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herr - Cards - 3 - The Grasshopper Shall Be a Burden

herr
 

 
Chapter III
The Grasshopper Shall Be a Burden

(ricordati del tuo creatore)
quando si avrà paura delle alture
e degli spauracchi della strada;
quando fiorirà il mandorlo
e la locusta si trascinerà a stento
e il cappero non avrà più effetto,
poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna
e i piagnoni si aggirano per la strada”
                                                                          Qoelet 12:5
 

 
9:03 AM
N
Ho cercato la parola “vuoto” sul vocabolario.
xx
Baci.
Baci.
Fottuti baci.
Un sorriso isterico balenò sul volto della giovane, come scorreva lungo lo schermo del suo cellulare. Per quanto le suonasse paradossale, l’unica persona con la quale non avrebbe mai più voluto parlare era anche l’unica che le correva dietro. Al solo pensiero le veniva il mal di testa.
Ma la faccenda non era di così facile risoluzione.
Le idee di Natalie erano in qualche modo riuscite a fare breccia dentro la testa di Francis, con la conseguenza che ora era stata richiesta di scrivere un nuovo articolo con i medesimi tempi dell’articolo precedente. Una follia, a detta di Hilda, ma apparentemente qualcuno l’aveva presa meglio di quanto lei pensasse. Spaccata sull’accettare le avance di N o, diversamente, dimettersi dal giornale, aveva preso appuntamento la mattina del giorno successivo, sperando di trovare una soluzione che non facesse a a pugni con la sua dignità.
Scelta sciocca.
Più il tempo scorreva, cadenzato dal ritmico oscillare di un pendolo a parete, più i pensieri nella mente della giornalista si facevano confusi, andavano cozzando gli uni contro gli altri e ciò a cui riusciva a pensare si riduceva ad una folta chioma verde. E purtroppo, la risposta a questa sua condizione pareva lontana dall’essere scoperta.
Passò altro tempo, che parve un’eternità ad Hilda, seduta in attesa che il suo capo la chiamasse dentro, dopodiché fu finalmente ricevuta. Il viso di una donna di mezza età baluginò dalla porta, lanciando occhiate furtive attorno. Dopo che ebbe visto la giovane le fece segno di entrare con la mano, per poi uscire a sua volta.
« Buongiorno, Hilda » esordì l’uomo, la cui attenzione era rubata da un libro che reggeva in mano, “La cavalletta non si alzerà”,  « accomodati pure, ho quasi finito »
« Buongiorno » riuscì a dire lei, fra l’imbarazzo ed il nervoso « volevo solo chieder—»
« Accomodati, ho detto »
Abbassò il libro, ingaggiando un contatto visivo con la giovane. Il suo sguardo freddo e autorevole la convinse a seguire gli ordini.
« Sono a conoscenza del motivo dell’incontro »
« Ah, sì? » l’aveva colta di sorpresa. Era palese che avesse capito riguardasse l’articolo, ma qualcosa in Hilda rallentava questi meccanismi così semplici e scontati « come fai a saperlo? »
« Mi prendi per il culo, Hilda? »
« Non lo farei mai, no, no » come una stanza messa a soqquadro, la sua mente era incapace di ragionare « no, no, non era quest—»
« Hilda, calma »
Fece un cenno con il capo. « Sì, sì, starò calma »
« Bene »
Fece un giro di trecentosessanta gradi sulla sua sedia, dopodiché estrasse una copia di giornale da un cassetto. Era il Castle del giorno prima, e sul fronte recava a caratteri cubitali l’intestazione del suo pezzo sul Team Plasma. Avrebbe dovuto sentirsi orgogliosa, ma per qualche motivo l’unica emozione che poteva provare era un profondo disagio.
« Hai ricevuto il mio messaggio? »
Esitò. Raccolse le idee, si ricordò del messaggio telefonico, ed asserì col capo.
« Ottimo, allora saprai già cosa devi fare »
« Sì, ecco, era a questo—»
« Saprai già cosa devi fare » ripeté, fissandola intensamente negli occhi « sì, o no »
« Sì, ma—»
« Sì, o no »
Hilda lo fissò a sua volta. Non era decisa a dargliela vinta, non aveva intenzione di vedersi calpestata ancora una volta, no. Questa volta sarebbe andata diversamente, questa volta gliel’avrebbe fatta vedere cosa poteva la grande Hilda Baskerville. Lo riconosceva, grande era magari un termine esagerato, ma rendeva bene l’idea.
Fece un profondo respiro, mettendo in ordine i pensieri accumulati nella sua mente.
« Sì »
Le labbra dell’uomo s’incresparono. « Allora non abbiamo più nulla da dirci »
 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
Un silenzio tombale regnava nella stanza. Il buio ricopriva le pareti, abbracciando nella sua morsa ogni cosa che non incontrasse il beneficio della luce, una sottile lama sferzante il vetro attraverso delle fitte veneziane. Ciò di cui era composto l’ufficio non era poi così di nota da meritare la luce e la vista delle persona; la mobilia infatti si riduceva ad una scrivania ed una poltrona a braccioli, occupata da un uomo.
L’assenza di rumore fu interrotta dal sordo eco delle nocche battenti sul legno. « Signor Zinzolin, signore, è permesso entrare? »
Una voce dall’altra parte della porta rispose affermativamente.
« Signor Zinzolin, signore, è appena arrivata una chiamata »
Zinzolin si levò il copricapo, appoggiandolo alla scrivania, ed eseguì una rotazione di centottagradi sulla sedia. Ora dava la schiena al sottoposto.
« Parla »
La voce dell’uomo era roca e grave, un insignificante e misero tono di voce che, nel buio più pesto, senza trovare un riscontro visivo si fermava al mero udito. Era la vista del saggio che incuteva timore, ragionò il sottoposto, la presenza massiccia ed altera di una figura così disprezzante e disgustosa che la sola prossimità era motivo di disagio in lui.
« Il signor Grimsley la vuole contattare »
L’anziano grugnì. « È ancora presto »
« Lo richiamo, signore? »
« No » sussurrò « di’ che verrò »
« Ai suoi ordini »

 
♦︎ ♦︎ ♦︎

Hilda sbatté la porta dietro di sé e si gettò sul piano cottura.
Aprì un’anta, rivelando una scorta decennale di bustine da the, dalla quale prese un classico Earl Grey. Non appena recuperato anche il bollitore, mise l’acqua a scaldare e preparò sul tavolino dei biscotti.
« Posso entrare? »
A quelle parole seguì un sonoro battito di nocche sul legno. Strano ordine di azioni, pensò fra sé e sé.
« Fino a prova contraria la cucina è accessibile a tutti »
La figura di Natalie spuntò fuori dalla porta. « Pensavo gradissi della privacy »
« Se avessi voluto della privacy sarei tornata a casa »
« Tecnicamente è ancora orario di lavoro » scherzò lei gentilmente, ed abbozzò un caldo sorriso « volevo solo dirti—»
« Non mi interessa cosa volevi solo dirmi. Dillo e basta, o lasciami in pace »
Afferrò una sedia e la trascinò di fronte e lei. Si sedette.
« Penso che siamo partite col piede sbagliato »
« Io no » tagliò corto Hilda « altro? »
« Sono seria, Hilda »
« Anche io »
Lo sguardo di Natalie vagò in alto, mentre la sua mente cercava di elaborare un modo miglior per cominciare la frase.
« Potremmo uscire »
« Ottima idea, ti precedo »
La giovane si alzò, dirigendosi verso la porta, ma il braccio dell’altra fu più celere a fermarla.  Hilda arretrò, rivolgendole lo sguardo: poteva leggerlo nei suoi occhi, non era il miglior momento per intraprendere un discorso di quel tipo.
Mostrò uno sguardo interrogativo, che la castana recepì.
« Francis mi ha chiesto un altro articolo, devi essere soddisfatta ora »
« Io—»
« Non sprecarti » ringhiò, strappando il suo braccio dalla morsa che la costringeva « ho di meglio da fare »
Allo stesso modo in cui era entrata, sbatté la porta in uscita.
Il bollitore fischiò.
Uscita in anticipo da lavoro, tutto ciò a cui riusciva a pensare era l’articolo. Lo spettro di esso infestava la sua mente, manifestandosi all’interno di ogni pensiero lei facesse e costringendola a non distogliere mai l’attenzione dall’obbiettivo. Una sensazione di rabbia la pervadeva, una rabbia che cresceva nelle sue vene e pulsava in testa, rimbombando con la voce di N nei suoi pensieri.
N, l’uomo dei misteri, l’unica persona in grado di risolvere i suoi problemi.
Frugò nella sua tasca alla ricerca del telefono, digitò il suo numero e presse il simbolo della chiamata.
« Pronto? »
« Pronto, EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, sono Stefania, come posso aiutarla? »
Cosa.
Cosa.
Sgranò gli occhi: la situazione aveva dell’assurdo.
« Stavo cercando un certo N »
« Emma? »
« No, N, è un ragazzo dai capelli verdi, alto, parla come un minorato mentale, questo è il suo numero »
« Mi dispiace signora, ma questa è EKI, la vostra luce—
« nel buio dell’incertezza » la interruppe lei « la so la solfa, mi sa dire come mai chiamando il suo numero risponde ‘sta EKI? »
« Mi dispiace signora, non penso di poterla aiutare »
« Grazie comunque, arrivederci »
Riattaccò.
Non volendo arrendersi, decise di fare un ultimo tentativo.
11:57 AM
client — N
Incontriamoci

Stette a fissare lo schermo del telefono per qualche minuto, e finalmente il fatidico squillo risuonò nell’aria.
12:01 AM
N
Dove sono finite le buone maniere?

Stronzo.
12:01 AM
client — N
Alla EKI

Questa volta fu più veloce.
Dlin dlin.
12:02 AM
N
Touché.

Stronzo.
12:02 AM
N
Sarò contento di vederti al punto di ristoro dei Liberty Garden, questo pomeriggio. Se gradisci, possiamo pranzare assieme.

 
Nonostante fosse riluttante, avrebbe anche cenato con il diavolo in persona pur di tenere il suo lavoro. Ma, ragionò, sarebbe stato decisamente più gradevole.
Impiegò poco tempo a raggiungere il molo ove attraccava la navetta, e solo mezz’ora dopo era già arrivata all’Isola Vittoria. Un cielo terso da ogni nube si estendeva sopra di lei, illuminato da un pallido sole autunnale. Il vento soffiava forte, spazzando la terra ed increspando il mare, tanto che dovette chiudersi da capo a piedi per resistervi. Folate improvvise gonfiavano la bandiere e lanciavano in aria i rifiuti lasciati a terra.
Preso come punto di riferimento il faro, che maestoso troneggiava al centro del fazzoletto di terra, si diresse ai giardini nella speranza di identificare nella folla la verde chioma del ragazzo, ma con sua grande sorpresa non la vide. Si sentì delusa, un sentimento che non avrebbe mai pensato di provare per lui: era questo l’effetto che aveva su di lei? Sinceramente non le interessava, finché tenesse fede ai propri patti.
Si accomodò su un tavolino e prese il telefono alla mano, notando un messaggio nuovo. Il rumore del vento doveva averlo coperto, pensò.
12:42 AM
N
Mi dispiace, ma non sono riuscito a venire

Ancor prima che potesse rispondere, l’apparecchio sobbalzò fra le sue mani.
12:44 AM
N
È dispiaciuta?

 
Che la risposta fosse sì o che la risposta fosse no non le interessava. Non aveva intenzione di dargliela vinta, qualsiasi fosse il costo. Mentire ad N le dava un senso di appagamento, mentre mentire a se stessa le era indifferente. 
12:44 AM
client — N
Affatto, sono sollevata

 
Un sorriso illuminò il suo viso.
Dlin dlin.
Cosa voleva ancora?
12:44 AM
N
A vedere la sua faccia non sembra.

Non era possibile, non lo accettava. Ritenne inutile controllare dell’effettiva presenza del ragazzo attorno a lei, perché da come si era presentato avrebbe ritenuto credibile che potesse scendere dal cielo a bordo di un elicottero, ma ciò non cambiava i suoi sentimenti nei confronti del ragazzo. Una fuoco le ribolliva dentro, il fuoco della rabbia; rabbia di esser presa continuamente in giro da un individuo che non riteneva nemmeno degno di rivolgerle la parola.
« Buongiorno, Hilda »
Hilda si lasciò scappare una risata isterica.
« Ti diverte tutto ciò, vero? »
N abbozzò un sorriso come prendeva posto di fronte a lei. « Sono contento che lei abbia accettato il mio invito »
« Ti ho appena fatto una domanda » ringhiò « ti ho appena fatto una fottutissima domanda, ed esigo una risposta, santo dio! »
« La sorprenderebbe sapere quali siano i miei passatempi » ammiccò lui.
« Immagino » ribatté aspra, alzandosi dalla sedia « ma ora, scusami, ma ho di meglio da fare che stare a prendermi in giro da un come te »
« Aspetta Hilda, non ti interessa neanche cosa ho da dirti? »
Hilda non si girò, ma continuò a camminare. « Non se queste sono le condizioni »
Non vi fu altro da dire.
Il ragazzo non la rincorse, e se da un lato ciò la sollevava questo la rendeva anche un po’ dispiaciuta, in fondo al suo cuore sperava di significar di più ad N. Consapevole di quanto fosse sbagliato il pensiero, scacciò l’idea dalla mente, e continuò a camminare imperterrita controvento.
Dlin dlin.
12:51 AM
N
Scusa.

La sua ultima preoccupazione era quella di leggere cosa avesse ricevuto, ma in qualche modo decise di aprire il contenuto del messaggio. Ciò che lesse, inaspettatamente, la fermò dal suo andare. Era in verità una parola molto comune, che perdeva anche parte del suo significato tanto veniva usata, ma in essa scorse qualcosa di diverso rispetto alle altre. N, o in qualunque altro modo quell’individuo si fosse chiamato, non si sarebbe mai scusato, su questo poteva giurarci, e allora perché fare ciò? Bugia? C’erano buone possibilità, constatò, ma non ci volle credere. Sperare che quel freddo essere avesse un cuore era rassicurante.
Si voltò, e trovò il ragazzo nel medesimo punto di prima, gli occhi persi nel vuoto, ma egli non ricambiò lo sguardo. Le diede l’impressione di sapere di esser osservato, e probabilmente era così, ma lo divertiva, ne era certa.
« Accetto » esordì, richiamandolo all’attenzione. Si sedette ed accavallò le gambe. « Ma ad una condizione »
N asserì.
« Basta coi giochetti »
Si aspettava di ricevere una richiesta del tipo. Fece un sorriso beffardo com’era suo solito. « Promesso »
Hilda sorrise. « Molto bene allora, cos’hai per me? »
Estrasse un plico di fogli con immagini dell’Elite Four a coprire ogni spazio. Non riuscì a leggerne il contenuto, ma ipotizzò che fosse importante.
« L’Elite Four ha intenzione di eleggere un nuovo Campione » cominciò, passandole i fogli.
« Non è possibile, non possono farlo! »
« Non potrebbero, non in condizioni normali »
La giovane non era molta convinta, ma continuò a leggere le informazioni che aveva davanti.
« E su chi ricadrà la scelta? »
« Iris »
« È sicuro? »
Un sorriso beffardo illuminò il viso di N. « Dopo che l’avrai scritto tu, sì »

Il ritorno dall’isola fu più breve di quanto avrebbe immaginato. Non capì il perché, ma pensò che ciò fosse dovuto all’entrata di N nella sua vita; tutto pareva rallentare, ora che era riuscita finalmente a prendere in mano gli eventi, a controllarli, a smettere di fluttuare. Riscopriva lati di sé che non ricordava esistessero, sepolti dal tempo e dalla grigia monotonia della città.
Come era intenta ad aprire la porta di casa, una limousine nera si accostò alla strada. Non la vide in realtà, a richiamare la sua attenzione fu lo squillare di un telefono, anche se a ben guardare nessuno si trovava prossimo alla ragazza in un raggio di dieci metri, così il suo sguardo scese sulla strada, individuando nella fonte del rumore un telefono pubblico.
Non sapeva neanche potessero esser chiamati.
Approcciò la cabina, aperta, ed afferrò la cornetta.
« Buongiorno, signorina Hilda » gracchiò una voce.
« Buongiorno, Servizio Clienti della EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, come posso aiutarla? »
Udì una risata graffiata provenire dall’apparecchio.
« Signore, mi sente? » continuò Hilda, presumendo di esser stata contattata da un altro amico di N « signore, ho paura di dover attaccare, in caso di mancata risposta vada a farsi fottere »
Un sorriso a trentadue denti illuminò il suo volto, ma come buttò giù l’apparecchio, esso riprese a suonare.
« Buongiorno, Servizio Client—»
« Salga in macchina »
I suoi occhi scivolarono lungo il marciapiede e vide la scintillante limousine accostata sul ciglio della strada. Nulla di peggiore, pensò. Se N o chi per lui pensava che sarebbe stato così facile attrarla nella tana del lupo, si sbagliavano.
Fece per rientrare nell’edificio, ma il telefono continuava a suonare. Sarebbe rimasto sino a che lei non si fosse decisa ad entrare. Fantastico, continuò a pensare. Si avviò alla vettura, cercando all’interno del finestrino un contatto visivo ma era impossibile guardarvi dentro. I vetri erano oscurati, e quando aprì la porta vide degli interni nero pece e udì una sinfonia ronzare dalle casse poste all’altezza delle sue caviglie.
Dall’altra parte del sedile, in quella che sembrava pelle animale, un uomo anziano. Il suo viso era scavato e la carnagione diafana, coperto da una barba sulla punta del mento. Gli occhi freddi ed affaticati la fissavano, senza un particolare barlume di espressione che trasparisse dai caratteri del volto. Non puzzava, ma ugualmente una sensazione di disgusto s’insinuò nella giovane, correndo sulla sua pelle e rallentandone i movimenti.
Era titubante ad entrare nella tana del lupo, nonostante questa fosse più lussuosa di quanto avrebbe immaginato. D’oro o di piombo, rimaneva tale.
« Buongiorno, Hilda »
Una voce fredda e roca rimbombò nelle orecchie della castana. Cercò di collegare la voce ad un’immagine, ma tutto ciò che vide fu un vecchio in tenuta da pesca. Una caduta di stile rispetto ad N.
« Se lo ritiene tale »
Vedendola impacciata, la invitò a sedersi assieme a lui con un secco gesto della mano. Dopo che ebbe chiuso la portiera, la limousine partì, aumentando velocità su Mode Street.
« Sono molto contento che tu abbia accettato il patto, Hilda »
Hilda sorrise. « Non è reciproca la cosa »
« Lieto che non ti manchi l’ironia, ma ti prego di metterla da parte per un momento e di ascoltarmi » continuò, il viso non sembrava aver assunto inflessioni di alcun tipo, « è una questione molto delicata »
Si limitò ad asserire con il capo.
«  Vedi, quando mi è giunta voce della notizia, sono rimasto sorpreso. N non è mai stato, per così dire, un eccellente affarista »
Zinzolin accennò ad una pausa, ma ben presto vide nessuna parola nascere sulle labbra di Hilda, il cui sguardo era perso negli edifici di Castelia. La vettura svoltò a destra, ed individuò una strada laterale cui unico sbocco era Mode Street: non si stavano veramente muovendo, si limitavano a girare attorno al palazzo, constatò.
Riprese a parlare.
« Ecco, il motivo del nostro incontro è proprio questo »
Quale motivo?, pensò. Non si erano già detti tutto lei ed N? Cos’è che aveva mancato di dirle? Mostrò una faccia sorpresa, con l’intenzione di comunicare al suo interlocutore questa lacuna.
« Mi scuso in precedenza, ma forse i termini dell’accordo non sono stati esplicitati come dovuto.
« Per poter assicurare la tua completa fedeltà alla causa, ho paura che le parole non basteranno »
La sorpresa mutò celermente in un’espressione di indignazione. Prima che Zinzolin poté continuare, si mise di fronte al suo viso per palesare il disappunto.
« Non so cosa tu ti aspetti da me, ma non muoverò uno spillo »
« Sono al corrente che la tua amica Bianca Walters è a Castelia per questioni lavorative » continuò, eludendo l’intervento della giornalista « come sono al corrente che vi siete già incontrate. Tutto ciò che ti chiedo è impossibilitarle di recarsi all’incontro per l’ottenimento dei fondi per la ricerca del laboratorio »
Arrivata alla conclusione del discorso, ci mise un po’ ad elaborare nella sua mente il significato di quelle parole. La completa calma con la quale parlava dava una patina onirica alla situazione, facendo risultare una proiezione della mente di Hilda più che un evento reale. Scosse la testa, incontrando lo sguardo freddo e distante dell’uomo: era tutto vero.
« Mi sta chiedendo di farla licenziare »
« Questo lo dici tu, Hilda »
« Questo è quello che mi stai chiedendo di fare »
Zinzolin rise. Un riso freddo e distante, incapace di trasmettere alcuna sensazione positiva.
« Speravo capissi, Hilda »
« Non c’è un cazzo da capire » sbottò « non so con quale razza di coraggio tu mi stia chiedendo di—»
Alzò la mano, agitandola di fronte allo specchietto retrovisore. « Deduco che il nostro incontro finisca qui. Timothy, accosta la macchina e fai scendere la signorina »
« Capisco che la situazione sia, come dire, spinosa, ma è una questione molto importante per me. Se hai bisogno di schiarire la mente, guarda la UBC questa sera, sarà illuminante »
La macchina si fermò senza preavviso, e senza ulteriori giri di parole Zinzolin fece scendere Hilda. Come voltò le spalle alla vettura, essa scomparve dietro una via minore nel dedalo di strade che si sviluppava lungo la Mode Street. Possibilmente, era ancor più confusa di quanto fosse prima, ma, se poteva considerarlo un sollievo, gli estremi del patto si erano chiariti. Ad un prezzo che mai avrebbe accettato, concluse rincasando.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎

Era giunto prima del previsto, concluse Grimsley, trovatosi ad aspettare l’arrivo dell’interlocutore fissando l’orologio. Scoccò le quattro, esattamente un quarto d’ora dalla sua venuta. Fu arduo per lui scendere in piazza e passare inosservato, ma con un buon camuffamento riuscì ad eludere anche i più attenti osservatori e raggiungere il luogo dell’incontro senza problemi. Il problema, ragionò, era il ritardo dell’altro.
Passò altro tempo, dopodiché ad arrivare fu Zinzolin, avvolto in un lungo trench da pesca slabbrato e ricucito più volte, il quale prese posto di fronte all’Elite, impaziente di aprir bocca.
« Ho i due dalla nostra parte, e raggiunta la maggioranza sarà un gioco da ragazzi procedere »
Un sorriso illuminò il volto del vecchio, che si complimentò con sé stesso per come gli eventi si erano svolti.
« Molto bene… la ragazza saprà esserci molto utile di questo passo »
« Sì, sì » mormorò « ma come facciamo ad essere sicuri che lei non ci tradirà? »
Le labbra del vecchio si dispiegarono in un’espressione di cupa soddisfazione. Spiegò il suo piano a Grimsley, che rimase sorpreso di come fosse riuscito a tessere una trama così elaborata. Restò decisamente colpito, si ripeté il saggio in testa.
« Ci sarebbe un ultimo problema di cui dovremmo parlare, Zinzolin »
Agitò l’indice destro di fronte al ragazzo, segno di disappunto. « Niente nomi avevamo detto, non qui almeno »
« Posso sapere che terrai fede al tuo patto? »
Il saggio si limitò a sorridere, salutando l’altro.



As you know, Bobgot nothing to say.

herr

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