Sole Nascente
Era mattina presto quando Astolfo si alzò dal letto. Il Sole ancora doveva sorgere e tutta la città era immersa nel silenzio più totale.
Decise di farsi una doccia calda, per sciogliere i muscoli e prepararli alla routine giornaliera. A breve avrebbe saputo l’esito del test per poter diventare il direttore del manicomio di Amarantopoli, la sola idea era sufficiente a privarlo del sonno e renderlo irrequieto per tutta la durata della giornata.
Camminò il più silenziosamente possibile per tutta la lunghezza del corridoio, passando davanti la camera dei suoi genitori, che erano già usciti di casa come ogni mattina, e la camera di Zeno, il suo fratello gemello con cui condivideva ben poco. Erano stati praticamente identici da bambini, ma col passare del tempo e con il nascere di interessi diversi, i due si erano distinti non solo a livello fisico, anche a livello caratteriale : Zeno era impulsivo, violento, rozzo, primitivo, disordinato e sbadato.
Lui invece non era così, era nettamente diverso; sempre in giacca e cravatta, serio e determinato, sempre organizzato e con un piano per tutto, sempre più pronto a qualsiasi cosa. Insomma, lui era Astolfo, il figlio che aveva studiato, lui era riuscito a portare a termine gli studi di psicologia e stava prendendo una laurea in giurisprudenza, ed il suo lavoro avrebbe aiutato a rendere le spese di famiglia molto più leggere. Spese in cui era incluso Zeno, dato che non aveva un lavoro stabile e passava la maggior parte del suo tempo a vagabondare nei boschi che circondavano Memoride.
Passò oltre, lasciandosi tutto dietro le spalle non appena entrò in bagno, portando solo Eevee con sé.
La prima goccia che colpì il suo corpo fu come un martello che colpisce un incudine. Sentì vibrare tutto il mondo, goccia dopo goccia, mentre il suo fisico recuperava vitalità e vigore, traendo le energie dal calore sprigionato dal getto sempre più forte che colpiva tutto il suo corpo.
Goccia dopo goccia, il pensiero di suo fratello visto come una sanguisuga si allontanò, ritirandosi in un angolo buio ed isolato del suo cervello, facendo spazio al manicomio, e al ruolo che avrebbe voluto investire in quel progetto. L’idea di essere a capo di un apparato simile lo esaltava e non poco, non sapeva bene il perché ma sentiva di essere tagliato per quel ruolo. Lui DOVEVA vincere il concorso, ne andava della sua sanità mentale. Ne era sicuro, o sarebbe entrato in quel manicomio da leader, o ci sarebbe entrato da paziente, perché sarebbe impazzito dopo un rifiuto.
Chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Nella sua mente stava urlando, sfogava le sue ansie e le sue paure.
Decise che era arrivato il momento di vedere la posta, non riusciva più a resistere. Uscì dalla doccia, si asciugò e mise in ordine i capelli, infine indossò un paio di boxer e si avviò in camera sua.
Prese il completo migliore che aveva, comprato apposta per l’inaugurazione del manicomio. Lo indossò e si specchiò, vantandosi dell’immagine riflessa sul grande specchio in camera sua, subito accanto all’armadio. Il suo ego crebbe a dismisura in quei pochi attimi nei quali sorrise a lui stesso.
Eevee attirò la sua attenzione, mosse in circolo tre volte la zampa destra, era il segnale che lui stesso gli aveva insegnato per chiedere del cibo.
Modestamente è il mio Pokémon, è logico che sia così intelligente.
Sorrise mentre accarezzava il suo Eevee, era l’unico che era in grado di dargli soddisfazioni.
“Adesso andiamo giù, tranquillo. Festeggeremo con uova e pancetta, ti va Eevee?”.
Il Pokémon rispose scodinzolando e con tre colpetti della zampa sinistra sul pavimento; era un “sì”.
Scesero in cucina ed iniziarono a preparare la colazione. Eevee gli passava il necessario, dalle pentole alle uova, evitando di farle rompere.
Mentre Astolfo spostava le omelette dalle padelle ai piatti Eevee uscì fuori casa, in giardino, passando dal piccolo foro nella porta creato apposta per lui. L’aria era fredda e secca, la nebbia del mattino escludeva dalla vista del piccolo Pokémon il resto del centro abitato, dove si erano diretti i genitori del suo allenatore come ogni mattina.
E lui, come ogni mattina, adempiva ai piccoli compiti che gli erano stati attribuiti, portandoli a termine nell’ordine che gli era stato insegnato. Ora era il turno del giornale, che era poggiato sul prato, nel suo involucro di plastica impermeabile. Eevee lo raccolse esercitando la minima pressione possibile con i denti, per evitare di sgualcirlo, e si avviò verso la porta. Spinse il giornale all’interno della casa con la punta del naso, per poi entrare a sua volta.
Astolfo vide Eevee avvicinarsi con il giornale, scodinzolando come sempre. Si chinò verso il suo amico, porgendo la mano. Eevee poggiò il giornale al centro del suo palmo, per poi sedersi ed aspettare la sua ricompensa.
“Tieni Eevee, questo è per te, ben fatto” disse Astolfo, porgendogli un pezzo di salsiccia.
Ed ora è arrivato il momento di scoprire la verità, l’annuncio sarà in prima pagina, non mi resta che leggere il mio nome.
Tolse il giornale dalla busta, spostando l’elastico che lo teneva arrotolato ed iniziò a leggere.
“Dopo le diverse fasi che hanno ristretto sempre di più il grande numero di candidati per la carica di direttore del nuovo manicomio di Amarantopoli, oggi si è finalmente venuti a conoscenza del nome del vincitore del concorso. Proveniente da Memoride, Sinnoh, Astolfo Rebuchet è stato nominato direttore del manicomio. L’apertura si terrà fra due settimane circa…” l’articolo continuava per due pagine intere, ma ormai non gli interessava più.
Astolfo aveva vinto, era riuscito nel suo intendo, ed ora stava crogiolando nella sensazione di onnipotenza e superiorità che nutriva verso gli altri. Era riuscito ad ottenere uno dei posti più prestigiosi di tutta Johto, ed aveva finito il test nei primi venti minuti dall’inizio del conto alla rovescia, quando il tempo limite era di due ore. Non si era sbalordito, era sempre stato intelligente ed intuitivo, quella carica se l’era meritata, con la lode.
Era felice, molto felice, come mai prima di quel momento. Si sentiva appagato e soddisfatto; continuò a fissare il giornale mentre rideva.
Rideva come un forsennato, il suo tono di voce era talmente alto che avrebbe potuto svegliare tutto il vicinato.
Rise così tanto che la mascella gli doleva e la milza chiedeva pietà.
Contegno, datti una calmata.
Tornò serio, riprendendo a fissare il giornale. Eevee lo guardava preoccupato, ma cambiò idea non appena gli venne offerto un altro boccone di salsiccia arrostita.
Astolfo sentì dei rumori provenire dal piano di sotto, probabilmente era suo fratello.
“Era ora, finalmente quell’idiota si è svegliato, ha dormito tutto il giorno. Come sempre senza fare nulla, voglio vedere ora che me ne andrò, lui come farà a vivere senza qualcuno che pensi a lui”.
Improvvisamente realizzò che doveva andarsene, doveva lasciarsi tutto alle spalle. La sua città natale, i suoi amici, i suoi colleghi, i suoi genitori che per lui erano le due persone più importanti, lo avevano messo al mondo e gli avevano donato tutto ciò che gli era stato possibile, rinunciando a molte cose pur di fargli seguire i suoi studi.
E io ricambierò, ora sarò io a prendermi cura di voi, vi invierò tutti i soldi necessari, mese dopo mese. Vi voglio bene.
Pensò che quelle erano le parole perfette da dire ai suoi genitori al momento della partenza, ovviamente rese meglio come solo lui sapeva fare.
C’era un problema, però, Zeno. Con lui non sapeva come comportarsi. Certo gli voleva bene, era il suo gemello, e con lui ne aveva passate di avventure e di certo non lo odiava, anche se a volte si dimostrava il contrario. Non sapeva cosa fare però, il fratello era cambiato molto negli ultimi tempi: tendeva ad isolarsi, a comportarsi in modo strano, parlava sempre più tempo con Magby e aveva perso ogni amico con cui aveva legato. In poche parole non era più lui ed Astolfo lo aveva capito, doveva assolutamente parlarci.
Quello non era il momento però.
Quello era il momento della sua vittoria e nulla lo potrebbe rovinare.
Quello era il momento della nuova vita e degli infiniti successi che si sarebbero conseguiti uno all’altro.
Quello era lui, seduto al tavolo della cucina con il giornale fra le mani e il suo Eevee accanto, che si godeva attimo per attimo il suo trionfo. E la sensazione era meravigliosa
Chiuse nuovamente gli occhi, appoggiò il giornale sul tavolo allineandolo perfettamente coi bordi, e si isolò dal mondo. Scomparve tutto, rimase solo lui, in un mondo creato apposta per la situazione dalla sua mente.
Attorno a lui si materializzò ciò che sarebbe stato il suo dominio.
Imponenti mura circondavano l’intero sito, con decine di torri di guardia e torrioni con fari e cecchini pronti a bloccare ogni possibile fuga.
Lui si trovava al centro dell’immenso giardino, con l’edificio centrale che sovrastava i secondari per altezza e imponenza. Già vedeva le facciate e le porte finemente ricamate, le finestre blindate e le postazioni di guardia. Vedeva il suo personale che si muoveva come tante piccole formiche all’interno degli edifici, badando ai pazienti che erano disposti nelle proprie celle, tutto perfettamente in ordine ed organizzato.
Fra lui e gli imponenti ingressi degli edifici si trovava la sua milizia privata: militari ed allenatori con i loro Arcanine, Mightyena, Luxray ed Houndoom, disposti in file, pronti ai suoi ordini. Quel gruppo era il suo staff d’élite, coloro che dovevano sorvegliare le azioni di tutti e mantenere l’ordine in quel manicomio. E lui comandava il tutto.
Qualcosa lo destò da quel magnifico sogno. C’era puzza di fumo, troppa per essere il camino, ed il calore stava diventando insopportabile.
Si alzò dal tavolo in cerca dell’origine di questo disturbo mattutino
“Eevee seguimi”.
Andò ad ispezionare il camino, che come immaginava era spento. Poi ricordò Zeno, che era nel seminterrato.
“No, non può essere lui, non voglio crederci”.
L’odore divenne più intenso e pungente in prossimità della porta del seminterrato.
Astolfo provò ad aprire la porta ma gemette di dolore quando appoggiò la mano sul pomello. L’intera porta sembrava andare a fuoco.
“Eevee svelto, usa Comete”.
Piccole stelle si materializzarono davanti la bocca di Eevee, per poi scontrarsi con la porta e distruggere il pomello.
“Ottimo lavoro”.
Astolfo si precipitò giù dalle scale e si ritrovò nell’inferno.
Le fiamme si sprigionavano dalla caldaia, andavano a lambire il soffitto, ingurgitando tutto ciò che era nel loro spazio d’azione.
Zeno era lì, davanti i comandi, con Magby al suo fianco. Rideva come un pazzo, infischiandosene di ciò che stava facendo.
“Zeno ma che diamine fai?! Smettila subito, stai distruggendo casa! Idiota che non sei altro fermati immediatamente!”.
Ma il fratello parve non sentire le parole di Astolfo. Continuava a ridere, mentre muoveva a caso le manopole della caldaia. Le fiamme divennero sempre più forti, arrivarono ai piedi di Astolfo. Ormai l’incendio era impossibile da fermare.
“Tu sei pazzo! Non ti rendi conto di ciò che stai facendo? Distruggerai la casa! Questo è ciò che vuoi? Sei un folle!”.
In mezzo a quel frastuono arrivò forte e chiaro il rumore della porta d’ingresso alle orecchie di Astolfo, erano i suoi genitori che erano rientrati.
“Mamma, papà scappate! Uscite fuori casa!” urlò lui.
Zeno si voltò verso di lui, come se non si fosse accorto di nulla. Astolfo incrociò i suoi occhi, vuoti e privi d’espressione, quando la caldaia emise un orrendo suono metallico che avrebbe perseguitato Astolfo per diversi incubi.
“Eevee non c’è più tempo, dobbiamo scappare!”.
Volse un ultimo sguardo al fratello, poi cercò una via di fuga. Le scale erano bloccate, la sua attenzione venne catturata da una piccola finestra sulla sua sinistra. Si lanciò verso di essa, raccogliendo Eevee e sperando che i suoi genitori abbiano sentito il suo avviso.
“Eevee usa Comete sulla finestra e poi protezione!”.
Un nuovo fascio di comete si sprigionò dal suo Pokémon, distruggendo la finestra.
Astolfo saltò su di un piccolo scaffale posto poco lontano dalla sua salvezza, per poi spiccare un balzo fuori dalle fondamenta della casa, mentre una bolla verde chiaro si materializzava attorno ai due.
Un attimo dopo vennero inglobati da una tremenda esplosione, accompagnata da vampe di fuoco che distrussero tutto ciò che si trovava in un raggio di cinquanta metri dalla sua casa.
Astolfo impiegò qualche minuto a riprendersi e ad alzarsi.
Nonostante le difese innalzate da Eevee, le sue orecchie fischiavano privandolo completamente dell’udito, gli occhi non riuscivano a mettere a fuoco nulla e le gambe non sostenevano il peso del suo corpo. Eevee era malconcio come lui, ma se l’era cavata.
Astolfo si guardò intorno, vedendo un’enorme voragine al posto della sua casa e l’intero vicinato distrutto. I danni erano stati considerevoli.
Qualcosa attirò la sua attenzione. Riconobbe la sagoma di Zeno, accompagnato da Magby, che fuggivano nei boschi.
Lo avrebbe di sicuro inseguito e pestato a morte, se non avesse visto l’auto dei suoi genitori. Non ne restava nulla, i vetri erano esplosi e le gomme si erano polverizzate, la carrozzeria ardeva mentre si univa al terreno. L’indomani sarebbe diventato impossibile rimuoverla.
Mamma, papà, dove siete?
Era questo il pensiero che tartassava Astolfo, trovare i suoi genitori.
Iniziò a scavare fra le macerie, dimostrando una forza di cui neanche lui ne era a conoscenza.
Eevee attirò la sua attenzione piangendo ed annusando un cumulo di macerie più a sinistra rispetto al suo allenatore.
Astolfo si avvicinò e spostò un blocco piuttosto ingombrante, i resti del controsoffitto della cucina. Da sotto affiorarono i resti di due corpi carbonizzati, i due erano abbracciati ed erano per metà fusi assieme.
“No, no, no, NO! Non può essere vero! NO!” urlò Astolfo con tutta la rabbia e furia che aveva in corpo.
“Non può essere, no! Mamma, papà! Maledetto Zeno! Mi senti, Fratello? Non importa quanto tempo ci vorrà, io ti troverò e ti ucciderò con le mie mani!”.
Le ultime parole diedero il via al pianto di Astolfo, che adesso era piegato verso i genitori, ancora incredulo di ciò che era successo.
Dolore e rabbia si fusero all’interno del suo cuore, creando una persona del tutto nuova. Non si importava più di nulla, il manicomio era passato in secondo piano, in quel momento il suo obbiettivo primario era di ritrovare il fratello, ed ucciderlo con le sue mani.
Si alzò, asciugandosi le lacrime con i resti della giacca. Accarezzò Eevee mentre i soccorsi si apprestavano ad arrivare.
Io giuro che ti troverò, dovessi passare la vita a cercarti, tu sarai mio. Stanne certo, Fratello, se non riuscissi a trovarti in vita, ti tormenterò da fantasma, ti rovinerò l’esistenza. Userò tutti i miei soldi e tutte le mie risorse per trovarti. Il mio primo atto da leader del manicomio sarà quello di dichiararti pazzo e pericoloso per la pubblica sicurezza. Schiererò tutte le mie truppe per scovarti. Arruolerò volontari in tutte le regioni, chiamerò all’appello chiunque voglia trovarti. Tu sarai mio, ti farò patire le pene dell’inferno. Io ti troverò, Fratello.
Vespus
Era mattina presto quando Astolfo si alzò dal letto. Il Sole ancora doveva sorgere e tutta la città era immersa nel silenzio più totale.
Decise di farsi una doccia calda, per sciogliere i muscoli e prepararli alla routine giornaliera. A breve avrebbe saputo l’esito del test per poter diventare il direttore del manicomio di Amarantopoli, la sola idea era sufficiente a privarlo del sonno e renderlo irrequieto per tutta la durata della giornata.
Camminò il più silenziosamente possibile per tutta la lunghezza del corridoio, passando davanti la camera dei suoi genitori, che erano già usciti di casa come ogni mattina, e la camera di Zeno, il suo fratello gemello con cui condivideva ben poco. Erano stati praticamente identici da bambini, ma col passare del tempo e con il nascere di interessi diversi, i due si erano distinti non solo a livello fisico, anche a livello caratteriale : Zeno era impulsivo, violento, rozzo, primitivo, disordinato e sbadato.
Lui invece non era così, era nettamente diverso; sempre in giacca e cravatta, serio e determinato, sempre organizzato e con un piano per tutto, sempre più pronto a qualsiasi cosa. Insomma, lui era Astolfo, il figlio che aveva studiato, lui era riuscito a portare a termine gli studi di psicologia e stava prendendo una laurea in giurisprudenza, ed il suo lavoro avrebbe aiutato a rendere le spese di famiglia molto più leggere. Spese in cui era incluso Zeno, dato che non aveva un lavoro stabile e passava la maggior parte del suo tempo a vagabondare nei boschi che circondavano Memoride.
Passò oltre, lasciandosi tutto dietro le spalle non appena entrò in bagno, portando solo Eevee con sé.
La prima goccia che colpì il suo corpo fu come un martello che colpisce un incudine. Sentì vibrare tutto il mondo, goccia dopo goccia, mentre il suo fisico recuperava vitalità e vigore, traendo le energie dal calore sprigionato dal getto sempre più forte che colpiva tutto il suo corpo.
Goccia dopo goccia, il pensiero di suo fratello visto come una sanguisuga si allontanò, ritirandosi in un angolo buio ed isolato del suo cervello, facendo spazio al manicomio, e al ruolo che avrebbe voluto investire in quel progetto. L’idea di essere a capo di un apparato simile lo esaltava e non poco, non sapeva bene il perché ma sentiva di essere tagliato per quel ruolo. Lui DOVEVA vincere il concorso, ne andava della sua sanità mentale. Ne era sicuro, o sarebbe entrato in quel manicomio da leader, o ci sarebbe entrato da paziente, perché sarebbe impazzito dopo un rifiuto.
Chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Nella sua mente stava urlando, sfogava le sue ansie e le sue paure.
Decise che era arrivato il momento di vedere la posta, non riusciva più a resistere. Uscì dalla doccia, si asciugò e mise in ordine i capelli, infine indossò un paio di boxer e si avviò in camera sua.
Prese il completo migliore che aveva, comprato apposta per l’inaugurazione del manicomio. Lo indossò e si specchiò, vantandosi dell’immagine riflessa sul grande specchio in camera sua, subito accanto all’armadio. Il suo ego crebbe a dismisura in quei pochi attimi nei quali sorrise a lui stesso.
Eevee attirò la sua attenzione, mosse in circolo tre volte la zampa destra, era il segnale che lui stesso gli aveva insegnato per chiedere del cibo.
Modestamente è il mio Pokémon, è logico che sia così intelligente.
Sorrise mentre accarezzava il suo Eevee, era l’unico che era in grado di dargli soddisfazioni.
“Adesso andiamo giù, tranquillo. Festeggeremo con uova e pancetta, ti va Eevee?”.
Il Pokémon rispose scodinzolando e con tre colpetti della zampa sinistra sul pavimento; era un “sì”.
Scesero in cucina ed iniziarono a preparare la colazione. Eevee gli passava il necessario, dalle pentole alle uova, evitando di farle rompere.
Mentre Astolfo spostava le omelette dalle padelle ai piatti Eevee uscì fuori casa, in giardino, passando dal piccolo foro nella porta creato apposta per lui. L’aria era fredda e secca, la nebbia del mattino escludeva dalla vista del piccolo Pokémon il resto del centro abitato, dove si erano diretti i genitori del suo allenatore come ogni mattina.
E lui, come ogni mattina, adempiva ai piccoli compiti che gli erano stati attribuiti, portandoli a termine nell’ordine che gli era stato insegnato. Ora era il turno del giornale, che era poggiato sul prato, nel suo involucro di plastica impermeabile. Eevee lo raccolse esercitando la minima pressione possibile con i denti, per evitare di sgualcirlo, e si avviò verso la porta. Spinse il giornale all’interno della casa con la punta del naso, per poi entrare a sua volta.
Astolfo vide Eevee avvicinarsi con il giornale, scodinzolando come sempre. Si chinò verso il suo amico, porgendo la mano. Eevee poggiò il giornale al centro del suo palmo, per poi sedersi ed aspettare la sua ricompensa.
“Tieni Eevee, questo è per te, ben fatto” disse Astolfo, porgendogli un pezzo di salsiccia.
Ed ora è arrivato il momento di scoprire la verità, l’annuncio sarà in prima pagina, non mi resta che leggere il mio nome.
Tolse il giornale dalla busta, spostando l’elastico che lo teneva arrotolato ed iniziò a leggere.
“Dopo le diverse fasi che hanno ristretto sempre di più il grande numero di candidati per la carica di direttore del nuovo manicomio di Amarantopoli, oggi si è finalmente venuti a conoscenza del nome del vincitore del concorso. Proveniente da Memoride, Sinnoh, Astolfo Rebuchet è stato nominato direttore del manicomio. L’apertura si terrà fra due settimane circa…” l’articolo continuava per due pagine intere, ma ormai non gli interessava più.
Astolfo aveva vinto, era riuscito nel suo intendo, ed ora stava crogiolando nella sensazione di onnipotenza e superiorità che nutriva verso gli altri. Era riuscito ad ottenere uno dei posti più prestigiosi di tutta Johto, ed aveva finito il test nei primi venti minuti dall’inizio del conto alla rovescia, quando il tempo limite era di due ore. Non si era sbalordito, era sempre stato intelligente ed intuitivo, quella carica se l’era meritata, con la lode.
Era felice, molto felice, come mai prima di quel momento. Si sentiva appagato e soddisfatto; continuò a fissare il giornale mentre rideva.
Rideva come un forsennato, il suo tono di voce era talmente alto che avrebbe potuto svegliare tutto il vicinato.
Rise così tanto che la mascella gli doleva e la milza chiedeva pietà.
Contegno, datti una calmata.
Tornò serio, riprendendo a fissare il giornale. Eevee lo guardava preoccupato, ma cambiò idea non appena gli venne offerto un altro boccone di salsiccia arrostita.
Astolfo sentì dei rumori provenire dal piano di sotto, probabilmente era suo fratello.
“Era ora, finalmente quell’idiota si è svegliato, ha dormito tutto il giorno. Come sempre senza fare nulla, voglio vedere ora che me ne andrò, lui come farà a vivere senza qualcuno che pensi a lui”.
Improvvisamente realizzò che doveva andarsene, doveva lasciarsi tutto alle spalle. La sua città natale, i suoi amici, i suoi colleghi, i suoi genitori che per lui erano le due persone più importanti, lo avevano messo al mondo e gli avevano donato tutto ciò che gli era stato possibile, rinunciando a molte cose pur di fargli seguire i suoi studi.
E io ricambierò, ora sarò io a prendermi cura di voi, vi invierò tutti i soldi necessari, mese dopo mese. Vi voglio bene.
Pensò che quelle erano le parole perfette da dire ai suoi genitori al momento della partenza, ovviamente rese meglio come solo lui sapeva fare.
C’era un problema, però, Zeno. Con lui non sapeva come comportarsi. Certo gli voleva bene, era il suo gemello, e con lui ne aveva passate di avventure e di certo non lo odiava, anche se a volte si dimostrava il contrario. Non sapeva cosa fare però, il fratello era cambiato molto negli ultimi tempi: tendeva ad isolarsi, a comportarsi in modo strano, parlava sempre più tempo con Magby e aveva perso ogni amico con cui aveva legato. In poche parole non era più lui ed Astolfo lo aveva capito, doveva assolutamente parlarci.
Quello non era il momento però.
Quello era il momento della sua vittoria e nulla lo potrebbe rovinare.
Quello era il momento della nuova vita e degli infiniti successi che si sarebbero conseguiti uno all’altro.
Quello era lui, seduto al tavolo della cucina con il giornale fra le mani e il suo Eevee accanto, che si godeva attimo per attimo il suo trionfo. E la sensazione era meravigliosa
Chiuse nuovamente gli occhi, appoggiò il giornale sul tavolo allineandolo perfettamente coi bordi, e si isolò dal mondo. Scomparve tutto, rimase solo lui, in un mondo creato apposta per la situazione dalla sua mente.
Attorno a lui si materializzò ciò che sarebbe stato il suo dominio.
Imponenti mura circondavano l’intero sito, con decine di torri di guardia e torrioni con fari e cecchini pronti a bloccare ogni possibile fuga.
Lui si trovava al centro dell’immenso giardino, con l’edificio centrale che sovrastava i secondari per altezza e imponenza. Già vedeva le facciate e le porte finemente ricamate, le finestre blindate e le postazioni di guardia. Vedeva il suo personale che si muoveva come tante piccole formiche all’interno degli edifici, badando ai pazienti che erano disposti nelle proprie celle, tutto perfettamente in ordine ed organizzato.
Fra lui e gli imponenti ingressi degli edifici si trovava la sua milizia privata: militari ed allenatori con i loro Arcanine, Mightyena, Luxray ed Houndoom, disposti in file, pronti ai suoi ordini. Quel gruppo era il suo staff d’élite, coloro che dovevano sorvegliare le azioni di tutti e mantenere l’ordine in quel manicomio. E lui comandava il tutto.
Qualcosa lo destò da quel magnifico sogno. C’era puzza di fumo, troppa per essere il camino, ed il calore stava diventando insopportabile.
Si alzò dal tavolo in cerca dell’origine di questo disturbo mattutino
“Eevee seguimi”.
Andò ad ispezionare il camino, che come immaginava era spento. Poi ricordò Zeno, che era nel seminterrato.
“No, non può essere lui, non voglio crederci”.
L’odore divenne più intenso e pungente in prossimità della porta del seminterrato.
Astolfo provò ad aprire la porta ma gemette di dolore quando appoggiò la mano sul pomello. L’intera porta sembrava andare a fuoco.
“Eevee svelto, usa Comete”.
Piccole stelle si materializzarono davanti la bocca di Eevee, per poi scontrarsi con la porta e distruggere il pomello.
“Ottimo lavoro”.
Astolfo si precipitò giù dalle scale e si ritrovò nell’inferno.
Le fiamme si sprigionavano dalla caldaia, andavano a lambire il soffitto, ingurgitando tutto ciò che era nel loro spazio d’azione.
Zeno era lì, davanti i comandi, con Magby al suo fianco. Rideva come un pazzo, infischiandosene di ciò che stava facendo.
“Zeno ma che diamine fai?! Smettila subito, stai distruggendo casa! Idiota che non sei altro fermati immediatamente!”.
Ma il fratello parve non sentire le parole di Astolfo. Continuava a ridere, mentre muoveva a caso le manopole della caldaia. Le fiamme divennero sempre più forti, arrivarono ai piedi di Astolfo. Ormai l’incendio era impossibile da fermare.
“Tu sei pazzo! Non ti rendi conto di ciò che stai facendo? Distruggerai la casa! Questo è ciò che vuoi? Sei un folle!”.
In mezzo a quel frastuono arrivò forte e chiaro il rumore della porta d’ingresso alle orecchie di Astolfo, erano i suoi genitori che erano rientrati.
“Mamma, papà scappate! Uscite fuori casa!” urlò lui.
Zeno si voltò verso di lui, come se non si fosse accorto di nulla. Astolfo incrociò i suoi occhi, vuoti e privi d’espressione, quando la caldaia emise un orrendo suono metallico che avrebbe perseguitato Astolfo per diversi incubi.
“Eevee non c’è più tempo, dobbiamo scappare!”.
Volse un ultimo sguardo al fratello, poi cercò una via di fuga. Le scale erano bloccate, la sua attenzione venne catturata da una piccola finestra sulla sua sinistra. Si lanciò verso di essa, raccogliendo Eevee e sperando che i suoi genitori abbiano sentito il suo avviso.
“Eevee usa Comete sulla finestra e poi protezione!”.
Un nuovo fascio di comete si sprigionò dal suo Pokémon, distruggendo la finestra.
Astolfo saltò su di un piccolo scaffale posto poco lontano dalla sua salvezza, per poi spiccare un balzo fuori dalle fondamenta della casa, mentre una bolla verde chiaro si materializzava attorno ai due.
Un attimo dopo vennero inglobati da una tremenda esplosione, accompagnata da vampe di fuoco che distrussero tutto ciò che si trovava in un raggio di cinquanta metri dalla sua casa.
Astolfo impiegò qualche minuto a riprendersi e ad alzarsi.
Nonostante le difese innalzate da Eevee, le sue orecchie fischiavano privandolo completamente dell’udito, gli occhi non riuscivano a mettere a fuoco nulla e le gambe non sostenevano il peso del suo corpo. Eevee era malconcio come lui, ma se l’era cavata.
Astolfo si guardò intorno, vedendo un’enorme voragine al posto della sua casa e l’intero vicinato distrutto. I danni erano stati considerevoli.
Qualcosa attirò la sua attenzione. Riconobbe la sagoma di Zeno, accompagnato da Magby, che fuggivano nei boschi.
Lo avrebbe di sicuro inseguito e pestato a morte, se non avesse visto l’auto dei suoi genitori. Non ne restava nulla, i vetri erano esplosi e le gomme si erano polverizzate, la carrozzeria ardeva mentre si univa al terreno. L’indomani sarebbe diventato impossibile rimuoverla.
Mamma, papà, dove siete?
Era questo il pensiero che tartassava Astolfo, trovare i suoi genitori.
Iniziò a scavare fra le macerie, dimostrando una forza di cui neanche lui ne era a conoscenza.
Eevee attirò la sua attenzione piangendo ed annusando un cumulo di macerie più a sinistra rispetto al suo allenatore.
Astolfo si avvicinò e spostò un blocco piuttosto ingombrante, i resti del controsoffitto della cucina. Da sotto affiorarono i resti di due corpi carbonizzati, i due erano abbracciati ed erano per metà fusi assieme.
“No, no, no, NO! Non può essere vero! NO!” urlò Astolfo con tutta la rabbia e furia che aveva in corpo.
“Non può essere, no! Mamma, papà! Maledetto Zeno! Mi senti, Fratello? Non importa quanto tempo ci vorrà, io ti troverò e ti ucciderò con le mie mani!”.
Le ultime parole diedero il via al pianto di Astolfo, che adesso era piegato verso i genitori, ancora incredulo di ciò che era successo.
Dolore e rabbia si fusero all’interno del suo cuore, creando una persona del tutto nuova. Non si importava più di nulla, il manicomio era passato in secondo piano, in quel momento il suo obbiettivo primario era di ritrovare il fratello, ed ucciderlo con le sue mani.
Si alzò, asciugandosi le lacrime con i resti della giacca. Accarezzò Eevee mentre i soccorsi si apprestavano ad arrivare.
Io giuro che ti troverò, dovessi passare la vita a cercarti, tu sarai mio. Stanne certo, Fratello, se non riuscissi a trovarti in vita, ti tormenterò da fantasma, ti rovinerò l’esistenza. Userò tutti i miei soldi e tutte le mie risorse per trovarti. Il mio primo atto da leader del manicomio sarà quello di dichiararti pazzo e pericoloso per la pubblica sicurezza. Schiererò tutte le mie truppe per scovarti. Arruolerò volontari in tutte le regioni, chiamerò all’appello chiunque voglia trovarti. Tu sarai mio, ti farò patire le pene dell’inferno. Io ti troverò, Fratello.
Vespus
Commenti
Posta un commento