Capitolo
7: Malibu
Il sole faceva
capolino dagli spiragli delle persiane. Sapphire lasciò che la sua luce
le
aprisse dolcemente gli occhi.
Si ritrovò in un
letto sfatto, all’interno di una camera d’hotel che non conosceva, senza
la
minima cognizione di che giorno o che ora fosse. Verificò allungando un
occhio
verso la sveglia digitale che era sul comodino. Erano le nove e mezza
del
ventinove giugno. Si sentiva incredibilmente riposata, come se avesse
recuperato energia dopo un incredibile sforzo. Effettivamente era
passato
parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno era riuscito a farla
stare
sveglia fino a così tardi per fare sesso.
Stirò ogni
muscolo facendo le fusa nel letto ovviamente vuoto e tentò di alzarsi.
Cercò
eventuali messaggi o tracce lasciati da Ruby ma tutto ciò che era
rimasto dopo
quella notte, lo aveva Sapphire addosso. Era la camicia nera del
ragazzo, di
seta, con le iniziali ricamate dentro:
R.H.
Ossia Rubin
Harmonia. Era stata sicuramente realizzata su misura da qualche sarta
esperta
che si era fatta pagare una fortuna. Ruby aveva giustamente rinunciato a
recuperarla, per non svegliare la ragazza. Sfilare le camicie di dosso
alle
persone era difficile persino per lui. E intanto, Sapphire rideva sempre
più
pensando all’immagine di Ruby che volava via in groppa ad un Flygon a
petto
nudo alle prime luci del mattino. Poi perse immediatamente il sorriso
quando
ripensò all’immagine del corpo del ragazzo. Il suo petto, aveva potuto
constatarlo quella notte, era solcata da migliaia di tatuaggi: linee
rosse e
blu che indicavano che l’organismo avesse assorbito le gemme dentro di
sé. Il
centro focale di queste linee era lo sterno, le ramificazioni andavano
poi a
scemare man mano che ci si allontanava da esso, le più lunghe
raggiungevano le
spalle o la vita. Il complesso disegno ricordava in qualche modo una
sorta di
insetto con un esorbitante numero di zampe sottili e lunghissime. Lui
stesso
aveva detto che, se i due cristalli avessero dovuto riunirsi, il suo
corpo
avrebbe iniziato un lento processo di corrosione e decadimento. Si
costrinse a
non pensarci. In qualche modo, quella mattina si era svegliata
serenamente, ma
a poco a poco si stava riavvicinando alla realtà piena di merda che
aveva
abbandonato la sera precedente.
Si fece una
doccia, giusto per togliersi di dosso l’odore di Ruby.
Mezz’ora dopo era
scesa al piano di sotto, per riunirsi con gli altri. Ovviamente trovò le
facce da
funerale del giorno prima che nemmeno una abbondante colazione poteva
trasformare in sorrisi.
‒ Non abbiamo più
una pista ‒ fece notare Blue, sconsolata.
‒ Dovremmo
prelevare Ruby con la forza e interrogarlo ‒ ripropose Gold.
‒ Sarebbe
inutile, adesso l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un ostaggio ‒ lo
criticò
Green.
‒ Cercare Kalut?
‒ ribatté.
‒ Abbiamo già
provato, non esiste nessuno al mondo che risponda a quel nome, da dove
inizieremmo? ‒ lo informò Blue.
‒ Che idea avete,
allora?
Nessuno parlò.
‒ Forse c’è una
minima possibilità ‒ mormorò Sapphire.
Tutti i presenti
finirono con gli occhi su di lei. A tutti pareva che la ragazza si fosse
svegliata dal lato giusto del letto, quella mattina.
‒ Murdoch viene
ucciso, poi Zero, colpevole dell’omicidio, sparisce… a distanza di due
giorni,
muore pure Fenix, altro Superquattro di Zero… potrebbe non essere stato
proprio
un incidente ‒ elencò. ‒ Rocco e Camilla non avevano detto che ora che
Kalut
non è più con Zero, non c’è più nessuno che riesca a domarlo?
Si poteva
percepire all’orecchio il rumore dei meccanismi dei cervelli di tutti i
presenti che cercavano di distillare una deduzione.
‒ Non hai torto,
cerchiamo gli altri Superquattro ‒ propose Blue, entusiasta dalla nuova
strada
da percorrere.
‒ Dopo gli ultimi
avvenimenti, è difficile che si trovino alla Lega ‒ ricordò Green. ‒
Sapphire,
chiama Rocco, vedi se lui sa dove potremmo trovarli.
‒ Avete avuto una
buona idea ‒ approvò l’ex Campione di Hoenn, dal suo ufficio di Altelia.
‒ Ma
non so se è effettivamente la cosa migliore, si tratta pur sempre dei
sottoposti dell’uomo che, a Vivalet, avrebbe voluto lasciare di voi solo
una
macchia sul terreno.
‒ Tu dicci quello
che sai ‒ rincarò Sapphire.
‒ È poco sicuro.
‒ E io sono
maggiorenne, mamma.
‒ Vi abbiamo dato
delle informazioni riservate per aiutarvi o per mandarvi a morire?
‒ Rocco, abbiamo
bisogno di trovare Tiana e Axel, per ora loro sono l’unica pista che
possiamo
seguire ‒ Sapphire era ferma e decisa e il suo interlocutore, sotto
sotto,
sapeva di star solo temporeggiando prima di cedere alle sue insistenze.
‒ Senti, facciamo
una cosa, io vi dico dove è possibile che riusciate a trovarli, tu mi
prometti
che non andrai a cercare nessuno ‒ trovò un compromesso per tenersi la
coscienza pulita.
‒ Se ti fa
sentire meglio, ok.
‒ So bene che non
manterrai la promessa ‒ chiarì l’uomo gettandosi in gola un bicchierino
di
cognac, dall’altra parte della linea.
‒ Non lo farò.
‒ Axel ha una
Villa a Olivinopoli, se è vero che si sono allontanati da Holon, lo
troverai
sicuramente lì. Altrimenti smettete di cercare e tenetevi alla larga da
tutti e
due.
‒ Grazie, Rocco ‒
asserì Sapphire, attaccata al PokéNav.
‒ Non
ringraziarmi, mi fa sentire in colpa.
‒ Ok.
‒ Fa’ attenzione…
Presero
ovviamente il primo volo per Johto che partisse da Ciclamipoli.
Sarebbero scesi
all’aeroporto di Fiordoropoli attorno alle tre del pomeriggio, era poi
previsto
anche un viaggetto in groppa ai loro Pokémon volanti che li avrebbe
lasciati a
Olivinopoli per le tre e mezzo circa.
Sapphire, in
aereo, si autoconvinse che prima o poi quei continui cambi di altitudine
le
avrebbero rotto i timpani e scombussolato la circolazione. E poi sentiva
ancora
addosso i postumi del cambio di fuso orario dell’ultimo viaggio.
Ma sapeva bene
che niente sarebbe cambiato per tutto il corso della sua vita da
Allenatrice.
Spostarsi tra regione e regione era la normalità, anzi, era quasi
divenuto
usuale. Purtroppo funzionava così: le mete che piacevano a lei, quelle
piene di
Allenatori, medaglie e sfide, erano tutte oltremodo isolate. Sinnoh
distava da
Kanto così come Hoenn distava da Unima. E così via, piccole e lontane
regioni
che lei e i suoi amici erano abituati a percorrere a piedi in un mese o
due,
realtà ristrette, rese comode e percorribili al fine di agevolare e
perpetrare
la tradizione più diffusa nella sua nazione: la sfida alle Palestre. E
poi le
grandi città, le industrie, il tessuto urbano: tutta roba opportunamente
nascosta e mimetizzata.
‒ Hai visto
Sapphire? Sembra più sorridente oggi ‒ sussurrò Blue a Green, i due
erano
seduti vicini, mentre la Dexholder di Hoenn stava nella fila di posti
adiacente.
‒ Non ci avevo
fatto caso ‒ rispose lui con fare distratto.
‒ E la sua camera
sapeva di sesso ‒ aggiunse, sapendo che il maschio che era suo
interlocutore
avrebbe drizzato di più le antenne.
‒ Quando ci sei
entrata? ‒ chiese allora Green, preso all’amo.
‒ Prima di
uscire, le ho dato una mano con la valigia.
‒ Avrà trovato
tempo per farsi rimorchiare, ieri sera, beata lei ‒ commentò Green,
malato come
tutti.
‒ Nella sua
regione? Difficile, lo avrebbero scritto sul giornale.
‒ E allora che
pensi?
‒ Escludo Lino ‒
mise le mani avanti, Blue.
‒ Come minimo.
‒ Non mi viene in
mente nulla.
‒ Potresti pure
aver sbagliato ‒ la stuzzicò Green.
Il loro parlare
a bassa voce non
riusciva ad attirare la distratta attenzione di Gold e Silver, il primo
dormiva
e il secondo giaceva nella sua solita calma turbolenta. Totalmente
distaccata
era invece Crystal, la quale non scambiava che qualche parola
abitudinaria coi
suoi amici da giorni, ormai. Tutti lo avevano notato, qualcuno aveva
provato a
parlarle, nessuno ne aveva tratto risultati. Era oltremodo nervosa e
furente
per la morte di Emerald. Bolliva in una silenziosa rabbia celata, come
una
pentola a pressione che, prima o poi, si sarebbe decisa ad esplodere.
‒ Lei è quella
che è rimasta più
sola ‒ commentò Green, parlando sempre di Sapphire. ‒ Insomma, noi,
Silver,
Red… ci conosciamo da così tanto. Lei chi ha?
‒ Non dovresti
essere così
negativo. Siamo una squadra, ma prima di tutto siamo amici ‒ lo riprese
la
ragazza.
‒ Sì, siamo
colleghi divenuti amici nel tempo. È abitudine, non affinità.
Condividiamo i
nostri impegni, non le nostre passioni.
‒ Secondo me è
proprio qui che ti sbagli ‒ ribatté allora la castana. ‒ Siamo tutti
diversi,
questo è vero, ma è un fatto positivo. Inoltre abbiamo vissuto insieme i
momenti più importanti delle nostre vite. E lo abbiamo fatto per nostra
scelta,
non per costrizione.
‒ Ah, sì. Ricordo
quando siamo rimasti pietrificati insieme, oppure tutte le volte che
abbiamo
rischiato di morire per fare la
cosa
giusta. Tutti si amano nel pericolo, è come in un film americano,
hai
presente?
‒ Sei uno
stupido, il lavoro ti ha reso noioso.
‒ Tu invece sei
diventata tenera, queste amicizie ti hanno ammorbidito ‒ ribatté
calcando sulla
parola “amicizie”.
Blue era stata
toccata nel vivo ‒ Credi che sia il tuo lato duro e distaccato che mi
abbia
spinto a letto con te ogni volta? Cos’è, una specie di gioco erotico per
te? ‒
disse, con tono normale.
‒ È solo la
verità, non puoi affidarti a nessuno. Prima o poi quel qualcuno o
sparisce o si
dimentica di te o muore.
‒ Pensi che tutti
siamo come Ruby? ‒ Blue alzò leggermente la voce, attirando l’attenzione
di
Sapphire che aveva udito fuggevolmente il nome del ragazzo che aveva
lasciato
entrare dentro di sé quella notte.
‒ Abbassa la
voce… e comunque no, penso soltanto che nessuno di loro possa salvarti
la vita:
siamo sempre soli, alla fine.
Blue sbuffò,
provando il sentore del disprezzo per quella persona con cui stava
parlando, ‒
Secondo me invece hai solo paura ‒ fu vicinissima a lui, sussurrò quelle
parole
al suo orecchio. ‒ Ora che vedi il pericolo, hai paura di perderli
perché ti
sei affezionato ad ognuno di loro.
Green non
ribatté. La ragazza decise di alzarsi per sparire in bagno per qualche
minuto.
Si voltò all’ultimo verso il ragazzo per ribadire il concetto.
‒ E comunque non
credevo tu fossi tanto insensibile, nessuno di loro potrà salvarmi la
vita, ma
sicuramente tutti me l’hanno cambiata. E in meglio ‒ e andò via.
Il resto del
viaggio scorse nel silenzio totale, persino tra i due di Kanto.
Furono tutti a
Olivinopoli per l’orario stabilito. Già dal primo momento risultò
evidente che
Gold e Silver si sentissero più a casa. Crystal invece accennò quasi ad
un’ombra di serenità. Esagerando, anche lei era felice di rivedere la
sua
terra, ogni tanto.
Seguendo le
indicazioni di Rocco e affidandosi a qualche elenco telefonico, articolo
di
internet e chiacchiera locale, scoprirono che la villa che risultava
appartenere al Superquattro Axel era quella in stile Tony Stark che
giaceva
sulla costa frastagliata e rocciosa dell’isola. Una roba poco economica,
sicuramente. Olivinopoli era un po’ come Spiraria a Unima: un resort per
i
ricconi. Il clima era molto simile, lì neanche l’inverno riusciva ad
abbassare
la temperatura drasticamente. L’oceano era uno spettacolo, il panorama
di più.
La villa dava inoltre verso sud est, per godere dell’alba senza
prendersi il
sole in faccia. La costa rocciosa non permetteva di uscire dal lato
mare, ma
permetteva di osservare i surfisti che si esibivano, un centinaio di
metri più
lontano.
‒ Che facciamo,
bussiamo piano o bussiamo forte? ‒ scherzò Gold che era già solleticato
dall’idea di demolire il patrimonio che sicuramente sarà costata quella
costruzione.
‒ Neanche per
sogno, idiota ‒ lo richiamò Silver.
‒ Io ho un’idea ‒
si intromise Sapphire, che quel giorno era fin troppo creativa. ‒ Ma
forse
sarebbe più il caso di spiare dentro di nascosto, prima. Giusto per
capire che
cosa abbiamo davanti.
‒ Ok, era ovvio,
ma qual è l’idea? ‒ la stimolò Gold.
‒ La massima
naturalezza e la limpidità, tanto che potrebbe farci Axel? Se facciamo
capire
alla stampa che ci troviamo qui, non può neanche toccarci.
‒ Non è male ‒
commentò
Green. ‒ Per il sopralluogo mi mobilito io, concedetemi mezz’ora,
ritroviamoci
di fronte al Centro Pokémon ‒ e sparì sul suo Charizard.
‒ Che facciamo
nel frattempo? ‒ domandò Gold, notoriamente impaziente.
Ognuno di loro
trovò impiego. Sapphire telefonò a suo padre per aggiornarlo, Blue fece
lo
stesso col professor Oak. Silver, Gold e Crystal, invece, sparirono
misteriosamente.
Quando Green
tornò, pronto a riferire tutti i dati che aveva ottenuto, trovò un
circolo di
persone annoiate.
‒ Allora ‒
esordì. ‒ la villa è messa in sicurezza da alcune guardie che girano
costantemente all’esterno. Sono tutte armate, ovviamente, ma non
dovrebbero
costituire un problema, se dovessimo entrare in veste di normali ospiti.
Ovviamente, se ci sono le guardie Axel dev’essere all’interno, ma c’è
un'altra
auto parcheggiata all’esterno, non è una delle sue, quelle le tiene nel
garage
sotterraneo. Comunque è una Jaguar rosa perlaceo, da maschio mi
vergognerei a
portare una macchina come quella. Deduco che sia quella di una probabile
moglie/fidanzata ‒ il resoconto di Green era abbastanza dettagliato.
Avevano
trovato il loro obbiettivo. Ed erano pure sicuri che qualche reporter
aveva
diretto la sua attenzione verso di loro. Per questa ragione, erano
intoccabili.
‒ Possiamo
procedere, siamo qua per indagare dopo la vicenda di Vivalet, la morte
di Fenix
e sulla sparizione di tutto il resto della Lega di Holon, non
sospettiamo di
lui o dei suoi colleghi fin quando la cosa non si fa evidente ‒ ricordò
a tutti
Sapphire. ‒ E non tiriamo in ballo Ruby e la Faces, se non ce n’è
bisogno ‒
aggiunse, con una frecciata.
Entrare in una
villa sorvegliata da una guarnigione di guardie vestite di nero fu una
delle
esperienze più strane che fosse mai capitata ad ognuno di loro.
Dovettero
perquisirli prima di farli anche solo avvicinare al citofono. Nessuno di
loro
comprese il motivo di tanta sicurezza, ma non si fecero domande. Erano
persone
importanti e Axel, o chi per lui, li invitò cordialmente ad entrare.
Si ritrovarono in
un salotto dal soffitto altissimo nel quale risuonava il cristallino
suono di
una fontana da interni.
Attesero alcuni
minuti con un cameriere che offrì loro qualsiasi tipo di bevanda. Solo
dopo
quell’accoglienza greca videro presentarsi davanti a loro un soggetto la
cui
età era poco deducibile ma aleggiava tra i venti e i trenta. I capelli
erano
castani chiari, quasi biondi, aveva un paio di Rayban da vista sul naso
e celava
il suo fisico né gracile né muscoloso sotto un abbigliamento casual: una
maglietta e dei bermuda. Axel li squadrò tutti con occhi attenti.
‒ Non aspettavo
visite, mi dico stupito ‒ esordì.
‒ Perdona il
nostro arrivo improvviso, Axel, non ci conosciamo ma siamo sicuri che tu
sappia
già chi siamo ‒ rispose Green, facendosi portavoce del gruppo.
‒ Ovvio, e ho
pure intuito il motivo per cui vi trovate qui ‒ era uno di quelli con la
risposta pronta, si annotò mentalmente ognuno di loro.
‒ Forse no ‒
ribatté allora Green.
Axel si
incuriosì. Si sedette su uno di quei divanetti di pelle bellissimi ma
scomodi
come poche cose al mondo. Era proprio di fronte a loro e sorseggiava una
tisana: Axel, Superquattro della Lega di Holon, collega di due morti e
sottoposto di un terrorista.
‒ Sai, stiamo
indagando su quello che è successo a Vivalet, non potevamo farne a meno.
‒ Ah, Vivalet,
che sciocco ‒ si picchiettò le tempie con le dita. ‒ Vi porgo i miei
ringraziamenti per aver fermato Rayquaza, io sono stato costretto dai
miei
agenti ad allontanarmi subito dopo l’attacco. È stata una terribile
tragedia,
ma senza di voi si sarebbe potuta trasformare in un disastro di
dimensioni ben
maggiori.
‒ È stato dovere
‒ borbottò Gold.
‒ Comunque,
stiamo seguendo una delle poche piste possibili e siamo rimasti colpiti
dalla
sparizione dell’intera Lega di Holon e poi, con quello che è successo
ieri... ‒
spiegò Green.
Axel sembrò
concedersi un attimo. Pensava a Fenix, ma il suo cervello lavorava più
di
quanto lasciasse intendere.
‒ Effettivamente,
capisco come un avvenimento simile possa aver insospettito molti.
‒ Holon ha
conosciuto l’inferno, la sua Lega è scomparsa ‒ lo accompagnò Green.
‒ Avete delle
idee su chi possa essere il responsabile?
Prima bugia, ogni
Dexholder individuò la finta ingenuità di Axel. Sapevano bene che lui
era a
conoscenza del piano di Zero, voleva solamente capire quanto fossero
vicini
alla verità. Era buon segno, poiché significava che non erano stati
seguiti nel
loro processo di investigazione. D’altra parte, però, ricordava loro
che,
seduto amabilmente su quel divanetto a sorseggiare una tisana da una
tazza
etnica in terracotta proveniente da Alola, c’era il complice di un
assassino.
Non sapevano ancora da che parte stesse il Superquattro, e lo avrebbero
scoperto soltanto rischiando la pelle, ma nessuno di loro quella mattina
si era
alzato dal letto con l’intenzione di entrare nella tana del lupo: ragion
per
cui avevano già deciso unanimemente di mantenersi generali con lui, in
modo
tale da non infastidire un eventuale complice di un pluriomicida.
‒ Abbiamo qualche
idea, ma stiamo cercando di fare luce sul quadro generale ‒ rispose
innocentemente Green.
‒ Ok, allora vi
aiuto: è stato Zero ‒ disse con massima naturalezza. Aveva bluffato,
voleva capire
quanto a fondo i suoi interlocutori fossero scesi.
I Dexholder
rimasero inverosimilmente spiazzati.
‒ È un criminale,
è il responsabile della morte di Fenix e sono certo che abbia ucciso
pure quel
poveraccio di Murdoch ‒ stava rincarando la dose senza alcuna paura
delle
conseguenze. ‒ Zero va fermato, la Lega di Holon ormai non esiste più.
‒ Aspetta,
aspetta… che significa tutto questo? ‒ lo interruppe Green, tenendogli
il
gioco.
‒ Zero sta
cercando tutti noi, ora ‒ chiarì, lasciando senza far luce su nulla.
Green assottigliò
lo sguardo.
‒ Va bene,
dobbiamo
intervenire immediatamente per fermare Zero ‒ si intromise Sapphire. ‒ E
da
quanto ho capito siamo anche sulla strada giusta. Axel, se è vero quello
che
hai detto su Zero, abbiamo bisogno che tu ci dia una mano e continui a
dirci
tutto ciò che sai ‒ esclamò con decisione.
‒ Sì, Zero aveva
intenzione, come immagino già saprete, di fare una strage di tutti i
maggiori
Allenatori presenti all’Holon World Stadium. Ha costretto Murdoch ad
agire per
suo conto, poi lo ha eliminato per cancellarne le prove. Per fortuna, da
quanto
ho capito, una soffiata a proposito del suo piano è arrivata a Rocco e
successivamente a Ruby, che ha potuto ostacolarlo insieme a voi,
purtroppo non
senza conseguenze…
‒ Stiamo cercando
di raggiungerlo e fermarlo, dobbiamo solo capire la motivazione che
spinge le
sue azioni ‒ continuò Sapphire.
‒ Forse occorre
che capiate come stanno realmente le cose, prima ‒ precisò Axel
convocando il maggiordomo.
‒ Bernard, chiama la nostra ospite ‒ ordinò.
Stupendo tutti,
comparve all’interno del quadretto un ultimo soggetto: una bellissima
donna
dalla carnagione color caffellatte. Vestiva anche lei casual, con un
pareo e
degli shorts, ma la sua bellezza colpì ognuno dei presenti. La
riconobbero, lei
era un po’ più conosciuta, visivamente, rispetto ad Axel: si trattava di
Tiana,
ultima Superquattro di Holon. Evidentemente, la proprietaria della
Jaguar rosa
parcheggiata fuori.
La bellezza
salutò tutti introducendosi elegantemente nella situazione.
‒ Zero è arrivato
al punto di rivolgersi persino contro di noi ‒ spiegò, gelido, Axel. ‒
Siamo
fuggitivi.
E un forte rumore
di vetri infranti colse tutti alla sprovvista. Bernard, il maggiordomo
di Axel,
cadde a terra, con il buco di una pallottola nel collo. Entrò in casa
attraverso la vetrata appena infranta una delle guardie vestite di nero
che
sorvegliavano l’esterno della villa. Era grosso e piazzato, brandiva una
calibro quarantacinque dotata di silenziatore che maneggiava con dei
guanti di
pelle. Puntò minacciosamente l’arma contro Axel e fece fuoco.
Schermoluce.
O Barriera. O forse Protezione.
Probabilmente nessuno di
loro lo avrebbe mai scoperto, sta di fatto che la pallottola si
disintegrò a
mezz’aria, contro un invisibile muro di luce. Tuttavia l’uomo vestito di
nero
che aveva sparato ad Axel, presumibilmente un infiltrato nella scorta
della sua
villa a Olivinopoli, non era solo. Immediatamente tutte le guardie
cominciarono
a sfondare porte e finestre della proprietà per accerchiare gli
Allenatori che
erano all’interno.
‒ Cazzo, dobbiamo
andarcene! ‒ esclamò il Superquattro.
A
quel punto il loro salvatore si palesò. A generare quella barriera che
aveva
evitato al piombo di raggiungere il proprio Allenatore era stato un
minaccioso Magnezone
che si era nascosto tutto il tempo levitando al piano di sopra. Il
Pokémon
lanciò una scarica che lasciò l’agente infiltrato a terra svenuto.
‒ Che diavolo succede,
Axel? ‒ esclamò furente Tiana.
‒ Avete addosso roba
metallica? ‒ chiese quello.
Nessuno
lo
stette a sentire. Il caos che era scoppiato in meno di pochi secondi
avrebbe
colto di sorpresa anche l’uomo più calmo del mondo.
‒ Avete addosso roba
metallica? ‒ ripeté, rabbioso per la mancata
risposta.
Dalla
matassa
dei sei Dexholder che tiravano fuori alla ben e meglio i loro Pokémon
nella speranza di fronteggiare gli agenti vestiti di nero che iniziavano
a fare
capolino dalle vetrate rotte e dalle altre stanze, non si levò alcuna
risposta.
‒ Ah vaffanculo! ‒ Axel impartì un ordine
preciso al
proprio Magnezone.
Il
Pokémon
generò un fortissimo campo magnetico che attirò tutti i soprammobili e
i componenti metallici della casa, aprì ogni cassetto dal pomello
metallico,
rovesciò sedie e sgabelli e strappò ogni arma dalle mani delle guardie.
Il
salone era ora tutto a soqquadro, ma nessuno avrebbe sparato loro
contro. In
tutto questo, Crystal aveva perso due forcine per i capelli, Blue un
braccialetto e Gold la felpa a causa della cerniera lampo.
‒ Dobbiamo scappare! ‒ ordinò quindi Axel.
Le
guardie
avevano perso le loro armi da fuoco, Magnezone le aveva tutte scagliate
fuori dalla finestra, e non si fecero scrupoli a tirare fuori l’arma di
riserva: le loro Poké Ball. Così, grazie ai Pokémon da sfondamento di
tutti i
presenti, calciando un Arcanine di qua e un Manectric di là, gli otto
Allenatori cominciarono a farsi strada nella calca di nemici.
Axel
sfondò
una delle vetrate che dava sull’oceano ordinando a Magnezone di
scagliarvi contro due guardie. Probabilmente quei due poveracci
sarebbero morti
cadendo in acqua da quell’altezza. Ad ognuno fu comunque permesso di
uscire
fuori e saltare sul proprio Pokémon volante. E così i Dexholder più i
due
Superquattro di Holon che volavano uno su Zapdos, l’altra su Swanna,
presero
una debita distanza dalla villa. Qualche guardia sembrava in procinto di
salire
sulla propria cavalcatura alata per inseguirli, ma Axel prevenne ogni
possibilità. Fece un cenno con la mano e gridò qualcosa. E
immediatamente
divampò una inquietantissima luce gialla da casa sua. Decine di potenti
esplosioni detonarono attorno alle fondamenta della sua villa. Erano
degli
Electrode che utilizzavano Autodistruzione.
‒ Aspetta, che cazzo stai
facendo? ‒ lo richiamò Green.
Troppo
tardi,
ormai l’edificio sembrava un castello di carte sotto il soffio del
vento. Il cemento si sgretolò, i vetri esplosero, le fondamenta si
sradicarono.
La villa di Axel crollò nel mare in pochi secondi, polverizzandosi e
accartocciandosi su se stessa. Il mare accolse tonnellate e tonnellate
di resti
e macerie colorandosi di una fitta schiuma biancastra e agitandosi
paurosamente.
E tutti loro, guardando senza poter agire in nessun modo, sapevano che
decine
di uomini erano rimasti intrappolati all’interno di quella valanga che
si era
riversata nell’acqua.
‒ Porca puttana, Axel, che
diavolo
hai combinato? ‒
gridò Sapphire al Superquattro.
Tutti
gli
Allenatori erano atterrati sulle coste di una delle isole vorticose,
poco
lontano. Ancora scossi da ciò che era appena successo, avevano poggiato
i piedi
per terra, o meglio, sulla sabbia, prima possibile. Tanto era difficile
che ci
fosse anche solo uno di quegli agenti che avesse ancora voglia di
inseguirli.
‒ Mi aspettavo una
reazione, la
scorta mi era stata mandata da Zero. Sapevo che mi si sarebbero
rivoltati
contro, non li ho rifiutati per non destare sospetti, ma ho preso le mie
precauzioni ‒
si giustificò
quello.
‒ Ma stiamo scherzando?
Quante
persone hai ucciso senza neanche pensarci? ‒
intervenne Blue attaccando Axel a sua volta.
‒ Dodici, dodici guardie
con due
Pokémon ciascuna, se vuoi saperlo! ‒
ringhiò quello, severo, attirando
l’attenzione di tutti. ‒ E non pensare che l’abbia
fatto a
cuor leggero, stiamo per entrare in guerra con queste persone, loro non
si
fanno scrupoli a ucciderci, noi non possiamo mettere a repentaglio la
pelle per
dare loro clemenza. Inoltre, ora che ci penso, se li avessi lasciati
vivi, loro
avrebbero comunicato a Zero che sapete della sua responsabilità circa
Rayquaza,
Murdoch e Fenix e che siete sulle sue tracce. Dovreste pure
ringraziarmi.
Ognuno
tacque.
‒ Volete che vi spieghi che
cosa è
successo veramente? Bene, statemi a sentire ‒
la sua rabbia cominciava a sbollire. ‒
Zero ha macchinato tutto riguardo alle faccende di Vivalet: Murdoch,
costretto
da quel folle, ha fallito nel controllare Rayquaza. È scomparso, certamente
ucciso, per
punizione.
I
Dexholder si scambiarono degli sguardi di approvazione, la teoria di
Camilla era
stata confermata.
‒ A quel punto, Zero ha
iniziato ad
indagare su noi altri Superquattro, credendo che volessimo tutti
tradirlo come
crede abbia fatto Murdoch. È accecato dalla rabbia e ha intenzione di
eliminare
ogni possibile minaccia, adesso noi come voi. Io e Tiana siamo venuti
qui a
casa mia, lontana da Zero, sperando di temporeggiare e inventarci
qualcosa ‒ sospirò e riprese fiato. ‒ Come vedete non è servito a molto…
‒ Che cosa sta cercando
Zero,
esattamente? ‒
domandò allora Green.
‒ Il controllo, Zero sta
eliminando
tutti gli Allenatori più potenti e influenti, vuole che tutto ciò che
loro
rappresentavano confluisca in un solo punto focale: Holon.
In
un
istante, tutto il disegno fu più chiaro ai presenti.
‒ L’isola di Holon: una
piccola
regione, ma un grandissimo parco divertimenti ‒
proseguì Axel. ‒ Gli Allenatori si
sarebbero
rivolti contro la Lega che si era costruita la più grande immagine di sé, la catastrofe avrebbe attratto le
attenzioni di
tutto il mondo e dopo qualche tempo dei nuovi turisti. La Lega come
mondo dello
spettacolo: avrebbe attratto tutto il flusso mediatico e l’influenza
degli
altri Allenatori più grandi, una volta scomparsi quelli frammentati per
le
altre regioni. Pensate al più stupido degli esempi: se tutti quegli
Allenatori
avessero perso la vita all’Holon World Stadium, dove sarebbe stato
costruito il
loro monumento alla memoria? Dove sarà comunque costruito per quei
poveri
innocenti che sono morti?
Ogni
Dexholder
conosceva bene la risposta, in cuor suo.
‒ E in fondo, alla fine di
tutto,
quale sarebbe stata l’unica Lega ancora in piedi? ‒ Axel aveva aperto loro
gli occhi.
Possibile
che
nessuno di loro era riuscito a rendersene conto, fino a quel momento?
‒ Quindi questo è
l’obiettivo di
Zero, perché gli informatori di Rocco e Camilla non hanno subito
comunicato
loro tutto? ‒
si domandò
Green senza attendere una risposta.
‒ Un attimo, Axel ‒ si intromise Sapphire. ‒ Che ruolo ha, in tutto
questo, la
Faces?
Quello
alzò
un sopracciglio, non comprendendo. Tiana, che gli si era affiancata per
tutto il discorso, reagì con la stessa ignoranza.
‒ Non sapete proprio
niente?
‒ Non capisco cosa dovremmo
sapere…
Sapphire
sospirò
sconsolata. Si voltò verso gli altri Dexholder. Da come si guardavano,
comprendevano di star pensando tutti la stessa cosa. Forse la vicenda di
Hoenn
era soltanto un’altra storia per niente collegata a ciò che stava
accadendo con
Zero. Senza dirsi una sola parola, avevano già deciso, si sarebbero
concentrati
solo ed esclusivamente su Holon, per ora. Ruby, Lino e la Faces potevano
aspettare.
‒ Axel, vogliamo dare una
mano, Zero
va fermato e ti assicuro che ci sono molti Allenatori validi disposti ad
aiutarci ‒
disse Sapphire.
‒ Bene, la cosa migliore è
rimanere
uniti, ora. Purtroppo però sarà abbastanza complicato mettere i bastoni
tra le
ruote a Zero ‒
mormorò quello.
‒ Che cosa abbiamo su di
lui,
sappiamo dove trovarlo, quali sono i suoi punti deboli, qualcos’altro?
‒ Veramente poco, ma
possiamo dirvi
tutto ciò che sappiamo ‒
rispose Tiana.
Un’ora
dopo,
nel laboratorio di Borgo Foglianova, sei Dexholder e due Superquattro
sfuggiti alla morte più di una volta sedevano attorno ad una bibita
fresca. Il
Professor Elm era stato felice di rivedere i suoi ragazzi, affezionarsi
a uno
di quei bastardi, per una persona qualsiasi, significava ansia e paura
di non
rivederli più dopo l’ultima volta che si sono chiusi la porta di casa
alle
spalle.
‒ Zero ha un talento
naturale,
bisogna riconoscerlo. Lui è incredibilmente potente, chi non lo ha mai
visto combattere
non può saperlo ‒
puntualizzò
Tiana. ‒ Fatto sta che la sua
principale “arma” è
la sua instabilità
mentale. Non solo lo rende imprevedibile, ma anche incontrollabile e
privo di
giudizio. Le persone che lui reputa meritino la morte difficilmente si
salvano,
anche perché ricorre a qualsiasi metodo, Pokémon o no, per farle fuori.
Il
rassicurante
discorso della Superquattro aveva congelato il sangue a tutti.
‒ In poche parole siamo
fottuti? ‒ domandò Blue.
‒ No, ricordiamoci sempre
che Zero è
forte, ma anche solo ‒
aggiunse quella.
‒ Sì, dillo alle guardie
che per
poco non ci ammazzavano tutti… ‒
commentò Silver.
‒ Abbiamo per caso visto
Zero, con
loro? ‒ domandò Axel, sottile. ‒ Zero agisce da solo,
quando delega
altri al suo posto, non si immischia mai, ma quando entra in gioco in
prima
persona, lo fa in solitaria ‒
precisò il Superquattro.
‒ Ci state dicendo che la
cosa
migliore da fare sarebbe che noi attaccassimo Zero quando lui scenderà
in
campo? ‒ domandò Gold.
‒ Vi stiamo dando delle
direttive,
voi potete farne ciò che volete.
‒ Non so, attaccare
direttamente
Zero mi sembra stupido, posso dirlo? ‒
fece quello. ‒
Anche se gli farebbero bene due calci in culo.
‒ Io ho bisogno di pensare…
‒ Sapphire scattò in piedi.
‒ Vengo con te ‒ la seguì Blue.
Le
due
ragazze lasciarono il laboratorio strisciando fuori dalla porta. Nessuno
cercò di fermarle, non si fronteggia mai una donna esasperata. Crystal,
la
quale era rimasta zitta tutto il tempo, come ormai era consuetudine, si
alzò e
decise di relegarsi in una delle camere. Rimasero solo Gold, Green e
Silver
insieme ai due Superquattro di Holon, la temperatura era scesa di
qualche grado
e l’entusiasmo generale si era corroso.
‒ Che cosa è successo al
vostro
amico Red? ‒
chiese Axel, come se dovesse sembrare amichevole per approcciare.
‒ Non lo sappiamo ‒ fu la quasi indignata
risposta di
Green.
Notando
lo
stupore suo e di Tiana, Silver decise di precisare: ‒ Lui e la sua ragazza sono
scomparsi una mattina, così,
senza dire nulla. Quello stesso giorno, Red ha organizzato una
conferenza
stampa in cui ha dato le proprie dimissioni facendo una forte allusione
alle
ultime vicende avvenute.
‒ E voi come intendete
reagire? ‒ domandò Tiana con fare materno.
‒ Credo di parlare per
tutta la mia
squadra quando dico che ora come ora non abbiamo la testa per questa
faccenda.
Si vedrà, ma per adesso dobbiamo risolvere un’altra situazione
ingarbugliata ‒ tagliò corto Silver.
L’imbarazzo
in
cui cadde la situazione placò ogni rumore. Si udiva solo il suono che
emetteva Gold masticando il collo della sua maglietta.
‒
Voi conoscevate Zero personalmente? ‒ domandò Green ai due Superquattro,
come
per educazione.
‒
Sì ‒ annuì Tiana, che sembrava la più provata dei due. ‒ all’apparenza
sembra
un ragazzo normale, a tratti simpatico. Ma non permette a nessuno di
leggere
nella sua testa o di avvicinarsi troppo a lui. Credo abbia subito dei
forti
traumi, o altro, sarebbe l’unica spiegazione per la sua doppia personalità.
‒ Voi
non
avete mai fatto niente per fermarlo? ‒ domandò Silver. ‒ Da quanto tempo
Zero occupa il ruolo di Campione? Un anno? Possibile che non abbiate
avuto
voglia di opporvi a lui, magari denunciandolo o qualcosa del genere?
‒
Era la cosa più sicura ‒ rispose prontamente Axel.
I
tre Dexholder non capirono.
‒
Poco tempo dopo la sua salita al potere, Zero conobbe un ragazzo. Si
chiamava
Kalut ‒ cominciò Tiana.
Il
sentir
pronunciare quel nome, riaccese una lampadina nei loro cervelli.
‒
Sembrava, in un certo senso, essere riuscito a placare la follia e sete
di
distruzione di Zero. Non so in che circostanze i due si fossero
conosciuti, ma
Kalut era costantemente in compagnia del Campione. Sembravano molto
legati.
Durante la permanenza di Kalut alla Lega, Zero sembrava aver abbandonato
i
piani per Vivalet ‒ spiegò Axel.
Ciò
che
era stato raccontato loro era vero, allora: c’era un’unica persona
capace
di fermare la follia di Zero.
‒
Kalut quindi viveva alla Lega? ‒ domandò Green.
‒
Sì, Zero gli aveva concesso uno degli appartamenti.
‒
E poi che cos’è successo?
‒
Hanno litigato ‒ proferì Tiana. ‒ abbiamo assistito ad una delle più
violente
liti mai viste. Zero sputava fuoco, era il suo lato peggiore, quello che
stava
mostrando. Persino Kalut aveva perso la pazienza e lui aveva una
personalità
molto più tranquilla di quella di Zero.
‒
Quindi Zero se n’è andato?
‒
Non l’abbiamo mai più visto ‒ rispose Axel.
‒
Sapete per che cosa litigassero? ‒ indagò Green.
‒
No.
La
risposta
lo lasciò lievemente spiazzato.
‒
Non avete sentito niente? Nemmeno un’ombra di discussione?
‒
Oh, no. Hai frainteso. Loro non si urlarono contro ‒ precisò Axel. ‒
Lottarono
con i loro Pokémon, e finiti quelli si presero a botte ‒ spiegò, come se
fosse
la cosa più normale al mondo.
All’esterno,
Blue
e Sapphire camminavano lungo la riva del mare che bagnava le coste di
Johto da un lato e quelle di Kanto dall’altro.
‒ Che cosa ne pensi, Blue?
‒ domandò la Dexholder di Hoenn
senza
scollare gli occhi dall’orizzonte.
‒ A proposito di?
‒ Tutto questo, in
generale.
‒ Io… ‒
Blue temporeggiò.
‒ Ti prego, possiamo
parlare di
altro?
Sapphire
comprese
la situazione della sua amica e le venne incontro. ‒ Come… come va con Green?
Blue
fece
la faccia di chi si vede passare dalla padella alla brace.
‒
Sinceramente non lo so, lui è più complicato di una femmina. Lo sai
com’è,
Green…
Sapphire
annuì
debolmente.
‒
Fa il duro, ma non vuole davvero trattarti male e... non riesco a capire
che
cosa voglia davvero, possibile che dopo tutti questi anni non abbia
ancora
deciso cosa fare della sua vita?
‒
Tu che cosa vorresti? ‒ le chiese Sapphire.
‒
Non lo so, all’inizio era bello: avere qualcuno con cui sfogarsi senza
per
forza doversi impegnare. Anche i nostri fidanzamenti
settimanali, alla fine, erano delle sciocchezze, era tutto un
gioco. Poi
arriva il momento in cui inizi a pensare che in tutta una vita tu sei
riuscita
a divertirti qua e là, ma non hai portato a termine nulla…
‒
E ti senti uno schifo ‒ proseguì Sapphire.
‒
E ti senti uno schifo ‒ confermò Blue.
“Stanotte
ho
scopato con Ruby” avrebbe voluto dire Sapphire, che sentiva il bisogno
di
parlarne con qualcuno. Ma non lo fece, era certa che l’avrebbe presa
male.
Quindi entrambe lasciarono scorrere il silenzio di transizione tra una
conversazione e un’altra.
‒
Che cosa pensi sia accaduto a Hoenn? ‒ domandò allora Blue.
‒
In che senso?
‒
Nel senso… cosa pensi ci sia dietro a tutto quello schifo? La Faces,
Ruby,
Lino…
‒
Non so, non so cosa pensare. Io… ‒ Sapphire sapeva che aprirsi in quel
modo
l’avrebbe costretta a subire una lunga e pesante ramanzina. ‒ Io non
riesco a
pensare che Ruby abbia voluto fare tutto questo.
‒
Sei ancora così legata a lui?
‒
Sarò sempre così legata a lui.
‒
Non so, secondo me non… dovresti. Non è la cosa… giusta.
In
maniera
completamente inaspettata, Blue scoppiò a piangere. Sapphire assistette
ad una scena rara come quella senza sapere minimamente come reagire. Si
era
sentita così parecchie volte, negli ultimi tempi, impotente di fronte al
mondo
che si sgretolava davanti a lei. E Blue che lacrimava copiosamente,
cercando di
soffocare ogni gemito e coprendosi il volto con la mano, la faceva
sentire
ancora inutile, impotente, debole.
‒
Blue, che succede? ‒ chiese con un pallido filo di voce.
Forse
era
lo stress accumulato, forse le forti emozioni degli ultimi giorni, forse
qualcosa che Sapphire aveva detto senza preoccuparsi delle conseguenze.
‒
È tutto ok, davvero… ‒ provò a rispondere quella.
C’era
una
sorta di regola nel mondo che obbligava le persone affrante e distrutte
a
rispondere ciò a chiunque fosse interessato a loro.
‒
Blue, ti prego ‒ la supplicò per una risposta.
Gli
occhioni
celesti di quella, per quanto gonfi e umidi, le sorrisero. Amaramente,
ma le sorrisero. Allora Sapphire comprese. Blue non aveva mai avuto
fiducia
nelle persone, le poche volte che aveva deciso di affidarsi ai suoi
amici, il
mondo le era sempre caduto addosso. Silver era l’essere umano che lei
sentiva
più vicino, ma il suo affetto la distruggeva, riportandole alla mente
tutti i
momenti più brutti della sua vita. Sapphire, al contrario, aveva provato
un
sentimento troppo grande perché Blue potesse solo immaginarlo. E così,
il
vederli insieme rendeva Blue felice, generando un piccolo, empatico
calore
dentro di lei. Ma vedere il loro legame spezzato uccideva ogni sua
speranza.
Blue invidiava Sapphire, in un certo senso. Ma odiava ancor di più
vederla sola
e triste. Lei odiava quel mondo grigio che si era costruita attorno
negli anni,
quel mondo in cui non esistevano più i buoni, quel mondo in cui lei era
costretta a vivere.
‒
Non fa niente, mi deve pure tornare il ciclo, scusami… ‒ banalizzò
tutto.
‒
Vogliamo rientrare?
‒
Aspetta, aspetta un momento ‒ temporeggiò, asciugandosi le lacrime.
Quando
le
due ragazze rientrarono, Crystal era uscita dalla sua stanza e Silver
aveva
iniziato a preparare il thè. Nessuno aveva trovato una soluzione a
niente.
Tutto era ancora fermo in un limbo di angoscia e debolezza. La stessa
impotenza
che tutti loro avevano provato di fronte a Rayquaza, al corpo morto di
Emerald,
al ritiro di Red, alla morte di quei poveracci a Olivinopoli. Axel era
in piedi
e osservava le miriadi di cianfrusaglie che il laboratorio conteneva,
come
ognuno fa quando si sente a disagio in casa altrui, facendo finta di
osservare
attentamente l’angolino delle scope o il lettore DVD rotto.
Poi
qualcosa
ruppe quel silenzio tombale che si era creato nella stanza: la
suoneria del cellulare di Axel. Il trillo fu udito da tutti. Il
Superquattro
estrasse il telefonino dalla tasca e lesse. Tiana lo vide perdere colore
e
cominciare a respirare a fatica in un istante. Il ragazzo sembrava aver
appena
visto la foto del suo bambino di cui non sapeva nulla.
‒
Statemi tutti a sentire ‒ disse, con voce insicura. Attirò l’attenzione
di
quelle sei anime maledette che si trovavano lì con lui.
‒
Che succede? ‒ domandò Green, attento.
‒
Zero intende attaccare l’Altopiano
Blu ‒ lesse
a voce alta. ‒ È il numero di Kalut.
Fu
faticoso
metabolizzare il tutto.
‒
Tutto qui? ‒ domandò Green.
Puntuale
come
la morte, un secondo messaggio arrivò al cellulare di Axel.
‒
Tra venti minuti.
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