lo so, tutti voi eravate legati ad Emerald ‒ sussurrò Crystal mentre
nella sua
testa sorgevano vividi i ricordi del bambino biondo che aveva visto
crescere nell’orfanotrofio,
che aveva chiesto un PokéDex al professor Oak, che indossava scarpe
altissime
per non sembrare basso. Quel bambino che era parso interessante agli
occhi di
tutti gli altri Dexholder solo dopo il ruolo svolto nella disavventura
al Parco
Lotta. Quel bambino che aveva sofferto per tutta la sua vita, dormendo
su una
brandina e rubando biscotti scaduti, mentre le facce di quelli che
sarebbero
divenuti i suoi compagni erano già sulle copertine delle riviste.
‒
Non tenerci rancore.
‒
Non lo farò.
Crystal
sorrise.
E Blue sapeva quanto fosse falsa quella curva che le sue labbra
formarono sul suo volto. Il suo discorso non aveva minimamente scalfito
la
corazza della Dexholder di Johto, piuttosto le aveva dimostrato quanto
fosse ancora
ruvida e cattiva nei loro confronti.
‒
Che cosa vuoi che facciamo per te? Nessuno sopporta di vederti così ‒
tentò in
un ultimo disperato tentativo di recuperare la sua vecchia amica.
Crystal
non
rispose, ma il suo sorriso divenne sempre più grottesco e falso.
‒
Voglio che mi lasciate uccidere Ruby ‒ sussurrò, con un filo di
voce.
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